Lo spiraglio di un nuovo futuro arriva a sorpresa. In 15 minuti scarsi di intervento all’UNGA79, il presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian, eletto appena due mesi fa, ha annunciato che è pronto a riaprire il dialogo con l’Occidente in merito al nucleare. Altrettanto inaspettata è la richiesta di porre fine alla guerra in Ucraina attraverso i negoziati: “Noi cerchiamo la pace per tutti e non abbiamo intenzione di entrare in conflitto con nessun Paese… L’Iran si oppone alla guerra e sottolinea la necessità di una cessazione immediata del conflitto militare in Ucraina”.
“Siamo pronti a impegnarci con i partecipanti all’accordo nucleare del 2015 – ha comunicato il presidente iraniano. – Se gli impegni dell’accordo saranno attuati nella loro totalità e in buona fede, potrà seguire il dialogo su altre questioni”.
Nel 2015, Regno Unito, Russia, Cina, Francia, Germania, Unione Europea e Stati Uniti, concordando con l’Iran, decisero di stabilire un limite all’arricchimento dell’uranio iraniano al 3,67% di purezza e alle scorte di questo materiale a 202,8 kg. Nel 2018, sotto richiesta di Israele, Donald Trump decise di ritirarsi e tornare a imporre dure sanzioni contro Teheran, su petrolio e banche, permettendo a Teheran di superare il limite impostogli e chiudendo le porte americane a tutti i Paesi che avrebbero commerciato con l’Iran.
Con questo intervento, Pezeshkian sembra puntare a un alleggerimento delle sanzioni USA che hanno paralizzato l’economia iraniana. Ma Francia, Regno Unito e Germania non pensano che l’Iran sia davvero disposto a un cambio di rotta. A sostegno di questa tesi non solo ci sono i divieti di Teheran sugli ispettori delle Nazioni Unite di visitare alcuni siti dove si lavora uranio, ma anche i rapporti sempre più stretti con la Russia. Secondo quanto riporta Reuters, Teheran ha mediato i colloqui segreti fra Vladimir Putin e i ribelli Houthi dello Yemen per riappacificarsi e trasferire missili antinave al gruppo militante.
I legami con l’Occidente si sono intesiti ulteriormente con l’attentato del 7 ottobre contro Israele messo in atto da Hamas, la milizia sostenuta dall’Iran. E di fronte all’Assemblea Generale il presidente Pezeshkian non si è risparmiato ricordando le atrocità delle Forze Armate Israeliane sul popolo palestinese: “In undici mesi ha ucciso a sangue freddo oltre 41.000 persone innocenti, soprattutto donne e bambini. Condanniamo i crimini israeliani contro l’umanità. È imperativo che la comunità internazionale garantisca immediatamente un cessate il fuoco permanente a Gaza e ponga fine alla disperata barbarie di Israele in Libano, prima che questa travolga la regione e il mondo”.
Pezeshkian ha sottolineato all’Assemblea Generale di aver fatto una campagna elettorale incentrata sulle riforme, sull’empatia e sull’impegno globale costruttivo e ha espresso il suo onore nel guadagnare la fiducia dei cittadini iraniani. “Mi propongo di gettare solide basi per l’ingresso del mio Paese in una nuova era, posizionandolo per svolgere un ruolo efficace e costruttivo nell’ordine globale in evoluzione.”
Le stesse persone che, in vista e durante il suo discorso, fuori dal Palazzo di Vetro, si sono riunite in protesta. Nella piazza Dag Hammarskjold, fra la Second e la First Avenue, più di cento persone si sono riunite per commemorare tutte le donne morte dall’uccisione di Mahsa Amini, deceduta nel 2022 in circostanze sospette dopo essere stata arrestata perché non indossava l’hijab come previsto dalla legge. In loro ricordo sono stati posti dei memoriali con fiori rossi. La manifestazione si è svolta in collaborazione con il gruppo Women, Life, Freedom di New York.
Le foto delle donne uccise esposte alla piazza Dag Hammarskjöld, 24 settembre 2024 – Foto di Terry W. Sanders