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Se critichi Israele negli USA sei antisemita? Studenti braccati mentre l’ONU balbetta

Intanto alle Nazioni Unite consigliano ai propri impiegati di "portare sempre con voi il tesserino e il visto" e ad una nostra domanda il portavoce non chiarisce

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Se critichi Israele negli USA sei antisemita? Studenti braccati mentre l’ONU balbetta

La bandiera d'Israele sventola davanti al Palazzo di Vetro dell'ONU. Accanto c'è quella dell'Italia. (Foto VNY)

Time: 4 mins read

Un’email inviata nei giorni scorsi ai dipendenti delle Nazioni Unite con sede a New York ha sollevato diversi interrogativi: tutti i funzionari, così come i loro familiari, sono stati invitati a portare sempre con sé il tesserino identificativo ONU e una copia della pagina del passaporto contenente il visto statunitense. Il messaggio, tanto insolito quanto diretto, ha il sapore di un allarme preventivo in un clima che si fa sempre più incerto per gli stranieri negli Stati Uniti.

La raccomandazione è stata diffusa tramite una email. La misura arriva dopo che il presidente Donald Trump ha promesso di arrestare e deportare milioni di immigrati senza documenti, e in seguito a numerosi casi in cui agenti dell’ICE (U.S. Immigration and Customs Enforcement) hanno arrestato – nelle varie operazioni di polizia – anche cittadini statunitensi.

Stéphane Dujarric, portavoce dell’Onu, ha dichiarato che questa è la prima volta che l’organizzazione invia un avviso di questo tipo.

La notizia ha fatto rapidamente il giro degli uffici del Palazzo di Vetro. Per molti, la direttiva ha il sapore di una misura precauzionale estrema, ma necessaria: “Non è mai accaduto prima — ha dichiarato un funzionario sotto anonimato — che ci venisse chiesto esplicitamente di essere pronti a dimostrare in strada il nostro status diplomatico”.

La raccomandazione arriva mentre l’amministrazione Trump — tornata sulla scena con toni e misure sempre più rigide — ha attivato una linea durissima sull’immigrazione che rasenta in alcuni casi il rispetto della costituzione.  L’ICE ha visto negli ultimi mesi un’espansione dei propri poteri, con l’eliminazione delle linee guida precedenti che limitavano gli interventi in aree “sensibili”, come ospedali, scuole e, appunto, sedi diplomatiche e internazionali. Si è sparsa la voce addirittura che qualcuno avrebbe visto nei giorni scorsi un furgone dell’ICE fermo nella Prima Avenue tra 42 e 46 street.

This handout picture released on March 16, 2025, by El Salvador’s Presidency press office shows the arrival of alleged members of the Venezuelan criminal organization Tren de Aragua at the Terrorism Confinement Center (CECOT) in the city of Tecoluca, El Salvador. The United States has sent over 200 alleged members of a Venezuelan gang to be imprisoned in El Salvador, President Nayib Bukele said Sunday, after US counterpart Donald Trump invoked wartime authorities to expel migrants. (Photo by Handout / EL SALVADOR’S PRESIDENCY PRESS OFFICE / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE – MANDATORY CREDIT “AFP PHOTO / EL SALVADOR’S PRESIDENCY PRESS OFFICE”/ANSA)

Sebbene finora non si abbiano notizie ufficiali di interventi dell’ICE diretti contro personale dell’ONU, il semplice fatto che l’organizzazione senta la necessità di diramare un simile avviso rivela una tensione crescente tra l’istituzione multilaterale e il paese ospitante. Un equilibrio da sempre delicato, che rischia ora di incrinarsi sotto il peso di politiche migratorie aggressive da parte dell’amministrazione Trump che si teme possano andare oltre i limiti del rispetto dei diritti umani.

L’allarme all’ONU si inserisce in un contesto già segnato da casi controversi, come quello di studiosi o collaboratori internazionali fermati alle frontiere per sospetti ideologici o motivi burocratici.

La mossa dell’ONU, seppur discreta, è un chiaro segnale d’allarme: se anche le Nazioni Unite iniziano a temere per la sicurezza e la libertà di movimento del proprio staff, cosa significa per gli altri cittadini stranieri che vivono e lavorano in America?

Le manifestazioni alla Columbia University della scorsa primavera, 30 aprile 2024 – Foto di Terry W. Sanders

Intanto prosegue la stretta dell’ICE contro alcuni studenti della Columbia University e di altre università, accusati di antisemitismo per aver organizzato, lo scorso anno, manifestazioni a favore della Palestina e contro le politiche del governo israeliano. La minaccia di espulsione avviene nonostante molti di loro siano in possesso di regolari visti o addirittura della residenza permanente (la cosiddetta “green card”). Ora rischiano l’espulsione dagli Stati Uniti ma c’è contrasto aperto tra l’amministrazione Trump e i giudici federali che chiedono il rispetto delle procedure e garanzie giuridiche che tutti, anche gli immigrati irregolari, figuriamoci chi è qui con la “carta verde”, hanno diritto.

Ma qual è l’accusa formale fatta dalla Casa Bianca gli studenti “braccati”? Di essere antisemiti. Gli studenti, però, si difendono affermando che criticare le azioni “genocide” del governo israeliano a Gaza non è antisemitismo. Anzi, sostengono che semmai l’accusa si tratti in realtà di un attacco diretto al Primo Emendamento della Costituzione americana, che tutela la libertà di espressione non solo per i cittadini statunitensi, ma per chiunque si trovi legalmente sul territorio degli Stati Uniti.

Oggi, durante il consueto briefing con la stampa al Palazzo di Vetro, abbiamo chiesto (dal minuto29:10 nel video) al portavoce dell’ONU di chiarire quale sia, per le Nazioni Unite, la definizione ufficiale di antisemitismo e quindi se gli studenti nei campus americani e anche i giornalisti accreditati all’ONU che dovessero criticare  anche duramente —  usando termini forti come “fascista” o “genocida” — le decisioni del governo Netanyahu, possano essere tacciati di antisemitismo.

Come potete leggere nello scambio avuto con il portavoce Stéphane Dujarric, la questione sembra tutt’altro che chiarita.

Domanda: Potresti ricordarci la definizione di antisemitismo per le Nazioni Unite?

Portavoce: Le Nazioni Unite hanno adottato, se non sbaglio, la definizione di antisemitismo dell’IHRA.

Domanda: Quindi confermi che se uno di noi…

Portavoce: È riportato nel documento. Vi incoraggio a leggere il rapporto che è stato pubblicato.

Domanda: Sì, quindi confermi, solo per essere chiari: se uno di noi, qui in sala, critica anche duramente il Governo israeliano…

Portavoce: Non è affatto quello che ho detto.

Domanda: No, non dicevo che….

Portavoce: Non è affatto quello che ho detto. Vi incoraggio a leggere il rapporto pubblicato da Miguel Ángel Moratinos su questo tema. Va bene? Quindi leggete il rapporto.

Domanda: Ma credo ci sia… non ci capiamo, cioè, io non ti capisco, tu non mi capisci. Non sto cercando di…

Portavoce: È la storia della nostra vita, Stefano. [ride]

Domanda: Non sto cercando di dire quello che pensi, sto solo dicendo che hai appena detto che non vedi alcun motivo per cui qualcuno con visto e tutto quanto possa essere deportato. Ma di recente abbiamo visto studenti della Columbia University e di altre università dire: “non siamo antisemiti”, ma ci attaccano e ci accusano di antisemitismo per le nostre opinioni sul Governo israeliano. Quindi la mia domanda era: se uno di noi in questa stanza, o un membro dello staff ONU, criticasse anche duramente, che so, il primo ministro di Israele, confermi che questo non è antisemitismo?

Portavoce: Non posso confermarlo. Posso dirti contro cosa siamo: siamo contro l’antisemitismo. Siamo contro il razzismo. Siamo contro l’islamofobia. Siamo contro la discriminazione di genere. E siamo anche a favore della libertà di espressione. Questo, te lo confermo.

[Successivamente, il portavoce di Guterres ha chiarito che il Segretariato dell’ONU non ha adottato la definizione IHRA di antisemitismo. Come indicato nel recentemente pubblicato “Piano d’Azione dell’ONU per migliorare il monitoraggio e la risposta all’antisemitismo”, il Segretariato non approva alcuna definizione specifica. Tuttavia, il Segretario Generale si è espresso in modo chiaro e costante contro ogni forma di antisemitismo.]

Anche all’ONU pare esserci confusione su dove si trovi il confine tra legittima critica politica e incitamento all’odio. Un confine sottile e pericolosamente soggetto a interpretazioni che potrebbe avere conseguenze devastanti contro la libertà d’espressione.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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