Il 2 giugno 2025, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, l’ex ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock è stata ufficialmente presentata come presidente eletta dell’80ª Assemblea Generale dell’ONU. La leader dei Verdi tedeschi e volto simbolo della politica estera berlinese dell’ex governo Scholz ha conquistato 167 voti su 193, nonostante l’opposizione aperta della Russia, che ha imposto un’insolita votazione a scrutinio segreto. Ma dietro l’applauso formale alla sua elezione si nasconde molto più di un passaggio di routine diplomatica. Perché Baerbock non è una diplomatica di carriera né un’ex ambasciatrice: è un’ex ministra, una politica di primo piano, proveniente da un Paese del G7. Ed è molto ambiziosa.
Lo si è capito subito nel primo stakeout con la stampa, durante il quale chi scrive ha avuto l’opportunità di porle la prima domanda:
Considera la sua presidenza come un possibile trampolino di lancio per una candidatura a Segretario Generale dell’ONU? In caso di elezione, sarebbe la prima donna…
Qui la sua risposta:
“Ovviamente, nella prossima sessione uno dei compiti principali sarà selezionare il nuovo Segretario Generale, e nel ‘Pact for the Future’ è stata espressa con forza la richiesta che ciò avvenga in modo molto trasparente, sottolineando che finora nessuna donna ha mai ricoperto l’incarico di Segretario Generale. Conosciamo le procedure previste per questo processo: attualmente siamo anche nella fase di ‘revitalizzazione’, che sta fornendo indicazioni per la selezione del Segretario Generale nella prossima sessione. Dunque, il ruolo degli Stati membri e quello dell’Assemblea Generale sarà cruciale, come lo è stato in passato, e sarà fondamentale lavorare a stretto contatto con il Consiglio di Sicurezza. In questo momento difficile, non vedo l’ora di collaborare con tutti gli Stati membri in questo importante impegno.”
Una risposta attenta, diplomatica, ma per nulla evasiva: ha ricordato l’importanza del processo di selezione, ha citato il “Pact for the Future” che chiede trasparenza e, soprattutto, ha sottolineato che nella storia dell’ONU non c’è mai stata una donna al vertice del Palazzo di Vetro. Il messaggio è chiaro: Baerbock non esclude nulla.
L’elezione di Baerbock alla presidenza dell’Assemblea Generale avviene in un momento cruciale. Il secondo mandato di António Guterres si avvia alla conclusione, e il prossimo Segretario Generale dovrà essere scelto proprio sotto la sua presidenza. Il fatto che a presiedere il processo sarà una ex ministra degli Esteri di un Paese fondatore dell’Unione Europea e membro del G7 non può essere letto come una semplice coincidenza.

Per la Germania, l’elezione di Baerbock rappresenta una proiezione di influenza in un’arena dove storicamente Berlino ha sempre avuto meno peso rispetto ad altri attori globali. Non essendo membro permanente del Consiglio di Sicurezza (lo aspira a diventarlo ma è proprio l’Italia da 30 anni a mettere il bastone tra le ruote al piano di riforme che allargherebbe il Consiglio a più membri permanenti), la Germania ha spesso dovuto muoversi con discrezione, affidandosi al suo soft power economico e al sostegno al multilateralismo. Con Baerbock, questo soft power assume tratti più esplicitamente politici.
La stessa Baerbock, nel suo discorso inaugurale, ha indicato le sue priorità: riformare il sistema ONU per renderlo “adatto al XXI secolo”, rafforzare la pace e la sicurezza, accelerare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e difendere i diritti umani. Tutti temi in cui Berlino ha investito capitale diplomatico. Ma ora a difendere queste agende non sarà un tecnico, bensì una figura con esperienza ministeriale e, potenzialmente, ambizioni globali.
L’elezione di Baerbock segna anche una nuova fase per l’Europa alle Nazioni Unite. L’UE ha faticato a parlare con una sola voce in politica estera. La Germania, soprattutto dopo la Brexit, è diventata sempre più centrale nel definire la postura europea sulla scena multilaterale. Con Baerbock all’UNGA, si apre una finestra di opportunità per rafforzare la presenza europea in un sistema ONU indebolito dal disimpegno americano sotto Trump, dalle tensioni con la Russia e dalle rivalità con la Cina.
Subito dopo la mia domanda, un collega della televisione cinese (CCTV) ha chiesto a Baerbock se l’Assemblea Generale possa “assumersi le proprie responsabilità” in un contesto in cui il Consiglio di Sicurezza appare paralizzato di fronte alle grandi crisi.
Baerbock ha risposto con fermezza: “L’Assemblea Generale è il corpo più rappresentativo e legittimato dell’ONU, e ha un ruolo speciale anche in materia di pace e sicurezza. Non è un pilastro isolato: pace, sicurezza, sviluppo e diritti umani sono interconnessi. Per questo sosterrò la cooperazione tra l’Assemblea, il Consiglio di Sicurezza e la Commissione per il Consolidamento della Pace. La pace duratura richiede sviluppo sostenibile”.
Una risposta che lascia intendere come la nuova presidente dell’UNGA voglia rilanciare il ruolo politico dell’Assemblea, proprio in quegli spazi lasciati vuoti dal blocco dei “P5”.

Nella sua risposta alla domanda sulla futura elezione del Segretrario Generale, Baerbock ha evitato di sbilanciarsi, ma ha usato un tono da “facilitatrice del cambiamento”. Il vero test sarà vedere se userà questa visibilità per costruire un consenso intorno a una possibile candidatura al vertice dell’ONU. Se deciderà di candidarsi, potrà contare sul sostegno europeo e di molti Paesi del Sud globale, ma dovrà affrontare anche avversari forti e l’ombra delle grandi potenze.
Sicuramente Annalena Baerbock non è una figura neutra. La sua elezione alla presidenza dell’Assemblea Generale è la conferma che il multilateralismo, oggi, è anche terreno di ambizione nazionale. E forse proprio per questo, può tornare a essere rilevante.