Prima di partire per Siviglia per la conferenza sul Finanziamento allo Sviluppo, il Segretario Generale dell’ONU António Guterres ha tenuto un breve ma cruciale stakeout a New York. Il suo messaggio: non distogliere lo sguardo da Gaza. Mentre l’attenzione mediatica si concentra sul confronto tra Israele e Iran, la catastrofe umanitaria nella Striscia si aggrava ogni giorno.
Guterres ha ricordato di aver condannato senza ambiguità gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre, ma ha descritto le operazioni israeliane successive come l’origine di “una crisi umanitaria di proporzioni terrificanti — oggi più grave che mai”. I palestinesi sono stati sfollati ripetutamente, ora confinati in meno di un quinto del territorio. “E anche questi spazi in rapida riduzione sono sotto minaccia. Bombe cadono su tende, famiglie, persone che non hanno più alcun posto dove scappare. Cercare cibo non dovrebbe mai significare rischiare la vita.”
Poi l’affondo: “Israele, in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di legge di facilitare i soccorsi umanitari”. Invece, le operazioni sono strangolate: carburante e materiali bloccati, medici costretti a scelte impossibili, e perfino gli operatori umanitari allo stremo. “Questo non può diventare la nuova normalità.” Qualche giorno fa sono finalmente entrati alcuni aiuti medici — i primi da mesi. “Ma quella goccia sottolinea solo l’ampiezza del disastro. Il rivolo deve diventare un oceano”.
Durante il punto stampa, a Guterres è stata chiesta una reazione allo scoop pubblicato da Haaretz: secondo il quotidiano israeliano, alcuni reparti dell’esercito avrebbero ricevuto l’ordine di sparare contro civili palestinesi disarmati che si avvicinavano ai punti di distribuzione degli aiuti. I numeri sono drammatici: almeno 549 persone uccise e oltre 4.000 ferite dall’inizio della distribuzione, spesso a causa del fuoco israeliano. Il Segretario Generale ha risposto con fermezza: “Se confermato, questo non sarebbe solo una violazione operativa. Sarebbe un crimine di guerra. E rende ancora più urgente un cessate il fuoco, un accesso pieno agli aiuti e un’indagine indipendente. Non possiamo accettare che la fame diventi un motivo per morire”.

Guterres ha quindi ribadito le sue tre richieste centrali: un cessate il fuoco immediato, il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi, e un accesso umanitario pieno, sicuro e continuativo. Ha aggiunto che l’ONU ha già un piano operativo testato e funzionante, costruito su principi umanitari e sulla fiducia delle comunità. “Ha funzionato durante il precedente cessate il fuoco. Deve funzionare di nuovo”.
Nella stessa settimana in cui l’ONU ha celebrato gli 80 anni della sua Carta fondativa, con tutti gli Stati membri a riaffermare i valori dell’organizzazione, Guterres ha ricordato il divario tra parole e fatti: “Ora dimostrate di volerla davvero rispettare. Portiamo gli aiuti. Raggiungiamo le persone dove si trovano. E riconosciamo che la soluzione è politica: l’unica via sostenibile è tornare alla soluzione dei due Stati”.
Il suo appello si è concluso con un messaggio diretto e universale: “Devono prevalere la diplomazia e la dignità umana per tutti.”