Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, un’altra seduta di rapporti allarmanti, schermaglie diplomatiche e percorsi di pace sempre più sfuggenti. La riunione di martedì dedicata all’Ucraina era stata convocata per esaminare il peggioramento della crisi umanitaria in Ucraina, mentre la guerra entra nel suo terzo anno senza che emerga una soluzione politica credibile. Il quadro che ne è uscito è di paralisi: la sofferenza dei civili aumenta, la frustrazione degli attori umanitari cresce, e le accuse reciproche si moltiplicano – tutto ciò in un contesto in cui il ruolo dell’ONU viene sempre più messo in discussione.
Il Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari, Tom Fletcher, ha aperto la sessione con un appello accorato. Quasi 13 milioni di persone in Ucraina hanno bisogno urgente di aiuti. Le infrastrutture civili – ospedali, abitazioni, scuole – continuano a essere colpite dai bombardamenti russi. L’ultimo episodio: un attacco su Kryvyi Rih, venerdì scorso, che secondo le autorità ucraine ha ucciso almeno nove bambini. “Questo modello brutale di distruzione civile deve finire,” ha detto Fletcher, sollecitando il rispetto del diritto umanitario internazionale e l’accesso senza ostacoli per gli aiuti.
Ma mentre gli appelli si moltiplicano, i fondi diminuiscono: appena il 17% del piano ONU da 2,6 miliardi di dollari per l’Ucraina è stato finanziato. E con essi, si affievolisce anche la fiducia in una reale iniziativa di pace.
Durante il briefing quotidiano con i giornalisti, mercoledì abbiamo chiesto al portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, se, alla luce delle crescenti ostilità e delle nuove accuse, l’ONU si consideri ancora un possibile mediatore, o se invece resti solo un palcoscenico per lo scambio di colpe tra potenze.
La domanda nasce anche da un recente post social del vice rappresentante russo Dmitry Polyansky alle Nazioni Unite, secondo cui sarebbero all’ONU proprio i diplomatici UE e UK a “mettere ostacoli” a un presunto accordo USA-Russia-Ucraina: “Durante la riunione del Consiglio richiesta dagli europei, è stato sorprendente come gli inglesi e l’UE abbiano immediatamente ‘cambiato le carte in tavola’. Il ‘partito della guerra’ anglo-UE sta cercando di ostacolare i negoziati di pace russo-americani”, ha scritto Polyansky su Telegram. Un’affermazione che riflette la crescente sfiducia verso qualsiasi reale funzione diplomatica delle Nazioni Unite.
Dujarric ha evitato di commentare direttamente quel messaggio, ma ha ricordato l’impegno costante dell’ONU sul terreno e il ruolo svolto in passato, come nella Black Sea Grain Initiative. Tuttavia, non ha fatto riferimento ad alcun processo negoziale attualmente in corso, anche se ha ripetuto la totale disponibilità del Segretario Generale Guterres ad aiutare nelle trattative.
Nel Consiglio, le fratture sono rimaste visibili. L’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha continuato a descrivere l’Ucraina come ostacolo a un vero negoziato tra Mosca e Washington, accusando i media ucraini di sabotare qualsiasi apertura diplomatica. Ha ribadito che la Russia è disposta al dialogo, ma non accetterà un processo che rafforzi militarmente Kyiv.
Dal lato americano, l’incaricata d’affari, l’ambasciatrice Dorothy Shea ha illustrato una proposta statunitense per un cessate il fuoco, facendo riferimento agli impegni presi a Riyadh come base per un possibile processo di pace. “Invitiamo entrambe le parti a dimostrare che il loro impegno per la pace è reale”, ha affermato.
La vice ambasciatrice ucraina, Khrystyna Hayovyshyn, ha respinto con forza la narrativa russa, sostenendo che solo una pressione globale potrà fermare l’aggressione di Mosca. Ha confermato la disponibilità dell’Ucraina ad accettare un cessate il fuoco di 30 giorni, ma ha avvertito che non bastano “parole vuote”.
E mentre i leader umanitari dell’ONU come Fletcher continuano a chiedere risorse – e la fine della violenza indiscriminata – il percorso politico appare bloccato. L’impatto della guerra colpisce ormai anche oltre i confini ucraini: sono cresciuti gli attacchi in regioni russe come Kursk e Belgorod, mentre 1,5 milioni di persone nelle aree occupate, come Donetsk e Zaporizhzhia, restano senza accesso agli aiuti.
Ma il colpo più forte alla diplomazia multilaterale al Palazzo di Vetro sembra arrivare da Washington. L’amministrazione Trump ha mostrato totale disinteresse per il ruolo dell’ONU, evitando qualsiasi iniziativa negoziale sotto l’egida delle Nazioni Unite e cancellando la nomina della congresswoman Elise Stefanik ad ambasciatrice alla guida della missione USA, senza indicare un successore. Un gesto che molti a New York interpretano come un chiaro segnale: per questa Casa Bianca, il Palazzo di Vetro è irrilevante.
Fonti diplomatiche esprimono preoccupazione per la prolungata assenza di una figura statunitense di alto livello all’ONU e per la scelta dell’amministrazione di puntare solo su accordi bilaterali o pressioni economiche unilaterali, come i nuovi dazi imposti alle merci europee. Il timore è che il sistema multilaterale venga ulteriormente svuotato proprio nel momento in cui sarebbe più necessario.
Le prossime settimane – quando anche la premier italiana Giorgia Meloni farà visita alla Casa Bianca – potrebbero offrire nuove risposte alla domanda: nella ricerca della pace, le grandi potenze del mondo contano ancora nelle Nazioni Unite?