Un attacco vile e devastante ha colpito nella notte di lunedì un convoglio umanitario delle Nazioni Unite diretto a El Fasher, in Sudan, uccidendo cinque operatori umanitari sudanesi e ferendone molti altri. I quindici camion, carichi di forniture alimentari e nutrizionali salvavita, erano partiti da Port Sudan ed erano a soli 80 chilometri dalla loro destinazione finale quando sono stati assaliti nei pressi di Al Koma, nel Nord Darfur.
I camion avevano attraversato oltre 1.800 chilometri di territorio ostile, attraversando aree bombardate e deserti di violenza incontrollata, per portare aiuti ai civili intrappolati dalla carestia. Erano fermi sul ciglio della strada, in attesa dell’ultimo via libera per entrare a El Fasher, città assediata e martoriata, quando è arrivata la morte dal cielo: un attacco aereo, probabilmente con droni, ha colpito la colonna, distruggendo diversi veicoli e incenerendo le scorte. Secondo il portavoce del Segretario Generale Stéphane Dujarric, “tutti i soggetti sul terreno erano stati informati in anticipo” del percorso del convoglio. Questo avrebbe dovuto essere il primo convoglio ONU a raggiungere El Fasher da oltre un anno.
Il World Food Programme (WFP) e l’UNICEF hanno condannato con forza l’attacco: «I convogli umanitari devono essere protetti. Le parti hanno l’obbligo legale di consentire il passaggio rapido e sicuro degli aiuti ai civili in pericolo». Il portavoce delle Nazioni Unite ha parlato di «orrendo atto di violenza» contro donne e uomini «che hanno messo a rischio la propria vita per raggiungere bambini e famiglie affamati».
Il massacro di Al Koma non è un episodio isolato. Nelle ultime settimane, sono aumentati gli attacchi contro strutture umanitarie in Sudan. I locali del WFP a El Fasher sono stati bombardati, un ospedale ad Al Obeid colpito da droni, e infrastrutture civili – come la rete elettrica a Khartoum – sono costantemente sotto attacco, aggravando l’epidemia di colera che si sta diffondendo nella capitale.
Il Sudan è immerso da due anni in una guerra brutale tra l’esercito regolare e le Rapid Support Forces (RSF), con oltre nove milioni di sfollati e una carestia conclamata in diverse aree del Paese, tra cui Zamzam, El Fasher e i Monti Nuba. L’attacco a questo convoglio è un ulteriore colpo alle già deboli speranze di soccorso umanitario in una regione dove la fame è diventata arma di guerra.
Le Nazioni Unite chiedono un’indagine immediata e indipendente sull’attacco. Ma il vero scandalo è l’impunità con cui da mesi vengono colpiti operatori umanitari, ospedali, convogli. «Tutto questo deve finire», hanno dichiarato WFP e UNICEF. Ma nel silenzio della comunità internazionale, la guerra contro gli innocenti continua.