Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito giovedì per affrontare la drammatica escalation del conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC). La sessione è stata segnata da appelli urgenti all’azione, denunce dirette contro il Ruanda e una fotografia inquietante della crisi umanitaria in atto.
Bintou Keita, rappresentante speciale dell’ONU e capo della missione MONUSCO, ha tracciato un quadro allarmante: i ribelli del M23, sostenuti da Kigali, controllano ormai ampie zone del Nord e Sud Kivu e puntano a espandersi verso Tshopo e Maniema. “Non si limitano a occupare il territorio,” ha detto Keita, “stanno instaurando un’amministrazione parallela, con funzionari nominati a Bukavu e nel settore minerario del Nord Kivu”.
MONUSCO, presente in Congo dal 2010, ha ritirato le sue forze dal Sud Kivu nel 2024 su richiesta del governo, ma Kinshasa ha poi chiesto al Consiglio di prolungare il mandato fino alla fine del 2025.
La situazione umanitaria è tragica. “Le donne e i bambini sono le principali vittime,” ha denunciato Keita, citando oltre 100 esecuzioni sommarie, violenze sessuali diffuse, reclutamento forzato di minori, e “rapimenti, lavori forzati, stupri anche su bambine di cinque anni”.
Tra dicembre e febbraio, sono state verificate 403 gravi violazioni dei diritti dell’infanzia.
🇨🇩 28 million Congolese are facing severe food insecurity — 2.5 million more than last October.
💥Conflict, 📈inflation, and ⛔️limited access to markets are making life unbearable for millions of families.#RightToFood
— WFP DRC (@WFPDRC) March 27, 2025
Charlotte Slente, del Danish Refugee Council, ha detto ai Quindici: “Ragazze sfollate costrette al sesso di sopravvivenza. Quasi ogni caso di protezione minorile coinvolge violenza sessuale”.
In provincia di Ituri, gli scontri tra i gruppi CODECO e Zaïre hanno colpito duramente le comunità civili nelle aree agricole e minerarie.
A rendere ancora più cupo il quadro, è arrivato anche un nuovo allarme del WFP e della FAO: 27,7 milioni di persone in Congo si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta, di cui 3,9 milioni in fase 4 “emergenza” secondo la classificazione IPC.
“La situazione sta peggiorando a un ritmo allarmante,” ha dichiarato Eric Perdison, direttore ad interim del WFP nella RDC. “Gli sfollati sono i più colpiti: campi vuoti, raccolti persi, prezzi dei generi alimentari alle stelle.” La crisi si concentra nelle province orientali — Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri e Tanganyika — dove i combattimenti, il crollo del franco congolese e la chiusura di banche e mercati hanno reso inaccessibili beni di prima necessità. I prezzi del mais e della manioca sono aumentati fino al 37% rispetto a dicembre. Il WFP chiede 399 milioni di dollari nei prossimi sei mesi per evitare un collasso umanitario totale.
Alla riunione del Consiglio di Sicurezza, Zénon Mukongo Ngay, ambasciatore della RDC all’ONU, ha accusato frontalmente il Ruanda: “Kigali e M23 rispondono agli appelli al ritiro con la violenza e il terrore”. Ngay ha ringraziato i Paesi che hanno imposto sanzioni contro il Ruanda – tra cui USA, Regno Unito, Canada, Germania e Unione Europea – e ha denunciato il fallimento dei processi di mediazione regionale.
Era presente alla riunione il ministro degli Esteri ruandese, Olivier Nduhungirehe, che non ha confermato la presenza di truppe ruandesi nella RDC ma ha cercato una linea più conciliante e che poi ha parlato con i giornalisti fuori dal Consiglio: “Vogliamo una soluzione politica sostenibile, sosteniamo il dialogo e vogliamo stabilizzare la regione”.
La Francia, con l’ambasciatore Jérôme Bonnafont, ha condannato fermamente l’avanzata dei ribelli dell’M23 e ha ribadito il proprio sostegno alla missione MONUSCO e deplorando gli attacchi che hanno causato la morte di caschi blu. L’ambasciatore James Kariuki, vice rappresentante britannico all’ONU, è stato netto: “Condanniamo la presa di Walikale. Le forze ruandesi devono ritirarsi dal territorio congolese. Tutti gli attori regionali devono cessare il sostegno ai gruppi armati”.
Nonostante una dichiarazione congiunta firmata in Qatar tra i presidenti di RDC e Ruanda, che chiedeva un cessate il fuoco immediato, i combattimenti continuano. Keita ha chiesto la nomina urgente di un mediatore dell’Unione Africana e ha ribadito: “Dobbiamo concentrare tutti gli sforzi per un cessate il fuoco incondizionato”. La transizione pianificata per il disimpegno di MONUSCO nelle province orientali è ora “compromessa”, ha ammesso Keita: i presupposti sono saltati, ma la missione rimane impegnata a proteggere i civili.