“Diretti verso Ovest con anziani sul dorso dei carretti trainati da asini, con persone disabili spinte su sedie a rotelle attraverso la sabbia e con gli effetti personali ammucchiati in grembo”. Lo racconta Louise Wateridge, Senior Communications Officer dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. “Le famiglie portano con sé solo ciò che possono tenere in mano. La gente non sa dove andare. Questa è la domanda che le persone si pongono oggi: Dove vado?'”
A Khan Younis migliaia di palestinesi sono in fuga nel tentativo di salvarsi la vita dopo gli ultimi ordini di evacuazione dell’esercito israeliano. Dal 22 luglio, quasi l’83% della Striscia di Gaza è stata posta sotto evacuazione o designata come “no-go zone”, dove non è possibile andare.
L’imposizione ha anche avuto un impatto sui circa 8,7 chilometri di terra nella cosiddetta “zona umanitaria” di Al Mawasi, attigua all’area costiera di Khan Younis, riducendone le dimensioni di quasi il 15%, secondo quanto riportato dall’Ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite (OCHA).
“I rapporti iniziali indicano che le famiglie si stanno attualmente spostando verso le aree di Deir al Balah e Khan Younis occidentale”, ha riferito OCHA. “Entrambe le aree sono già pesantemente sovraffollate, hanno rifugi e servizi limitati disponibili e riescono a malapena a ospitare l’ulteriore afflusso di sfollati”.
Condannando i “ripetuti” ordini di evacuazione, l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha evidenziato che l’esercito israeliano non ha dato “tempo” ai civili di capire dove poter andare.
Circa 70 palestinesi, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi durante le violenze dei giorni scorsi e almeno 200 sono rimaste ferite, alcune in modo grave, nell’intensificazione degli attacchi aerei israeliani a Khan Younis e nella parte orientale della città.
“Le operazioni militari israeliane sono continuate dentro e intorno all’area senza sosta”, ha sottolineato l’OHCHR. “L’ordine di evacuazione riguardava parti di Salah al-Deen Road, una delle due principali rotte vitali per il trasporto e la distribuzione degli aiuti. Ciò solleva preoccupazioni sul fatto che la consegna e la fornitura di assistenza umanitaria necessarie in modo disperato saranno ulteriormente ridotte o impedite”.