Quattro giorni di maratona diplomatica, una cinquantina di capi di Stato e governo, 200 delegazioni, una piattaforma con 130 “azioni concrete” e – soprattutto – una grande assenza: gli Stati Uniti. Si è chiusa così, nell’aula plenaria dell’ex Expo ’92, la IV Conferenza ONU sul Finanziamento per lo Sviluppo (FfD4). “Serviva agire e da Siviglia abbiamo agito”, ha proclamato il premier spagnolo Pedro Sánchez, padrone di casa e regista di un accordo approvato per consenso – la Dichiarazione di Siviglia – che dovrebbe rimettere in carreggiata gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) travolti da guerre, pandemia e ondate di debito.
Tre i perni: “spinta massiccia” agli investimenti per colmare il buco da 4 miliardi di miliardi nei finanziamenti SDG; meccanismi più rapidi per ristrutturare debiti insostenibili; più voce ai Paesi in via di sviluppo nei consessi che contano, dal G20 al FMI. Nella pratica, un ventaglio di iniziative: hub globale per i debt-swap, “alleanza pausa-debito” per sospendere pagamenti durante le crisi, tassa di solidarietà su jet privati e voli “first” destinata al clima, e perfino l’idea – cara a Brasilia e Madrid – di un’imposta sui super-ricchi.
Sánchez, spalleggiato dal ministro dell’Economia Carlos Cuerpo, ha venduto Siviglia come “l’antidoto ai discorsi di odio e di scontro”. Gli fa eco la vice-segretaria generale dell’ONU Amina Mohammed, che ringrazia la Spagna per il nuovo Sevilla Forum on Debt e parla di “piattaforma di soluzioni che cambiano la vita”. La narrativa è chiara: multilateralismo ancora vivo, Europa mediterranea che colma il vuoto lasciato oltreoceano.
Già, gli Stati Uniti. Il Paese che fino al 2024 copriva il 42 per cento degli aiuti globali, con 63 miliardi di dollari, a Siviglia non c’era. Il taglio dell’83 per cento annunciato dal presidente Trump – certificato da uno studio Lancet che stima 14 milioni di morti evitabili entro il 2030 – è la nuvola grigia sopra la Giralda. “Speriamo sia un passo indietro temporaneo”, sospira Amina Mohammed. In privato, molti delegati ammettono che senza Washington le misure restano «benzina nel serbatoio, ma l’auto non ha ancora il motore”.
Pregi
Realismo sul debito: per la prima volta un summit ONU parla esplicitamente di “pausa automatica” e converte titoli in investimenti sociali, non solo climatici.
Innovazione fiscale: la tassa sui voli di lusso e l’imposta sui patrimoni ultra-alti spostano l’asse dal classico “aiuto pubblico” a nuove fonti globali.
Coinvolgimento del privato: il forum business ha presentato 10 miliardi di dollari in progetti a impatto, segno che la finanza sostenibile non è più nicchia.
Difetti
Mancanza di cifre vincolanti: la Dichiarazione è politicamente forte ma finanziariamente vaga; niente target obbligatori su ODA né calendarizzazione delle riforme FMI.
Accesso limitato della società civile: ONG come Oxfam parlano di risultati «decaffeinati» e criticano negoziati “a porte semichiuse”.
Dipendenza da promesse: molte iniziative (bond verdi, swap debito-natura) esistono già; il nodo resta la scalabilità, non l’annuncio.
Che peso può avere un vertice senza il maggior donatore storico? “Il mondo non si ferma”, ribatte Cuerpo. Vero, ma l’algebra internazionale è brutale: l’assenza USA lascia un buco da decine di miliardi che né UE né Cina sembrano intenzionate a coprire integralmente. E se Washington tornasse? Biden aveva rilanciato l’USAID; Trump l’ha smantellata di nuovo. Gli interlocutori temono la “politica dell’elastico”, difficile costruire architetture in cui un pilastro sparisce a ogni cambio di amministrazione.
Il premier spagnolo, celebrato dai media iberici come “nuovo mediatore del multilateralismo”, ha puntato su un’alleanza con America Latina e Africa per spingere fiscalità progressiva e riforma del sistema creditizio. Strategia ambiziosa: può fare dell’Europa meridionale un ponte, ma rischia di scontrarsi con i Paesi del Nord UE più attenti ai rating che ai levy globali.
Siviglia consegna all’ONU una cassetta degli attrezzi più ricca, ma senza la mano finanziaria di Washington il lavoro resta in salita. “Non un traguardo, un trampolino”, ha detto Mohammed. Il trampolino, però, deve reggere il peso di 17 SDG in ritardo cronico. Serviranno fondazioni più solide: impegni giuridici, risorse vere, e magari un rientro degli Stati Uniti. Altrimenti, la “Declaración de Sevilla” rischia di restare un bel manifesto sotto il sole andaluso.