“Un cessate il fuoco immediato, pieno e incondizionato è il primo passo necessario verso una pace giusta, completa e duratura.” Così Rosemary DiCarlo, Sottosegretaria Generale per gli Affari Politici e di Costruzione della Pace dell’ONU, ha esortato oggi il Consiglio di Sicurezza, in una sessione dedicata alla situazione in Ucraina. Ma dietro agli appelli ufficiali delle Nazioni Unite, si fa sempre più evidente una realtà imbarazzante: il Palazzo di Vetro è sempre più escluso dalle vere trattative in corso tra Stati Uniti, Russia e Ucraina, con l’Amministrazione Trump protagonista nel tentativo di negoziare direttamente le tregue.
Nelle ultime settimane, una frenetica diplomazia sotterranea ha offerto – come ha detto DiCarlo – “un barlume di speranza” per la possibilità di una tregua, mentre i combattimenti si intensificano tragicamente, con attacchi devastanti su Kyiv, Sumy e Kryvyi Rih, e il peggior numero di vittime civili degli ultimi nove mesi.
DiCarlo ha ricordato l’annuncio da parte della Russia di una tregua di 72 ore per l’8-10 maggio, dopo un precedente cessate il fuoco di 30 ore a Pasqua, e ha notato che le autorità ucraine si sono dette pronte a rispecchiare ogni passo positivo. Tuttavia, ha ammesso: “Le ostilità sono proseguite anche durante la Settimana Santa, con accuse reciproche di violazioni”.
Ma la sostanza delle trattative non passa più dall’ONU. Come è emerso chiaramente nel briefing, le principali iniziative – compreso il tentativo di accordo su un cessate il fuoco di 30 giorni – sono nate da canali bilaterali tra Washington, Mosca e Kyiv, senza un reale coinvolgimento delle Nazioni Unite. Anche la ripresa delle discussioni sulla sicurezza della navigazione nel Mar Nero, inizialmente salutata come un successo multilaterale, sta evolvendo sotto la regia americana, più che sotto l’ombrello ONU.
La diplomazia di Trump, pur controversa, sembra aver sostituito nella pratica il ruolo che storicamente spettava alle Nazioni Unite nei grandi processi di pace. Se il Segretario Generale António Guterres ha più volte chiesto de-escalation, il suo appello risuona sempre più come una voce isolata.

Sul terreno, intanto, la situazione umanitaria continua a peggiorare. Joyce Msuya, Vice Coordinatrice ONU per i soccorsi d’emergenza, ha riferito che “quasi 13 milioni di persone in Ucraina necessitano di assistenza” e che ogni giorno si registrano nuove vittime civili. Il lavoro degli operatori umanitari è diventato estremamente pericoloso: da gennaio ad aprile si sono verificati 38 incidenti di sicurezza che hanno causato la morte di tre operatori e il ferimento di altri 21.
La Msuya ha lanciato un appello urgente al Consiglio di Sicurezza per proteggere civili e infrastrutture critiche, rafforzare i finanziamenti per le operazioni umanitarie ormai sotto-finanziate, e mantenere la priorità sulla protezione dei civili in ogni iniziativa di pace, temporanea o definitiva.
In chiusura, DiCarlo ha ricordato che il prossimo anniversario degli 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale dovrebbe richiamare i leader alla centralità della Carta delle Nazioni Unite. Ma l’invasione russa, ha detto, “rimane una sfida eclatante ai principi fondamentali del diritto internazionale.”
Il paradosso, però, resta: mentre l’ONU richiama al rispetto del diritto e della Carta, le sorti della guerra sembrano dipendere ormai da accordi negoziati altrove, lontano dal Palazzo di Vetro.