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Guerra Israele-Iran: al Consiglio di Sicurezza lo show ma la pace si decide altrove

Interventi carichi di allarme di Guterres, DiCarlo e Grossi che ammoniscono i Quindici ad evitare una escalation irreversibile, ma Trump chi ascolta?

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

“Non stiamo andando verso una crisi: ci stiamo correndo incontro.” Con queste parole, cariche di urgenza e impotenza, il Segretario Generale dell’ONU António Guterres ha aperto la riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza convocata venerdì mattina al Palazzo di Vetro  per affrontare l’escalation militare tra Israele e Iran. Ma mentre alle Nazioni Unite si susseguivano gappelli, accuse e invocazioni alla diplomazia, fuori da quelle mura — a Washington, a Teheran, a Gerusalemme — si decideva davvero se sarà ancora guerra o tregua.

Guterres ha ammonito i Quindici a “non guardare indietro a questo momento decisivo con rimpianto” e ha chiesto “unità e urgenza” per evitare un’escalation irreversibile. Ha collegato la crisi attuale “agli orrori in corso a Gaza” e ha invocato una soluzione diplomatica “credibile, verificabile e basata sul diritto internazionale”. Ma le sue parole, pur solenni, sembravano già risuonare in un’eco vuota.

UN Secretary General Antonio Guterres (UN Photo Manuel Elias)

Guterres ha ribadito che “lo scontro tra Israele e Iran sta accelerando rapidamente, con un bilancio terribile: civili uccisi e feriti, case, quartieri e infrastrutture civili devastati, e attacchi contro impianti nucleari”. Ha avvertito il mondo che “l’unica cosa prevedibile è che le conseguenze del proseguimento di questo conflitto sono imprevedibili”. E poi ha dato la via d’uscita: “Riconosciamo che esiste un divario di fiducia. E l’unico modo per colmarlo è attraverso la diplomazia, per costruire una soluzione credibile, globale e verificabile — inclusa la piena accessibilità agli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica”.

Anche la sottosegretaria ONU agli affari politici, Rosemary DiCarlo, ha lanciato l’allarme: oltre 200 morti in Iran, tra cui civili, a causa dei bombardamenti israeliani che hanno colpito non solo impianti nucleari a Natanz e Isfahan, ma anche ospedali, abitazioni e sedi governative. Di contro, i missili iraniani hanno colpito Tel Aviv, Haifa e Beersheba, uccidendo 24 persone, in gran parte civili. “La regione è sull’orlo di un conflitto totale — con effetti a catena già visibili in Iraq, Siria, Giordania, Libano e nel Mar Rosso.”

Il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Rafael Grossi, ha parlato di “un netto degrado della sicurezza nucleare” dopo gli attacchi israeliani a siti sensibili iraniani. Ha confermato danni strutturali causati da munizioni penetranti, e ha avvertito che un attacco diretto alla centrale di Bushehr potrebbe generare “una dispersione radiologica con effetti potenzialmente catastrofici”.  Allo stato attuale, gli attacchi israeliani contro l’Iran “non hanno causato un rilascio di radiazioni tale da poter danneggiare la popolazione”, ma “esiste il pericolo che ciò possa accadere”, ha aggiunto Grossi. “Le installazioni nucleari non devono essere avvolte dalla nebbia della guerra”, ha dichiarato. “La IAEA non resterà a guardare”.

L’ambasciatore israeliano Danny Danon ha parlato con tono perentorio: “Non accetteremo che Teheran ci minacci con l’atomica. L’attacco alle strutture nucleari è stato l’ultima risorsa per prevenire un disastro”. Ha accusato l’Iran di colpire deliberatamente l’ospedale Soroka di Beersheba con un missile balistico: “Questa è la differenza tra una democrazia che difende il suo popolo e un regime che prende di mira i civili”. “Continueremo gli attacchi finché la minaccia nucleare iraniana non sarà completamente neutralizzata e la sua macchina da guerra smantellata… Fino a quando il nostro popolo e il vostro non saranno al sicuro”. Aggiungendo ancora più enfasi, Danon ha chiarito: “Vogliamo la riconoscenza del mondo per aver fatto ciò che andava fatto — riconoscenza, non permesso” .Danon, durante la riunione ha attaccato brutalmente il collega iraniano. “Non hai vergogna, tu, il tuo leader supremo, di aver chiesto pubblicamente e ripetutamente per anni la distruzione di Israele e degli Stati Uniti. Chiedi protezione a questo Consiglio mentre cerchi di sterminare la nostra gente. Basta con le recite e con il teatro”, ha detto: “Non sei una vittima, non sei neanche un diplomatico. Sei un lupo, che finge di essere altro”.

L’ambasciatore iraniano Amir Saeid Iravani durante la riunione del Consiglio di Sicurezza (UN Photo – Evan Schneider)

L’iraniano Amir Saeid Iravani ha replicato parlando di “crimini di guerra deliberati” da parte di Israele e ha definito l’attacco “terrorismo di Stato su larga scala”. Ha ribadito che il programma nucleare iraniano ha scopi esclusivamente civili e che Israele è “l’unico Stato della regione con armi nucleari non dichiarate”. Poi, l’attacco più diretto: “Se il Consiglio non agisce, dimostrerà che il diritto internazionale è applicato in modo selettivo”. “L’Iran ha esercitato il proprio diritto di autodifesa secondo l’articolo 51 della Carta ONU, e continuerà finché l’aggressione israeliana non cesserà del tutto”, ha ribadito il diplomatico iraniano.  Poi ha esortato il Consiglio a intervenire immediatamente: “Chiediamo che si accerti ufficialmente che gli attacchi israeliani costituiscono una flagrante violazione di pace e un’aggressione di Stato”. Durante il suo intervento l’ambasciatore iraniano ha mostrato le foto di bambini iraniani uccisi dagli attacchi di Israele e accusato gli israeliani di “aver preso di mira militari, funzionari, scienziati, professori, studenti, medici, artisti, atleti e semplici civili, incluse donne, bambini e neonati”. “Molti – ha aggiunto – sono morti nel sonno”.

Mariano Grossi, direttore dell’International Agency for Atomic Energy (IAEA), durante il suo intervento via video al Consiglio di Sicurezza (UN Photo – Manuel Elias)

Le altre potenze del Consiglio hanno recitato il copione prevedibile ma ormai stanco. Per gli USA, l’ambasciatrice ad interim Dorothy Shea ha dichiarato che “gli Stati Uniti non hanno partecipato agli attacchi israeliani, ma sostengono pienamente il diritto di Israele a difendersi.” Ha accusato l’Iran di “aver tutto ciò che serve per costruire una bomba, manca solo la decisione politica”. L’ambasciaotore russo Vassily Nebenzia ha definito la situazione “apocalittica” e ha chiesto a “Gerusalemme Ovest” di fermare immediatamente ogni attacco, soprattutto contro i siti nucleari protetti dalla IAEA. L’ambasciatore cinese Fu Cong ha condannato gli attacchi israeliani come “una chiara violazione del diritto internazionale” e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Sia Francia che UK hanno insistito sul ritorno alla diplomazia. Il francese Jérôme Bonnafont ha avvertito che “un Iran armato di nucleare sarebbe una violazione eclatante del TNP.” La britannica Barbara Woodward ha parlato di “momento pericoloso per l’intera regione” e ha invitato Teheran a cessare l’arricchimento al 60%.

Per l’Unione Europea è intervenuto l’ambasciatore Stavros Lambrinidis dichiarando: “La sicurezza duratura si costruisce con la diplomazia, non con le bombe”.

A colpire, più di tutto, è stata la totale assenza di un orizzonte di azione reale. Il Consiglio è apparso come uno spazio rituale, dove le diplomazie si accusano a vicenda, ma dove nessuna decisione concreta sembra possibile. Mentre Guterres invoca “unità e urgenza”, il vero asse del potere è altrove.

Le decisioni sulla guerra e sulla pace non si prendono più al Palazzo di Vetro. Le telecamere dell’ONU trasmettono immagini drammatiche, ma i veri dossier si discutono tra Washington e Gerusalemme e – ma molto meno – Bruxelles.

Perché se è vero che Trump, almeno per ora, ha scelto di non intervenire direttamente, resta il sospetto che la Casa Bianca stia reagendo più alle esigenze di Netanyahu che a quelle della diplomazia internazionale.

La riunione di oggi ha messo in mostra ancora una volta lo specchio rotto del sistema multilaterale. Tanti riflessi, nessuna sintesi condivisa. Il Consiglio di Sicurezza resta il luogo dove si parla di pace, ma non quello dove si decide quando e come fermare la guerra. Se questa è davvero “una corsa verso il caos”, come ha detto Guterres, allora continua ad essere anche senza conducente.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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