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Sulla Siria, l’ONU avverte: la transizione politica sta deragliando

Alla riunione del Consiglio di Sicurezza si discute di settarismo, raid israeliani e repressione a Sweida che rischiano di far esplodere l’intero equilibrio regionale

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

Una nuova ondata di violenza settaria nel sud della Siria e i bombardamenti israeliani su Damasco rischiano di mandare in frantumi ogni prospettiva di pace. È questo l’allarme lanciato giovedì al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite da Mohamed Khaled Khiari, Assistente del Segretario Generale per il Medio Oriente.

Secondo Khiari, la situazione nella provincia a maggioranza drusa di Sweida è precipitata dal 12 luglio, quando una serie di rapimenti reciproci tra tribù beduine e gruppi armati drusi è degenerata in scontri a fuoco. Il 14 luglio, le forze governative siriane sono intervenute per “ristabilire l’ordine”, ma sono state a loro volta coinvolte in combattimenti cruenti. Decine di agenti sarebbero stati uccisi o rapiti, mentre diverse violazioni contro i civili sarebbero state commesse durante l’operazione.

Il bilancio è gravissimo: centinaia di morti e feriti, anche tra donne, bambini e anziani, danni estesi alle infrastrutture, sfollamenti di massa e ospedali “al limite della capacità operativa”, aggravati da tagli alla corrente elettrica e all’approvvigionamento idrico. “Ci sono state ulteriori segnalazioni allarmanti di esecuzioni extragiudiziali, umiliazioni pubbliche e trattamenti degradanti ai danni di civili, religiosi e detenuti”, ha riferito Khiari.

La tensione si è poi estesa alle alture del Golan, dove centinaia di drusi – da entrambi i lati della linea di cessate il fuoco – si sono radunati in segno di solidarietà con la comunità di Sweida, mentre le Forze di Difesa Israeliane (IDF) restavano in stato di allerta.

A wide view of the UN Security Council meeting on the situation in Syria. (UN Photo/Eskinder Debebe)

In questo contesto, ha denunciato Khiari, Israele ha lanciato tra il 12 e il 16 luglio “attacchi aerei” contro obiettivi siriani, colpendo forze governative, installazioni militari, edifici ufficiali e persino l’area intorno al Palazzo Presidenziale di Damasco. “Oltre a violare la sovranità siriana, queste azioni destabilizzano ulteriormente il paese e compromettono gli sforzi per costruire una nuova Siria in pace con sé stessa e con la regione”, ha dichiarato il funzionario ONU.

Anche sul piano umanitario la crisi si aggrava: secondo l’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), gli scontri e le chiusure stradali stanno ostacolando gravemente la distribuzione di aiuti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è riuscita a inviare forniture mediche d’emergenza a Daraa, ma Sweida rimane inaccessibile.

Khiari ha ribadito l’appello del Segretario Generale António Guterres affinché “tutti i siriani siano protetti senza distinzioni” e ha chiesto alle autorità di Damasco che le indagini sulle presunte violazioni siano “trasparenti e coerenti con gli standard internazionali”.

Infine, ha rilanciato la necessità di un processo politico inclusivo, di proprietà siriana, come previsto dalla risoluzione 2254 del Consiglio: “La sicurezza e la stabilità in Sweida – e in una Siria post-Assad – possono essere raggiunte solo attraverso una riconciliazione autentica e con la partecipazione di tutte le componenti della società siriana”.

L’ambasciatore siriano all’Onu Koussay Aldahhak (UN Photo- Loey Felipe)

Dura la reazione del rappresentante siriano alle Nazioni Unite, Koussay Aldahhak: “La Siria respinge categoricamente il pretesto usato da Israele per giustificare questi atti di aggressione”. Ha poi accusato Tel Aviv di voler trascinare il Paese in una nuova fase di destabilizzazione: “Questi attacchi, culminati il 16 luglio con bombardamenti nel cuore di Damasco durante l’ora di punta, non fanno che prolungare la politica di occupazione e mettere in pericolo la nostra sovranità”.

Anche l’ambasciatrice americana Dorothy Shea, intervenuta come rappresentante ad interim degli Stati Uniti, ha espresso “ferma condanna della violenza a Sweida” e ha lanciato un appello affinché “tutte le parti si ritirino e si impegnino in un dialogo significativo che porti a un cessate il fuoco duraturo”. Shea ha precisato che “gli Stati Uniti non hanno sostenuto i recenti attacchi israeliani”, ma ha aggiunto che Washington sta “dialogando diplomaticamente con Israele e Siria – ai massimi livelli – per affrontare la crisi attuale e raggiungere un accordo duraturo tra due Stati sovrani”.

Shea ha anche ribadito che “il governo siriano deve indagare su tutti gli abusi e punire i responsabili”, sottolineando l’impegno americano per “l’unità nazionale della Siria e una risoluzione pacifica e inclusiva con tutte le sue componenti minoritarie”.

Anche il gruppo A3+ (Sierra Leone, Algeria, Guyana e Somalia) ha condannato gli attacchi israeliani come “chiara violazione del diritto internazionale”, sottolineando che “entrambe le parti devono rispettare l’accordo del 1974 e osservare scrupolosamente il cessate il fuoco”. Hanno inoltre ribadito che “è responsabilità delle autorità transitorie siriane proteggere tutti i cittadini, inclusa la comunità drusa”.

Alla riunione, per la Grecia, ha parteciapto il ministro degli Esteri George Gerapetritis che ha denunciato “tutti gli attacchi contro civili e luoghi religiosi”, menzionando in particolare l’attentato alla Chiesa greco-cattolica di Mar Michael e l’attacco precedente contro la chiesa ortodossa di Mar Elias. “La protezione delle minoranze religiose è fondamentale per un futuro siriano unito e sicuro”, ha detto, chiedendo “un’inchiesta rapida e conforme agli standard internazionali”.

Il conflitto siriano – ormai entrato nel quattordicesimo anno – mostra ancora una volta quanto fragile sia il cammino verso una pace duratura. E quanto ogni nuova crisi rischi di compromettere quel poco che resta del processo di transizione politica.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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