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ONU80 e la riforma possibile: Guy Ryder in equilibrio tra ambizione, bilancio e Trump

Il presidente della task force sul riesame di quasi 4.000 mandati operativi: "Non si tratta di tagliare arbitrariamente, ma di rendere più razionale l'ONU"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

A ottant’anni dalla nascita delle Nazioni Unite, il Segretario Generale António Guterres ha lanciato l’iniziativa ONU80 come risposta all’impellente bisogno di adattare il sistema multilaterale alle nuove sfide globali. Una riforma ambiziosa che si muove su tre binari: revisione dei mandati, riallineamento strutturale e revisione del bilancio. Ma dietro l’apparente ordine metodico, si nasconde un’impresa titanica: fare ordine in decenni di decisioni, resistere ai tagli e, soprattutto, sopravvivere politicamente senza l’appoggio degli Stati Uniti.

Guy Ryder, Sottosegretario Generale per le Politiche e presidente della task force ONU80, ha delineato martedì, in un incontro con i media a New York, i contorni dell’iniziativa. Il fulcro, ha spiegato, è il riesame di quasi 4.000 mandati operativi: un corpus di risoluzioni che, nel tempo, ha generato ridondanze, appesantito il lavoro burocratico e disperso risorse. “Non si tratta di tagliare arbitrariamente, ma di rendere più razionale l’intera macchina operativa dell’ONU”, ha detto Ryder.

Parallelamente, il Segretario Generale Antonio Guterres presenterà a settembre una proposta di bilancio 2026 rivista, con tagli del 15-20% sia al budget che ai posti di lavoro coperti da fondi regolari. Ryder ha specificato che non sarà un taglio lineare: alcune attività saranno protette, altre subiranno interventi più decisi. Una razionalizzazione strategica che punta a migliorare l’efficienza, senza minare i valori fondanti dell’Organizzazione.

Tuttavia, il vero banco di prova politico per l’iniziativa è rappresentato dal comportamento della Casa Bianca. Con il bilancio federale 2026 che elimina del tutto il contributo alle missioni di pace e riduce i fondi core per l’ONU, la presidenza Trump ha di fatto dichiarato ostilità all’organismo multilaterale. Ryder, interpellato sul punto, ha mantenuto una posizione diplomatica ma ferma: “Tutti gli Stati membri hanno voce in capitolo sul bilancio, ma il sistema può e deve andare avanti anche in assenza di un pieno sostegno da parte di un singolo contributore”.

Guy Ryder durante la conferenza stampa al Palazzo di Vetro (UN Photo/Enskinder Debebe)

Il paradosso, ha sottolineato, è che mentre Washington si ritrae, altri Paesi — tra cui Cina e membri del Sud Globale — si mostrano pronti a investire, spingendo per una riforma più incisiva. Ciò sta lentamente cambiando l’equilibrio geopolitico interno all’ONU. La domanda implicita è se gli USA, nel rifiutare il multilateralismo, non stiano finendo col favorire la leadership altrui.

“Non c’è nessuno che trae beneficio da tagli ai fondi ONU”, ha affermato Ryder, rispondendo a una domanda sulla redistribuzione del potere dopo i tagli americani. Ha poi ricordato che 112 Paesi hanno pagato integralmente i propri contributi, consentendo all’ONU di operare all’83% della capacità prevista dal bilancio 2025. “Questo è il livello operativo attuale. Non ottimale, ma ancora funzionale”, ha chiarito.

In parallelo, Ryder ha evidenziato la volontà del Segretariato di esplorare nuove vie di efficienza, inclusa l’adozione dell’intelligenza artificiale. “Non siamo diversi da qualsiasi altro ambiente di lavoro. Se vogliamo fare di più con risorse limitate, l’AI sarà parte integrante della trasformazione”. Allo studio anche la rilocalizzazione di alcune funzioni amministrative in Paesi a basso costo, come il Kenya o l’Ungheria, pur mantenendo la sede centrale a New York.

Sul piano politico, il coinvolgimento degli Stati membri sarà decisivo. Ryder ha spiegato che, una volta presentato il rapporto sul riesame dei mandati a fine luglio, si aprirà la fase intergovernativa: “Nel 2005 un tentativo simile fallì per la mancanza di interesse politico e per l’incapacità di collegare mandati e risorse. Oggi abbiamo strumenti analitici più avanzati, ma soprattutto condizioni più urgenti”.

Con molta cautela, l’ONU80 sembra puntare a un obiettivo: uscire dal tunnel della crisi di legittimità, con una macchina più snella, mirata e soprattutto utile per i popoli. In assenza della spinta americana, sarà la pressione delle sfide globali — dai conflitti armati al cambiamento climatico — a dettare l’urgenza del cambiamento.

È probabile che molti Stati continueranno a dividersi tra chi chiede riforme radicali e chi teme di perdere influenza o risorse. Ma Ryder ha voluto chiarire: “Non stiamo lavorando in una stanza chiusa. Il processo è trasparente e condiviso. Gli Stati membri non devono accettare un piano preconfezionato, ma costruirlo insieme a noi”.

Alla fine, il successo dell’iniziativa ONU80 non si misurerà solo in efficienza amministrativa, ma nella capacità dell’ONU di tornare a essere uno strumento incisivo per la pace, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile. Anche senza Washington. Almeno per i prossimi tre anni.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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