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“Mai più voltarsi dall’altra parte”: l’Onu e il ricordo del genocidio dei Tutsi in Ruanda

All'Assemblea Generale delle Nazioni Uniti si discute se "abbiamo davvero imparato dal passato o tutto questo sta accadendo di nuovo, da qualche parte, ora?”

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

Nel corso di una solenne cerimonia nell’Aula dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Segretario Generale António Guterres ha lanciato un appello urgente alla comunità internazionale: onorare la memoria di oltre un milione di vittime del genocidio del 1994 in Ruanda e impegnarsi concretamente affinché simili atrocità non accadano mai più.

Guterres ha parlato davanti a sopravvissuti, diplomatici e rappresentanti della società civile per commemorare uno dei capitoli più oscuri della storia recente dell’umanità. “Non si è trattato di una furia spontanea di violenza orrenda,” ha dichiarato il Segretario Generale. “Fu intenzionale. Fu premeditato. Fu pianificato. Alimentato da un discorso d’odio che ha acceso le divisioni, diffuso menzogne e disumanizzato. E fu il prodotto di un fallimento collettivo nell’agire”.

Survivor Germaine Tuyisenge Müller, global health researcher, author and educator, addresses the 31st mark of the 1994 Genocide against the Tutsi in Rwanda. (UN Photo/Manuel Elías)

Il genocidio cominciò il 7 aprile 1994. In appena cento giorni, circa un milione di persone—donne, uomini, bambini—furono massacrate. La maggioranza erano Tutsi, ma tra le vittime vi furono anche Hutu moderati e chiunque si opponesse allo sterminio.

Fu sterminio organizzato, istigato dalle autorità politiche e militari, e amplificato dai media ruandesi che incitavano all’odio. La comunità internazionale, nonostante i segnali evidenti, rimase a guardare.

A wide view of the UN General Assembly hall as members states commemorate the 31st mark of the 1994 Genocide against the Tutsi in Rwanda (UN Photo/Manuel Elías)

Il Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, Philémon Yang, ha richiamato con fermezza l’inerzia della comunità internazionale: “Nonostante gli allarmi, nonostante i segnali chiari della catastrofe imminente, il mondo è rimasto in silenzio mentre il massacro si consumava. I governi discutevano, mentre le grida d’aiuto cadevano nel vuoto”. “Abbiamo davvero imparato dal passato? O tutto questo sta accadendo di nuovo, da qualche parte, proprio ora?”

A dare corpo e volto al dolore e alla speranza è stata Germaine Tuyisenge Müller, ricercatrice nel campo della salute globale e autrice, che all’epoca del genocidio aveva solo nove anni.

“Il nostro Paese fu precipitato in un orrore inimmaginabile,” ha raccontato. “Famiglie distrutte; bambini, persino non ancora nati, massacrati; donne stuprate davanti ai loro cari; intere comunità spazzate via solo perché Tutsi”.

Per due mesi sopravvisse da sola in una casa abbandonata, nutrendosi di latte in polvere e zucchero sciolto in acqua piovana. Ritrovò la madre solo sette mesi dopo, sopravvissuta a un colpo d’arma da fuoco. “Oggi do voce a chi non ce l’ha più,” ha detto. “E a noi sopravvissuti, che continuiamo a portare questa verità, anche di fronte al negazionismo e alla revisione della storia”.

Nella parte conclusiva del suo intervento, Guterres ha puntato l’attenzione sul presente, sottolineando che “nessuna società è immune dall’odio e dall’orrore”. Le stesse dinamiche che portarono al genocidio del Ruanda—divisione, propaganda, disumanizzazione—oggi si diffondono attraverso le tecnologie digitali.

“La narrativa del ‘noi contro loro’ sta polarizzando le società, in Africa e nel mondo intero,” ha ammonito il Segretario Generale. “Le tecnologie digitali sono usate per infiammare l’odio, alimentare divisioni e diffondere menzogne”. Guterres ha quindi chiesto ai governi di attuare pienamente il Global Digital Compact, l’accordo sottoscritto nel 2024 per contrastare la disinformazione e l’incitamento all’odio online. “Dobbiamo fermare l’ondata di discorsi d’odio. Dobbiamo agire per impedire che la divisione si trasformi in violenza”.

Infine, Guterres ha rinnovato un appello globale alla giustizia: “Dobbiamo prevenire le violazioni dei diritti umani e perseguire i responsabili. Tutti i Paesi devono ratificare la Convenzione sul Genocidio e assumersi la responsabilità di proteggere le loro popolazioni da genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l’umanità”.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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