“Il presidente Trump ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dell’UNESCO”. La scelta, annunciata dalla vice portavoce della Casa Bianca, Anna Kelly, al New York Post, è stata motivata dalle “cause culturali e sociali woke e divisive” che l’agenzia delle Nazioni Unite sosterrebbe e che sono state definite come “totalmente in contrasto con le politiche di buon senso”. Washington uscirà ufficialmente dal 31 dicembre 2026.
Poi la conferma dal Dipartimento di Stato: “L’UNESCO si impegna a promuovere cause sociali e culturali divisive e mantiene un’attenzione sproporzionata sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, un’agenda globalista e ideologica per lo sviluppo internazionale in contrasto con la nostra politica estera America First. La decisione dell’UNESCO di ammettere lo Stato della Palestina come membro è altamente problematica, contraria alla politica statunitense e ha contribuito alla proliferazione della retorica antisraeliana all’interno dell’organizzazione”.
La decisione segue una revisione di 90 giorni cominciata lo scorso febbraio. L’obiettivo era verificare eventuali tendenze antisemite e anti-Israele all’interno dell’agenzia. Al ritiro consegue anche un “risparmio” economico significativo – l’altro impegno dell’Amministrazione Trump dal primo giorno di mandato – che include il pagamento dell’8% del bilancio regolare dell’UNESCO e degli arretrati accumulati.
La direttrice dell’UNESCO, Audrey Azoulay, ha dichiarato: Per quanto deplorevole possa essere, questo annuncio era previsto e l’UNESCO si stava preparando”.
Non è la prima volta che Trump sceglie di uscire dall’agenzia né è la prima agenzia umanitaria dalla quale si ritira. Nel 2017, durante il primo mandato, il presidente si ritirò per gli stessi motivi. Joe Biden, una volta alla Casa Bianca, decise di rientrare e pagare tutti gli arretrati accumulati. In questi sei mesi di presidenza, Trump ha smesso di finanziare l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi in Medio Oriente (UNRWA) edè uscito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU.