Ad Haiti la mancanza di sicurezza contribuisce al “disfacimento dell’intero tessuto sociale”. Questo è l’allarme lanciato dall’Ufficio per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), secondo cui “le famiglie vengono separate, i posti di lavoro persi, le scuole chiuse e i servizi sanitari sono ormai collassati”.
A causa delle violenze sono già 578.000 le persone che sono state costrette a fuggire dalle proprie case dall’inizio di marzo 2024 e che vivono per strada.
Secondo il responsabile dell’OCHA nella repubblica caraibica, Abdoulaye Sawadogo, rispondere ai bisogni umanitari nel Paese “non è un compito facile”. “La violenza che provoca lo sfollamento della popolazione è la stessa che rende proibitiva la consegna degli aiuti umanitari, impossibile durante gli scontri a fuoco – sottolinea Sawadogo. – In tale contesto, donne e bambini sono diventati particolarmente vulnerabili poiché esposti alla violenza, agli abusi sessuali, allo sfruttamento e alla separazione familiare, nonché costretti a lavorare per bande criminali”.
Dopo il dilagare delle gang che hanno preso il sopravvento del territorio per costringere il primo ministro Ariel Henry a rassegnare le dimissioni, Haiti è sprofondata in una crisi politica, sociale e umanitaria senza precedenti. Attualmente lo Dtato è guidato da primo ministro ad interim Garry Conille, che ha il compito di gestire una transizione politica fino allo svolgimento delle elezioni, previste il 7 febbraio 2026.
Intanto nei giorni scorsi altri 200 agenti di polizia provenienti dal Kenya sono arrivati nel Paese per una missione sostenuta dalle Nazioni Unite e guidata dallo Stato africano, per cercare di contrastare l’ondata di violenza. I poliziotti, giunti quasi un mese dopo l’arrivo dei primi 200 soldati a Port-au-Prince, controllata per l’80% dalle gang, avranno il compito di presidiare strade, ospedali, porti, aeroporti e sedi del governo.