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All’Onu si discute l’attacco Usa all’Iran: “Rischio escalation e disastro nucleare”

Consiglio di Sicurezza in riunione d'emergenza dopo il bombardamento ordinato da Trump. Interventi di Guterres, Grossi e degli ambasciatori di Iran e Israele

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 6 mins read

Si è aperta domenica pomeriggio la riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, convocata a seguito dell’attacco ordinato dal presidente Donald Trump contro l’impianto nucleare iraniano di Fordo. A parlare per primo, con parole cariche di preoccupazione, è stato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres: “Il popolo della regione non può sopportare un altro ciclo di distruzione. Eppure ora rischiamo di precipitare in un vicolo cieco fatto di ritorsioni su ritorsioni. Per evitarlo, deve prevalere la diplomazia”.

Guterres, a soli due giorni da un suo precedente intervento al Consiglio sulla situazione in Medio Oriente, ha ribadito la necessità di proteggere i civili, garantire la sicurezza della navigazione marittima e, soprattutto, rilanciare un processo diplomatico credibile e sostenuto: “Serve una soluzione verificabile e credibile che ristabilisca la fiducia, inclusa la piena accessibilità degli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA)”.

A rafforzare il grido d’allarme, anche l’intervento di Miroslav Jenča, Assistente del Segretario Generale per l’Europa e l’Asia Centrale: “Il Medio Oriente non può permettersi un altro conflitto violento in cui siano i civili a pagare il prezzo delle scelte militari. Il mondo intero non sarà risparmiato dalle conseguenze di questo conflitto”. Jenča ha sottolineato che non esiste soluzione militare a questa crisi, e che l’unica strada è la de-escalation, la fiducia reciproca e la diplomazia.

Anche Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), ha espresso profonda preoccupazione. Ha confermato danni “gravi” all’impianto di arricchimento di Natanz, incluse strutture sotterranee contenenti materiali radioattivi. Altre installazioni colpite includerebbero Esfahan, Arak e persino la centrale operativa di Bushehr.

“Gli attacchi hanno causato un grave deterioramento delle condizioni di sicurezza nucleare,” ha detto Grossi, avvertendo che un eventuale colpo a Bushehr potrebbe provocare una fuga radioattiva di vasta portata. “Il rischio è reale,” ha insistito. “Ogni ulteriore escalation mette in pericolo vite umane e soffoca la diplomazia.”

Il capo dell’AIEA ha anche lanciato un monito sull’integrità dell’intero regime di non proliferazione: “Se la finestra per tornare al dialogo si chiude, le conseguenze potrebbero essere impensabili. Il sistema che conosciamo potrebbe crollare.”

.@rafaelmgrossi addressed @UN Security Council #UNSC on Iran’s situation after last night’s U.S. attacks, stressing window for diplomacy must not close or “destruction could reach unthinkable levels and the non-proliferation regime could crumble and fall”. https://t.co/DejUUne6o2 pic.twitter.com/TXEWOeoZP7

— IAEA – International Atomic Energy Agency ⚛️ (@iaeaorg) June 22, 2025

Grossi ha invitato tutte le parti alla massima moderazione e ha annunciato che l’Agenzia è pronta a inviare esperti per verificare i danni e garantire la sicurezza dei siti colpiti, “non appena le condizioni lo permetteranno”.

Nel dibattito il tono è stato chiaro: la comunità internazionale teme che l’attacco americano possa innescare un’escalation incontrollabile in Medio Oriente, compromettendo anni di sforzi per il contenimento del nucleare iraniano e rischiando un collasso del regime di non proliferazione. Il rischio immediato, ha avvertito Guterres, è di perdere non solo l’opportunità per la pace, ma l’intero sistema di sicurezza globale: “Non saremo più sicuri se ci saranno più armi nucleari e più Stati armati nel mondo”.

Durante la riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza, la Federazione Russa ha condannato “nei termini più decisi” le azioni di Washington, definite “irresponsabili, pericolose e provocatorie”. L’ambasciatore Vassily Nebenzia ha accusato gli Stati Uniti di usare la crisi per rafforzare l’alleanza con Israele, “dimostrando disprezzo totale per il diritto internazionale e la Carta dell’ONU”. “Washington ha mostrato di essere pronta a ignorare le stragi di civili palestinesi pur di sostenere il suo alleato,” ha detto Nebenzia, “e ora gioca d’azzardo con la sicurezza dell’intera umanità”. Ha inoltre messo in dubbio la credibilità americana, affermando che “nessuno nella comunità internazionale può più credere che l’Iran voglia dotarsi di armi nucleari”.

Di tono opposto l’intervento del Regno Unito. L’ambasciatrice Barbara Woodward ha invitato tutte le parti alla moderazione e a un immediato ritorno al tavolo negoziale: “Il mio Primo Ministro è stato chiaro: l’Iran deve mostrare moderazione, e tutti devono impegnarsi per una soluzione diplomatica”. Ha poi ribadito il sostegno al ruolo dell’AIEA e al Trattato di Non Proliferazione: “Le minacce contro il personale dell’AIEA e il direttore Grossi sono inaccettabili. L’Iran deve collaborare pienamente”.

Nel suo intervento al Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatrice statunitense Dorothy Shea ha difeso con fermezza l’operazione militare condotta dagli Stati Uniti contro le strutture nucleari iraniane. L’obiettivo dell’attacco, ha spiegato, era “dismettere la capacità dell’Iran di arricchire uranio a fini bellici” e “neutralizzare una minaccia nucleare in rapida escalation da parte del principale Stato sponsor del terrorismo al mondo”.

Shea ha sottolineato che l’azione militare è stata intrapresa “per eliminare una fonte storica ma sempre più pericolosa di insicurezza globale” e per sostenere l’alleato Israele “nell’esercizio del diritto intrinseco alla legittima difesa collettiva, in linea con la Carta delle Nazioni Unite”. Secondo l’ambasciatrice, la decisione del presidente Trump è stata presa “in difesa del nostro alleato e dei nostri interessi strategici, ma anche per proteggere direttamente cittadini e basi statunitensi da minacce crescenti”. Shea ha citato le parole dello stesso Trump: “Qualsiasi attacco iraniano, diretto o per procura, contro cittadini o basi americane sarà accolto con una devastante ritorsione”. Il messaggio a Teheran, ha concluso, “è chiaro e inequivocabile: fermate la vostra corsa verso l’atomica o ne pagherete le conseguenze”.

L’ambasciatore cinese Fu Cong ha duramente condannato i bombardamenti statunitensi contro i siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan, definendoli una “flagrante violazione del diritto internazionale, della sovranità iraniana e del regime di non proliferazione nucleare”. La Cina ha accusato Washington di “gettare benzina sul fuoco in un momento di pericolosa escalation regionale”. Fu Cong ha rivolto quattro appelli alla comunità internazionale. Primo: cessate il fuoco immediato e fine delle ostilità, con particolare responsabilità attribuita a Israele. Secondo: protezione dei civili e delle infrastrutture civili, “che non possono mai diventare bersagli militari”. Terzo: ritorno urgente al dialogo e ai negoziati sul nucleare iraniano. “La soluzione diplomatica non è esaurita e può ancora essere raggiunta”, ha detto il rappresentante di Pechino. Infine, Fu Cong ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di agire subito: “Non può restare a guardare. Abbiamo presentato con Russia e Pakistan un progetto di risoluzione che chieda un cessate il fuoco incondizionato e il rispetto del diritto internazionale”. La Cina, ha concluso, è pronta a lavorare per ristabilire pace e stabilità in Medio Oriente.

Quando è venuto il turno dell’ambasciatore iraniano presso l’ONU, Amir‑Saeid Iravani, il diplomatico ha definito i raid statunitensi contro i siti nucleari iraniani un “attacco deliberato, premeditato e incontestabile” sostenendo che i bombardamenti rappresentino “una violazione palese del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite”.

Già prima della riunione d’emergenza, la rappresentanza iraniana aveva dichiarato che le azioni statunitensi interrompono “ogni canale diplomatico”, rendendo vana la possibilità di una ripresa dei negoziati sul programma nucleare. Iravani ha ribadito che “l’Iran esercita il diritto alla legittima difesa” e ha avvertito che “tutte le opzioni” sono sul tavolo, incluso il ricorso a “misure di ritorsione” . Ha inoltre accusato Washington di “mettere a rischio la pace mondiale per favorire il suo alleato Israele, ignorando le gravi ripercussioni sull’umanità” . Concludendo il suo intervento, Iravani ha ammonito che “questa escalation armata rischia di intensificare il conflitto, minacciando non solo la sicurezza regionale, ma anche il diritto internazionale”, esortando il Consiglio di Sicurezza ad agire con urgenza per arrestare la spirale di violenze.

Subito dopo ha parlato l’ambasciatore israeliano Danny Danon che ha difeso con decisione i bombardamenti, descrivendoli come parte di un quadro strategico di “autodifesa collettiva” insieme agli Stati Uniti. Danon ha dichiarato che “gli Stati Uniti e Israele non meritano alcuna condanna, ma piuttosto gratitudine per aver reso il mondo un posto più sicuro”. Danon ha definito l’attacco come una necessaria reazione a una minaccia esistenziale: “Non ci fermeremo finché la minaccia nucleare iraniana non sarà smantellata e la sua macchina da guerra disarmata”. In tono duro, ha rigettato le critiche normative: “Non stiamo cercando la guerra, stiamo difendendo il nostro popolo dalla malafede di Teheran”.

Commentando le immagine satellitari pubblicate durante la sessione, Danon ha sottolineato che “questa operazione evidenzia la nostra determinazione a prevenire un programma nucleare che potrebbe compromettere la stabilità mondiale” . Ha poi enfatizzato l’importanza della cooperazione con gli USA, definendola “senza precedenti” nel contrasto all’Iran. Infine, Danon ha invitato la comunità internazionale a considerare la portata strategica dell’azione: “Questa non è un’aggressione, ma una risposta giustificata a una pericolosa ambizione nucleare. L’Iran continua a cercare l’atomo e noi reagiamo per impedire che ciò accada”.

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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