“Non esiste più un vocabolario per descrivere ciò che sta accadendo a Gaza”. Così Tom Fletcher, Coordinatore umanitario d’emergenza dell’ONU, ha aperto il suo intervento davanti al Consiglio di Sicurezza, mercoledì pomeriggio, dipingendo un quadro apocalittico della situazione nella Striscia. Bombe, fame, ospedali distrutti, bambini che muoiono a decine ogni giorno: le Nazioni Unite denunciano una crisi umanitaria senza precedenti e una catastrofe morale per la comunità internazionale.
“Il cibo sta finendo. Chi lo cerca rischia di essere colpito. La gente muore cercando di sfamare le proprie famiglie”, ha detto Fletcher, riferendo che nel solo mese di giugno oltre 5.800 bambini sono stati diagnosticati come gravemente malnutriti. E ha aggiunto: “La scorsa settimana, in mezzo alla crisi della fame, donne e bambini sono stati uccisi mentre aspettavano gli integratori alimentari per restare in vita”.
A fare eco al suo grido d’allarme è stata Catherine Russell, Direttrice esecutiva dell’UNICEF: “In media, a Gaza muoiono 28 bambini al giorno. È come se una classe scolastica intera venisse cancellata ogni giorno”. Dall’inizio del conflitto, secondo le stime, più di 17.000 bambini sono stati uccisi, oltre 33.000 feriti.
Russell ha puntato il dito sulla totale assenza di luoghi sicuri: “Molti di questi bambini sono stati colpiti mentre erano in fila per ricevere aiuti umanitari. È la prova che nessun posto è sicuro per i civili a Gaza. I bambini non iniziano le guerre e non possono fermarle, ma le subiscono. E noi, collettivamente, li stiamo abbandonando”.
Fletcher ha dettagliato il crollo sistemico dei servizi essenziali: solo 17 ospedali su 36 sono parzialmente operativi, e 70% dei farmaci essenziali è esaurito. In alcune strutture, cinque neonati condividono una singola incubatrice. La produzione di acqua potabile è quasi azzerata: il 95% della popolazione vive in insicurezza idrica e molti bambini bevono acqua contaminata.
La distribuzione degli aiuti è ostacolata da un sistema che Fletcher ha definito “assurdo e frammentato”: approvazioni multiple da parte israeliana, scansioni, ricaricamenti, strade danneggiate e, soprattutto, civili affamati che assaltano i convogli. Anche il carburante, vitale per ambulanze e generatori, arriva col contagocce: due camion al giorno, solo cinque giorni a settimana.
Molti interventi, tra cui quello del rappresentante dell’Unione Europea Stavros Lambrinidis, hanno segnalato “lievi miglioramenti” grazie a un nuovo accordo con Israele, ma la situazione resta disperata. “Serve molto di più, e subito,” ha ammonito Lambrinidis, chiedendo pieno rispetto dei principi umanitari e il ripristino della pipeline guidata dall’ONU.
Il rappresentante della Palestina ha denunciato con parole durissime la situazione: “A Gaza, tutte le strade portano alla morte. Israele vuole che i palestinesi se ne vadano, questa era la strategia fin dall’inizio. È una pulizia etnica mascherata da soluzione umanitaria”.
Dall’altra parte, Israele ha ribadito il diritto a difendersi da Hamas, ma il suo intervento è stato offuscato da critiche crescenti anche da parte di alleati storici. La rappresentante della Danimarca ha condannato l’uccisione di civili affamati come “inaccettabile”, mentre la Grecia ha chiesto con urgenza l’apertura di nuovi valichi per l’ingresso degli aiuti.
La Cina, con parole dure, ha denunciato la “militarizzazione” della distribuzione umanitaria da parte di Israele e Stati Uniti, definendo il meccanismo attuale “contrario ai principi umanitari” e causa diretta di “numerose vittime civili”. Da Seul, la Corea del Sud ha chiesto accesso per la stampa internazionale: “Abbiamo bisogno di giornalisti sul campo per raccontare la verità. Le testimonianze di civili, operatori umanitari e persino soldati israeliani parlano di atrocità”.
Oltre a Gaza, la riunione del Consiglio ha incluso un segmento a porte chiuse sul drammatico deteriorarsi della situazione in Siria, in particolare nella città di Sweida, dove scontri settari hanno causato oltre 200 morti in pochi giorni. Secondo notizie confermate, Israele ha colpito obiettivi a Damasco e nel sud del paese, ufficialmente per proteggere la comunità drusa.
Il Segretario Generale António Guterres ha espresso “grave preoccupazione” per l’escalation siriana e ha condannato tutte le violenze contro i civili, inclusi i raid israeliani. Il portavoce Stéphane Dujarric ha sottolineato che l’accesso umanitario a Sweida è quasi impossibile a causa dell’insicurezza e delle strade bloccate, mentre gli ospedali sono al collasso.
Infine, a margine della giornata, è stata annunciata ufficialmente la nuova data per la Conferenza ONU sulla Palestina, inizialmente prevista per giugno ma rinviata a causa della guerra tra Israele e Iran. La conferenza, co-presieduta da Francia e Arabia Saudita, si terrà il 28 e 29 luglio al Palazzo di Vetro. Tra gli obiettivi: rilanciare il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di quei Paesi che ancora non lo hanno fatto — tra cui proprio la Francia.
Ma mentre i diplomatici si preparano a nuove dichiarazioni e auspici, a Gaza ogni ora che passa si traduce in nuove vite spezzate. E il Consiglio di Sicurezza, ancora una volta, resta prigioniero delle sue divisioni.