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All’ONU si affronta la crisi in Bosnia Erzegovina a 30 anni da Accordi di Dayton

Al Consiglio di Sicurezza il rapporto dell'inviato speciale Christian Schmidt e le scintille tra le delegazioni serbe e bosniache

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
All’ONU si affronta la crisi in Bosnia Erzegovina a 30 anni da Accordi di Dayton

Christian Schmidt, High Representative for Bosnia and Herzegovina, briefs the Security Council meeting on the situation in Bosnia and Herzegovina. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Time: 7 mins read

A trent’anni dalla firma degli Accordi di Dayton, che posero fine alla guerra in Bosnia ed Erzegovina, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per discutere delle crescenti tensioni nel paese, aggravate dalla recente condanna del leader serbo-bosniaco Milorad Dodik e dalle sue azioni successive.

Il 26 febbraio 2025, il Tribunale di Stato della Bosnia ed Erzegovina ha condannato Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska (RS), a un anno di reclusione e a sei anni di interdizione dai pubblici uffici per aver ignorato le decisioni dell’Alto Rappresentante internazionale, Christian Schmidt. Dodik ha respinto la sentenza come politicamente motivata e ha annunciato misure radicali in risposta.

Il giorno successivo, l’Assemblea Nazionale della RS ha approvato leggi che vietano l’operato delle istituzioni giudiziarie e di sicurezza statali sul territorio della RS, tra cui il Tribunale di Stato, la Procura, l’Agenzia Statale per le Indagini e la Protezione (SIPA) e il Consiglio Superiore della Magistratura. Queste azioni sono state interpretate come un passo verso la secessione de facto della RS.

La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per le azioni di Dodik. Il 27 febbraio, la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito la condanna di Dodik “politicamente motivata” e ha espresso sostegno alle autorità della RS. Il 6 marzo, su richiesta della Russia, il Consiglio di Sicurezza ha tenuto consultazioni a porte chiuse sulla situazione in Bosnia ed Erzegovina. Il 13 marzo, l’Assemblea Nazionale della RS ha adottato una nuova bozza di costituzione e una legge sulla “protezione dell’ordine costituzionale della RS”, affermando il diritto dell’entità di formare un proprio sistema giudiziario e un esercito. Queste mosse hanno ulteriormente intensificato le tensioni nel paese.

Christian Schmidt, Alto Rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina, ha aggiornato il Consiglio sugli ultimi sviluppi riguardanti l’attuazione dell’Accordo Quadro Generale di Pace del 1995, noto come Accordo di Dayton, che pose fine a oltre tre anni di spargimenti di sangue e genocidio dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia.

L’accordo ha istituito una nuova costituzione e ha creato due entità all’interno del paese: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina (a maggioranza bosgnacca e croata) e la Republika Srpska (a maggioranza serba).

Schmidt – la cui funzione principale è quella di vigilare sull’attuazione dell’accordo – ha dichiarato che le condizioni per una piena applicazione degli aspetti civili dell’intesa sono notevolmente peggiorate. “Il primo trimestre di quest’anno è stato segnato da un aumento significativo delle tensioni, che senza dubbio costituisce una crisi straordinaria nel paese dai tempi della firma degli Accordi di Dayton”, ha affermato. “Posso sottolineare che vedo una crisi politica. Non ho ancora indicazioni di una crisi della sicurezza”.

La crisi si è aggravata dopo la condanna del 26 febbraio inflitta al presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik. “Dopo la sentenza, Dodik ha intensificato i suoi attacchi all’ordine costituzionale del paese, incaricando le autorità della Republika Srpska di adottare leggi che di fatto vietano il funzionamento delle istituzioni giudiziarie e di sicurezza statali nel territorio dell’entità, arrivando persino a presentare una bozza di costituzione dell’entità, suggerendo una secessione de facto”, ha detto Schmidt, osservando che la rapidità con cui sono state rese pubbliche le bozze di legge e costituzione indica chiaramente che erano già pronte da tempo. Schmidt ha affermato che tali atti e leggi contraddicono radicalmente l’attuazione degli Accordi di Dayton e: “Mettono in pericolo l’integrità territoriale e sociale del paese e dei suoi popoli attraverso atti secessionisti”. “Creano inoltre insicurezza giuridica ed esecutiva stabilendo leggi e istituzioni dell’entità che contraddicono e competono con le competenze dello Stato”.

Schmidt ha sottolineato che sarà necessario fare affidamento sulle istituzioni create a Dayton, come la Corte Costituzionale, per evitare che il paese si disgreghi e per salvaguardare la funzionalità dello Stato, compresi i poteri legali dell’Alto Rappresentante. Come conseguenza, la coalizione a livello statale è stata seriamente compromessa, il cammino verso l’integrazione nell’Unione Europea si è arrestato, e la funzionalità dello Stato è indebolita, mentre le riforme sono finite in secondo piano. “Questo sviluppo non è irreversibile, ma è grave”, ha avvertito. “Va affrontato senza indugio. Richiede un impegno attivo da parte della comunità internazionale”.

L’Alto Rappresentante ha notato che la comunità serba non ha dato seguito agli ordini illegittimi di Dodik. Per esempio, sebbene alcuni serbi impiegati nelle istituzioni statali siano stati minacciati per abbandonare i loro incarichi, “questi appelli e minacce sono rimasti in gran parte inascoltati”.

Nel frattempo, la comunità bosgnacca ha mantenuto la calma nonostante le tensioni e ha continuato sulla strada del dialogo paziente, anche per mantenere viva la prospettiva europea del paese. Schmidt ha osservato anche un impegno costante verso l’Europa da parte della comunità croata, e una crescente disponibilità al dialogo interetnico, anche su controversie locali. “Per la maggior parte, le comunità del paese non sostengono l’estremismo o il secessionismo”, ha detto. “Ci sono prove abbondanti nella vita quotidiana, ma la politica etnocentrica passa troppo tempo a dividere le comunità anziché unirle.”

Željka Cvijanović, Chairperson of the Presidency of Bosnia and Herzegovina, addresses the Security Council meeting on the situation in Bosnia and Herzegovina.    (UN Photo/Manuel Elías)

Željka Cvijanović, rappresentante serba della presidenza tripartita della Bosnia ed Erzegovina, ha partecipato alla riunione, nonostante i tentativi della missione diplomatica bosniaca di impedirle di parlare. Cvijanović ha quindi accusato la missione bosniaca all’ONU di minare le disposizioni degli Accordi di Dayton e ha difeso le azioni legislative della RS come misure per proteggere la sua autonomia all’interno della federazione. Cvijanović, ha dichiarato che l’equilibrio tra tre popoli e due entità, sancito da Dayton, è oggi in pericolo. Ha definito Schmidt “non confermato” dal Consiglio e accusato l’OHR di abuso di potere, elencando interventi unilaterali come la modifica della legge elettorale e il congelamento dei fondi ai partiti della RS. “Le azioni della Republika Srpska non sono secessionismo, ma risposte legittime a interferenze straniere illegittime”. Ha infine chiesto al Consiglio di votare sulla conferma formale di Schmidt: “Se non passa, trovate un candidato che possa”.

Gli Stati Uniti hanno espresso ferma opposizione a ogni retorica secessionista e hanno riaffermato il sostegno all’integrità territoriale della Bosnia ed Erzegovina e al ruolo dell’Alto Rappresentante nell’attuazione dell’Accordo di Dayton..

The secessionist actions of the Republika Srpska Government, led by Milorad Dodik, are a direct and dangerous attack on the constitutional order of Bosnia and Herzegovina.

UK Special Envoy @KarenPierceUK in the @UN Security Council 👇 pic.twitter.com/b2lJUl0mPX

— UK at the UN 🇬🇧🇺🇳 (@UKUN_NewYork) May 6, 2025

Il Regno Unito per voce dell’inviata speciale per i Balcani, Karen Pierce, ha ribadito che “Dayton è stato un successo” e che l’Alto Rappresentante è l’autorità finale sull’attuazione civile dell’accordo, come previsto.

La Francia ha dichiarato che l’unità del paese è minacciata e ha invitato i leader della RS a non imboccare “la strada della separazione”.

Quando è stato il turno della Russia – “protettrice” degli interessi della Serbia- , l’Ambasciatore Vassily Nebenzia ha criticato il ruolo dell’Alto Rappresentante, sostenendo che le azioni di Schmidt esacerbano le tensioni. Ha ribadito l’appello della Russia per la chiusura dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante, affermando che la Bosnia ed Erzegovina dovrebbe gestire i propri affari senza interferenze esterne. Nebenzia, ha definito Schmidt un “falso Alto Rappresentante” non confermato dal Consiglio e ha accusato l’Occidente di interferenze. “Schmidt si è posto l’obiettivo di strangolare tutto ciò che è serbo in Bosnia ed Erzegovina”.

La Cina ha criticato l’uso ricorrente dei “poteri di Bonn” da parte dell’OHR, definendoli misure straordinarie ormai obsolete e fonte di tensione politica.

Slovenia, Danimarca, Sierra Leone, Guyana, Somalia, Corea, Panama, Algeria, Pakistan,  hanno sostenuto l’Accordo di Dayton, la sovranità della Bosnia ed Erzegovina e l’importanza del dialogo tra comunità.

Evangelos Sekeris (left), Permanent Representative of Greece to the United Nations and President of the Security Council for the month of May, chairs the Security Council meeting on the situation in Bosnia and Herzegovina. At right is Claudia Banz, Director of the Security Council Affairs Division of the Department of Political and Peacebuilding Affairs (DPPA). (UN Photo/Eskinder Debebe)

La Grecia (Presidente di turno del Consiglio), con l’ambasciatore Evangelos Sekeris ha ricordato la dichiarazione di Salonicco del 2003, base del processo di integrazione europea dei Balcani occidentali.

La Serbia ha respinto l’idea che la RS persegua la secessione, sostenendo invece che stia difendendo l’Accordo di Dayton. Ha definito l’imposizione di decisioni da parte dell’OHR “incompatibile con i principi democratici.”

Intervenendo al Consiglio, la Croazia, pur sostenendo Schmidt, ha criticato il suo rapporto per non aver adeguatamente trattato le discriminazioni verso i croati, affermando che la riforma elettorale è “un fondamento per una democrazia stabile”.

L’Ambasciatore Stavros Lambrinidis, Capo della Delegazione dell’Unione Europea presso le Nazioni Unite, ha espresso seria preoccupazione per la legislazione e le iniziative nella Republika Srpska che contrastano con il percorso dell’UE della Bosnia ed Erzegovina. Ha ribadito l’impegno inequivocabile dell’UE per la prospettiva europea del paese come entità unica, unita e sovrana.

🇮🇹 Italy’s PR Amb. @MauMassari had a fruitful meeting with High Representative for 🇧🇦BiH Christian Schmidt on the latest developments in Bosnia and Herzegovina, where he reaffirmed Italy’s support for the work of @OHR_BiH in fostering dialogue & preserving stability. Encouraging… pic.twitter.com/2GAH153VL9

— Italy UN New York (@ItalyUN_NY) May 6, 2025

La crisi attuale in Bosnia ed Erzegovina mette in evidenza le fragilità dell’assetto istituzionale stabilito dagli Accordi di Dayton. Le azioni di Dodik e della RS rappresentano una sfida diretta all’autorità di Sarajevo e dello Stato centrale e rischiano di compromettere la stabilità dell’intera regione.

Le dichiarazioni e le accuse incrociate al Consiglio di Sicurezza riflettono un deterioramento politico profondo e potenzialmente pericoloso. L’attuazione selettiva o politicizzata dell’Accordo di Dayton, la contestazione del ruolo dell’Alto Rappresentante e il riemergere di narrative nazionaliste indicano che il processo di stabilizzazione e integrazione europea della Bosnia è a un bivio.

Il trentesimo anniversario di Dayton, invece di essere occasione di bilancio e rilancio, si celebra in un clima di sfiducia e polarizzazione. Solo un rinnovato impegno multilaterale può prevenire una deriva che avrebbe implicazioni ben oltre i confini balcanici.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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