Nel pieno della nuova fase del conflitto tra Israele e Iran, mentre la regione mediorientale vive una delle sue crisi più pericolose degli ultimi decenni, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito martedì per discutere della situazione in Siria. Il messaggio lanciato dall’ONU è stato netto: “La Siria non può permettersi un’altra ondata di instabilità”. Parole dell’inviata speciale delle Nazioni Unite, Najat Rochdi, che ha informato i 15 membri del Consiglio sui progressi – ma anche sui rischi enormi – che il Paese affronta nel suo faticoso cammino di transizione politica.
Il briefing ha avuto luogo in un momento delicatissimo: mentre prosegue la guerra a Gaza e si moltiplicano le tensioni tra Israele e Hezbollah in Libano, la Siria – tradizionale alleato dell’Iran – sta adottando una linea sorprendentemente cauta. Damasco non ha ufficialmente condannato i recenti attacchi israeliani sul proprio territorio e, al momento, cerca evidentemente di evitare di diventare l’ennesimo fronte aperto in un conflitto regionale sempre più ampio. Rochdi ha ribadito che “i rischi di un’ulteriore escalation nella regione non sono ipotetici: sono immediati, gravi e rischiano di compromettere i fragili progressi verso la pace e la ripresa in Siria”.
Secondo quanto riferito, continua l’attività dell’inviato speciale Geir Pedersen per una transizione politica “realmente inclusiva” che coinvolga tutti i siriani. Incontri recenti con alti funzionari a Damasco, tra cui il ministro degli Esteri ad interim Asaad Hassan al-Shaibani, si sono svolti in un clima definito “costruttivo”, con l’obiettivo di consolidare il dialogo su giustizia di transizione, persone scomparse e la creazione di una nuova Assemblea popolare.
A preoccupare l’ONU è anche la situazione umanitaria. La vice coordinatrice umanitaria Joyce Msuya ha informato il Consiglio che oltre tre quarti della popolazione siriana necessita di aiuti. Negli ultimi sei mesi, circa 600.000 rifugiati sono tornati nel Paese, ma la presenza massiccia di ordigni inesplosi – che hanno ucciso 414 persone, un terzo delle quali bambini – rappresenta un ostacolo enorme al ritorno sicuro degli sfollati.
Intanto, nel nord-est, si segnala un’opportunità storica: l’accordo del 10 marzo tra le autorità ad interim e le Forze Democratiche Siriane (SDF) per l’integrazione dei combattenti curdi nell’esercito nazionale siriano. Secondo l’ONU, se attuato con spirito di compromesso, questo potrebbe essere un passo decisivo verso la riunificazione del Paese.
Sul fronte della sicurezza, gli attacchi israeliani nel sud della Siria – in risposta a lanci di razzi dal Golan – e i raid nella zona di Beit Jinn, così come l’attività dell’ISIS e le tensioni a Deir-ez-Zor e Homs, continuano a minare la stabilità. Rochdi ha esortato Israele a rispettare la sovranità siriana e l’accordo di disimpegno del 1974.
Un altro punto cruciale è il rilancio dell’economia siriana. L’ONU accoglie con favore la sospensione parziale delle sanzioni USA, l’allentamento delle restrizioni europee e l’apertura del Regno Unito a transazioni commerciali in settori chiave. Secondo l’inviata, tali misure sono essenziali per favorire la ripresa.
Infine, l’allarme sanitario: il sistema sanitario siriano è al collasso e un’epidemia di colera rischia di aggravarsi a causa della siccità – la peggiore in oltre 30 anni – e dell’interruzione dei sistemi idrici.
Mentre i riflettori internazionali restano puntati su Gaza e Teheran, la Siria cerca con fatica di rimanere fuori dal fuoco incrociato. Ma come ha concluso Rochdi, “la diplomazia è possibile e deve essere prioritaria”.