La fragile tregua tra Iran e Israele mediata dagli Stati Uniti sembra reggere, ponendo un temporaneo freno all’escalation militare che ha infiammato il Medio Oriente nelle ultime due settimane. Sullo sfondo di raid aerei, attacchi missilistici e centinaia di vittime civili, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito per rilanciare gli sforzi diplomatici sul programma nucleare iraniano e salvare ciò che resta dell’accordo del 2015, il JCPOA.
Protagonista del dibattito è stata Rosemary DiCarlo, sottosegretaria generale agli affari politici, che ha definito il cessate il fuoco annunciato da Donald Trump “un’opportunità per evitare una catastrofica escalation e raggiungere una soluzione pacifica”. Ma il tempo stringe, ha avvertito: “La finestra per rilanciare la diplomazia si sta chiudendo”.
Il JCPOA – che offriva all’Iran un alleggerimento delle sanzioni in cambio di rigorose limitazioni sul suo programma nucleare – è in stallo dal ritiro unilaterale degli Stati Uniti nel 2018 proprio voluto da Trump.. La situazione è peggiorata con le recenti ostilità: l’attacco americano del 21 giugno contro siti nucleari iraniani, ha detto DiCarlo, “ha gravemente compromesso le prospettive di piena attuazione della risoluzione 2231”.
In questo contesto, DiCarlo ha espresso preoccupazione anche per il lancio di missili iraniani verso una base in Qatar, che ha ulteriormente destabilizzato la regione. Nonostante cinque round di negoziati indiretti tra Washington e Teheran facilitati dall’Oman, “non è emerso un percorso chiaro per il ripristino dell’accordo”, ha spiegato. Un sesto round è stato annullato con l’inizio delle ostilità.

Secondo i dati diffusi durante il briefing, almeno 606 persone sono morte in Iran dall’inizio degli scontri, e 28 in Israele. Mentre le tensioni rimangono alte, DiCarlo ha sottolineato che tutti i partecipanti del JCPOA – Cina, Francia, Germania, Iran, Russia e Regno Unito – hanno ribadito l’impegno per una soluzione diplomatica.
L’Unione Europea, attraverso l’ambasciatore Stavros Lambrinidis, ha confermato che “una soluzione duratura alla questione nucleare iraniana può arrivare solo attraverso un accordo negoziato, non con l’azione militare”. Ha inoltre espresso preoccupazione per l’accelerazione delle attività nucleari dell’Iran, la mancanza di supervisione da parte dell’AIEA e l’impatto delle sanzioni USA.
Più netta la posizione statunitense. L’ambasciatrice Dorothea Shea ha accusato Teheran di proseguire un programma nucleare “senza alcuna giustificazione civile credibile” e ha difeso i raid del 21 giugno come “operazioni chirurgiche” volte a degradare le capacità iraniane. Pur auspicando un ritorno ai colloqui, ha avvertito: “Gli Stati Uniti non chiuderanno gli occhi davanti alla minaccia regionale dell’Iran”.
Il Regno Unito, per voce dell’ambasciatrice Barbara Woodward, ha accolto con favore la tregua, definendola “un primo passo”, ma ha ammonito: “La situazione resta estremamente fragile.” Ha chiesto un ritorno immediato alla diplomazia e ribadito che l’Iran deve garantire che il proprio programma non porti alla costruzione di un’arma nucleare.
L’ambasciatore iraniano Amir Saeid Iravani ha respinto le accuse, affermando che Teheran “non ha iniziato questa guerra” e che ha risposto militarmente solo dopo essere stata attaccata. Ha riaffermato l’impegno del suo Paese per una soluzione diplomatica e ha chiesto al Consiglio di condannare gli attacchi americani e israeliani contro infrastrutture nucleari coperte dal mandato AIEA.
Infine, l’ambasciatore israeliano Danny Danon (che ha anche tenuto il consueto stake out con la stampa, video sopra) ha difeso le operazioni militari come “necessarie per neutralizzare una doppia minaccia esistenziale” da parte dell’Iran. Ha sostenuto che la diplomazia è fallita: “È stata data ogni possibilità, ogni canale, ogni scadenza. Ma Teheran non ha mai avuto intenzione di rispettare gli impegni”.
Nel suo intervento, DiCarlo ha ribadito con fermezza: “Diplomazia, dialogo e verifiche restano la via migliore per assicurare la natura pacifica del programma nucleare iraniano.” Resta da vedere se il fragile cessate il fuoco potrà creare lo spazio politico necessario per far rinascere un accordo ormai sull’orlo del collasso.