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Palestina-Israele: l’ONU e la “fine imminente” della soluzione a due Stati

Al Consiglio di Sicurezza il Segretario Generale Guterres lancia l'allarme mentre i Quindici chiedono azioni immediate per fermare il disastro a Gaza

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

Al Palazzo di Vetro, il Consiglio di Sicurezza si è riunito oggi in una sessione carica di tensione e drammaticità. Gaza, ormai al collasso umanitario, è stata il centro di un dibattito acceso che ha visto protagonisti il Segretario Generale António Guterres con il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot – la Francia è presidente di turno – e una lunga serie di ambasciatori, da Russia a Stati Uniti, da Regno Unito a Cina, Algeria, Pakistan, Grecia e molti altri anche che in questo momento non detengono il seggio al Consiglio ma hanno chiesto la parola.

Con parole durissime, Guterres ha messo in guardia: “La soluzione dei due Stati è vicina a un punto di non ritorno”. Il Segretario Generale ha chiesto agli Stati membri di agire senza più tentennamenti, “prendendo misure irreversibili” verso una pace che garantisca l’esistenza di Israele e Palestina fianco a fianco, con Gerusalemme come capitale condivisa. Ha definito la situazione umanitaria a Gaza “oltre l’immaginabile”, denunciando il blocco quasi totale di cibo, carburante e medicinali da parte israeliana da quasi due mesi.

Guterres ha anche condannato gli attacchi contro il personale ONU, chiedendo “accountability piena” e sottolineando che “l’assistenza umanitaria è non negoziabile” e che Israele “deve proteggere i civili e consentire l’accesso umanitario senza eccezioni, inclusa l’attività vitale dell’UNRWA”.

Jean-Noël Barrot (centre at table), Minister for Europe and Foreign Affairs of France and President of the Security Council for the month of April, chairs the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. At left is Secretary-General António Guterres. (UN Photo/Loey Felipe)

Ad aprire la riunione, il ministro francese degli Esteri Jean-Noël Barrot, ha ribadito la priorità di Parigi: “Mettere fine alle ostilità per alleviare le sofferenze dei civili”. Barrot ha chiesto un cessate il fuoco immediato a Gaza, il mantenimento della tregua in Libano e ha annunciato che, insieme all’Arabia Saudita, la Francia organizzerà una conferenza internazionale a giugno per rilanciare la soluzione a due Stati. “La situazione è catastrofica – ha dichiarato – e Israele deve revocare tutte le restrizioni all’ingresso degli aiuti”.

Tra gli interventi più accesi quello dell’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, che ha denunciato l’uso dell’assistenza umanitaria “come moneta di scambi” nei negoziati, accusando Israele di aggravare artificialmente la crisi con il blocco a UNRWA e la paralisi dell’ingresso di 3.000 camion carichi di aiuti.

Non meno duro l’ambasciatore algerino Amar Bendjama, che ha parlato di “uno dei più gravi fallimenti umanitari della nostra generazione”. Ha accusato il Consiglio di Sicurezza di non essere riuscito a fermare l’impunità israeliana e ha chiesto “un cessate il fuoco immediato prima che sia troppo tardi”.

Il Pakistan, con l’ambasciatore Asim Iftikhar Ahmad ha denunciato “la distruzione sistematica di un popolo e l’annientamento del diritto all’esistenza di una nazione”, definendo «orrenda» la distruzione dell’ospedale al-Ahli. Ha chiesto il ritorno al cessate il fuoco, l’accesso umanitario completo e il riconoscimento politico dello Stato palestinese.

Sul fronte occidentale, l’ambasciatrice americana Dorothy Shea ha ribadito il sostegno di Washington al flusso di aiuti umanitari, ma ha puntato il dito contro Hamas per aver bloccato le trattative per una tregua: “Due settimane fa Hamas ha rifiutato una proposta che avrebbe portato al rilascio degli ostaggi”.

Anche Lord Ray Collins, rappresentante del Regno Unito, ha chiesto il ripristino del cessate il fuoco e un accesso pieno e sicuro per gli operatori umanitari. “È inaccettabile che Israele abbia bloccato gli aiuti per quasi due mesi”, ha detto, sottolineando il dramma della fame a Gaza.

Il rappresentante cinese Zhang Jun ha chiesto “un’immediata cessazione delle ostilità” e il rispetto delle risoluzioni ONU. Ha ricordato che “la forza non potrà mai garantire la pace” e ha sollecitato un ritorno al negoziato multilaterale.

Tra gli interventi rilevanti anche quello dell’ambasciatore greco Evangelos Sekeris, che ha sottolineato come “la crisi umanitaria a Gaza minacci la stabilità di tutta la regione” e ha sostenuto la necessità di un accesso umanitario senza restrizioni.

Non sono mancati i riferimenti alle tensioni regionali: Israele, con il vice rappresentante permanente Brett Jonathan Miller, ha accusato l’Iran di essere “il regista dell’instabilità in Medio Oriente” tramite Hezbollah, Hamas, e i ribelli Houthi.

Riyad Mansour, Permanent Observer of the State of Palestine to the United Nations, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Infine, Riyad Mansour, rappresentante della Palestina, ha accusato Israele di imporre “un assedio punitivo” su Gaza, condannando la carenza deliberata di cibo, acqua, medicine e beni essenziali.

La riunione del Consiglio di Sicurezza ha mostrato ancora una volta una comunità internazionale divisa sulle responsabilità, ma concorde nel riconoscere che il Medio Oriente è a un bivio drammatico. Come ha ammonito Guterres, “i leader devono mostrare coraggio politico. Il futuro di Israele, della Palestina, e di tutta la regione è appeso a un filo”.

Il tempo per salvare la soluzione dei due Stati, e forse la stessa possibilità di una pace duratura, sembra davvero agli sgoccioli.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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