Con un solo turno di voto e un’ampia maggioranza, l’Assemblea Generale dell’ONU ha eletto martedì cinque nuovi membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza. A partire da gennaio 2026 e fino alla fine del 2027, Bahrain, Colombia, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Lettonia e Liberia siederanno nel massimo organo delle Nazioni Unite responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
La votazione, condotta a scrutinio segreto, ha coinvolto 188 Stati membri su 193 e si è svolta nel pieno rispetto del criterio della distribuzione geografica. I seggi in palio quest’anno erano cinque: due per il gruppo Africa, uno per Asia-Pacifico, uno per l’Europa orientale e uno per l’America Latina e i Caraibi. I candidati devono ottenere almeno i due terzi dei voti per essere eletti.
Nel gruppo Africa e Asia-Pacifico, il Bahrain ha ricevuto 186 voti, la RDC 183 e la Liberia 181. Un solo Paese si è astenuto. Per l’Europa orientale, la Lettonia ha ottenuto 178 voti, mentre dieci Paesi si sono astenuti. Infine, per l’America Latina e Caraibi, la Colombia ha ricevuto 180 voti, con otto astensioni.
Tra i cinque eletti, la novità storica è rappresentata dalla Lettonia, che per la prima volta nella sua storia ottiene un seggio nel Consiglio di Sicurezza. Un ingresso significativo per il piccolo Stato baltico, membro UE e NATO, che arriva in un momento geopolitico teso, con il conflitto in Ucraina e le sfide alla sicurezza europea ancora al centro del dibattito internazionale.
Gli altri quattro Paesi hanno invece già fatto parte del Consiglio: la Colombia ben sette volte, la RDC due, e Bahrain e Liberia una volta ciascuno.
I nuovi membri subentreranno ad Algeria, Guyana, Repubblica di Corea, Sierra Leone e Slovenia, i cui mandati termineranno a dicembre 2025. Andando ad affiancare i cinque membri non permanenti eletti nel 2024 – Danimarca, Grecia, Pakistan, Panama e Somalia – completeranno il gruppo dei dieci membri non permanenti.
I cinque membri permanenti – Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti – mantengono il loro status e potere di veto, spesso al centro delle controversie sul funzionamento e la legittimità del Consiglio, in particolare nei casi di stallo su crisi come Gaza o l’Ucraina.
L’elezione di nuovi membri, in particolare di Stati che non sempre hanno un peso diplomatico dominante, sottolinea la vocazione inclusiva del sistema delle Nazioni Unite, ma riapre anche il dibattito sull’efficacia del Consiglio in un mondo multipolare e in crisi.

Con l’ingresso della Lettonia e il rafforzamento di attori africani e latinoamericani, ci si attende una rinnovata spinta sui temi della pace regionale, della giustizia climatica e della riforma delle istituzioni multilaterali. Ma il rinnovamento della rappresentanza geografica del Consiglio non risolve il nodo della sua riforma strutturale. Da oltre trent’anni si discute di un cambiamento radicale della composizione del Consiglio di Sicurezza, ma finora ogni tentativo si è arenato. Paesi come l’India – che rivendicano con forza un seggio permanente per riflettere il peso geopolitico attuale – mostrano sempre più impazienza verso uno stallo che mina la credibilità dell’organo. Dall’altro lato, l’Italia continua a guidare il fronte contrario all’espansione dei seggi permanenti, proponendo invece un allargamento dei membri elettivi a rotazione, una posizione condivisa anche da nuovi membri come la Colombia. Una battaglia diplomatica ancora lontana da una sintesi, mentre il mondo cambia più velocemente delle sue istituzioni.