Una domanda posta oggi al briefing quotidiano delle Nazioni Unite ha messo in evidenza il timore crescente che serpeggia nel Palazzo di Vetro dopo la pubblicazione, da parte del Washington Post e del New York Times, di un memo interno trapelato dall’amministrazione Trump. Il documento, se confermato, svelerebbe un piano radicale per azzerare i finanziamenti USA a oltre 20 organizzazioni internazionali, incluse le Nazioni Unite e la NATO.
Un giornalista giapponese di “Asahi Shimbun” ha chiesto al portavoce Stephane Dujarric: “Il Washington Post ha riportato ieri sera l’esistenza di un memo interno dell’amministrazione Trump in cui si prevede la fine del finanziamento per le Nazioni Unite, la NATO e altre 20 organizzazioni. Ne siete a conoscenza? Come reagite?”
Dujarric ha risposto: “Siamo a conoscenza degli articoli di stampa, che abbiamo letto. Ma, come potete comprendere, preferiamo non commentare su un documento trapelato, apparentemente parte di un dibattito interno al governo degli Stati Uniti”.
Se attuato, il piano rappresenterebbe un terremoto istituzionale per l’ONU. Gli Stati Uniti sono il principale contributore dell’organizzazione, con il 22% del bilancio ordinario e oltre il 26% di quello per le missioni di pace. Una riduzione del 90%, come suggerito dal documento interno, priverebbe le Nazioni Unite di miliardi di dollari vitali per operazioni umanitarie, di pace, sanitarie e ambientali in tutto il mondo.
Il piano coincide con una proposta di taglio del 48% anche per il bilancio del Dipartimento di Stato, che comprometterebbe gravemente la diplomazia multilaterale e i programmi USA di cooperazione internazionale.
Il capo umanitario dell’ONU, Tom Fletcher, ha già annunciato che l’OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) sarà costretto a licenziare il 20% del personale globale a causa di un buco da 58 milioni di dollari — una cifra direttamente collegata alla prevista ritirata americana. Reuters
Nel frattempo, il World Food Programme (WFP) ha annunciato la chiusura del suo ufficio per l’Africa australe, sempre per mancanza di fondi. A rischio c’è la distribuzione di cibo a milioni di persone nelle aree colpite da conflitti, siccità e carestie.
La senatrice democratica Jeanne Shaheen ha definito il piano “una minaccia per la sicurezza nazionale americana” e ha avvertito che “ridurre la presenza diplomatica e multilaterale degli Stati Uniti indebolisce la nostra influenza e rafforza i nostri avversari”. Anche diversi ex diplomatici repubblicani hanno espresso riserve, preoccupati che l’isolazionismo dell’amministrazione Trump possa lasciare un vuoto geopolitico che verrà immediatamente colmato da Cina e Russia.
Secondo gli analisti del Center on International Cooperation della New York University, “se venisse approvato, il piano potrebbe paralizzare il funzionamento di agenzie come UNICEF, UNHCR e OMS”, costringendo l’ONU a ridimensionare drasticamente la sua presenza in decine di Paesi.
Il taglio dei finanziamenti non è ancora realtà — il Congresso ha potere sul bilancio e molti legislatori, inclusi alcuni repubblicani, potrebbero opporsi. Ma l’effetto annuncio è già devastante: blocchi nei finanziamenti, ritardi nei programmi, paralisi delle missioni. L’ONU rischia una crisi di legittimità e funzionalità proprio nell’anno del suo 80° anniversario.
La scelta ora è tra il sostenere un sistema internazionale imperfetto ma essenziale o abbandonarlo a un mondo in cui prevale il caos, l’unilateralismo e la legge del più forte. Come sostengono diversi diplomatici all’ONU, senza il sostegno degli Stati Uniti l’intero sistema ONU “potrebbe crollare come un castello di carte”.