Occhi puntati sulla Siria, dove “una fiamma di speranza” si è accesa e “non deve essere estinta”. Davanti allo stake-out del Consiglio di Sicurezza, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha commentato la caduta del regime di al-Assad e l’entrata a Damasco delle forze antigovernative di Hayat Tahrir al-Sham come un’opportunità che “non può essere sprecata”, ma “deve essere maneggiata con cura” soprattutto perché rimane ancora “la più grave crisi umanitaria del mondo”. Per questo motivo, è stata lanciata dall’Assemblea Generale l’Istituzione indipendente sulle persone scomparse in Siria, per aiutare nel ricongiungimento delle famiglie. A guidare questa nuova agenzia è stata nominata la messicana Karla Quintana.
“Se la situazione in corso non viene gestita con attenzione dagli stessi siriani – ha annunciato il Segretario Generale Onu – con il sostegno della comunità internazionale, c’è il rischio concreto che i progressi si annullino. La transizione politica che ci attende deve essere fatta dai e per i siriani, tutti i siriani. Deve essere inclusiva, credibile e pacifica”, chiedendo elezioni democratiche e giuste.
L’ammonimento di Guterres si estende soprattutto a Israele, pregando le forze armate israeliane di fermare i bombardamenti sulla Siria e di ritirarsi dai territori occupati del Golan. “Gli unici militari che possono restare nell’area di separazione sono i caschi blu”, ha detto facendo riferimento al testo dell’Accordo sul disimpegno firmato dai due Paesi nel 1974 per mettere fine alla guerra del Kippur.
La Siria si ritrova davanti a un foglio bianco, con un futuro da costruire. L’economia è in ginocchio sotto le sanzioni imposte nei confronti di al-Assad – anche il Segretario Generale Onu ci ha tenuto a ricordarlo, sottolineando che adesso “la situazione è cambiata”. La comunità internazionale è in attesa di scoprire come si muoverà Hayat Tahrir al-Sham, sperando che non imponga la legge islamica su una popolazione già in crisi, nonostante il gruppo siriano sia affiliato ad Al Qaeda. Intanto il dittatore si è rifugiato in Russia. Nelle dichiarazioni rilasciate dalla fuga dell’8 dicembre si legge che: “Senza mezzi validi per lasciare la base [russa a Hmeimim] Mosca ha chiesto un’immediata evacuazione”.