Al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, ormai da diversi giorni, non si discute più “se” ma “quando” dovrebbe scoppiare la guerra tra Israele e Libano (leggi Hezbollah).
Mercoledì Farhan Haq, vice portavoce del Segretario Generale Antonio Guterres, durante il briefing è stato ancora una volta pressato dai giornalisti: cosa l’ONU intende fare – dato che in mezzo tra i belligeranti c’è la sua forza di pace UNIFIL, che comprende oltre 10000 caschi blu tra cui 1000 italiani – quando Israele invaderà il Libano? Infatti ormai il governo Netanyahu (l’IDF ha la “greenlight”) ha deciso per l’invasione per cercare di distruggere le forze degli sciiti filo-iraniani Hezbollah che da mesi, con i loro continui lanci di razzi, impediscono alla popolazione israeliana di certi villaggi al confine con il Libano, di tornare nelle loro case (Hezbollah ribatte che i suoi sono la risposta ai bombardamenti israeliani dei villaggi libanesi). Invasione e guerra totale, che ai giornalisti così come anche a molti diplomatici, sembrano ormai “certezze”, Haq le ha chiamate “speculazioni” e ha ripetuto che sia il Segretario dell’ONU Guterres che la sua inviata speciale in Libano Jeanine Hennis-Plasschaert, restano impegnati ad evitare che un conflitto, dalle conseguenze incalcolabili, possa scoppiare tra Israele e Libano.
Quando abbiamo chiesto se Israele avesse almeno garantito all’ONU di avvertire l’UNIFIL qualche giorno prima dell’invasione, Haq ci ha risposto che “UNIFIL e Israele restano sempre in contatto”, ripetendo che comunque parlare di invasione adesso è fare solo speculazioni.
Ad un certo punto, quando una collega irlandese (nell’UNIFIL sono tanti anche i caschi blu irlandesi) ha chiesto cosa comporterebbero le procedure ONU nell’immediato di uno scoppio dei combattimenti nella zona dove ci sono i peacekeeper, Haq ha risposto che in quel caso l’Onu si affiderebbe al Consiglio di sicurezza per valutare cosa dovrebbero fare i soldati della sua missione di pace. “Ovunque – ha spiegato – i soldati Onu si trovino in mezzo a un conflitto, questa diventa una questione che riguarda le parti impegnate nella missione di pace, ma riguarda anche il Consiglio di sicurezza in accordo con il mandato che le missioni devono avere”.

Era già programmata, ma per coincidenza il giorno dopo questo scambio tra i giornalisti e il vice portavoce di Guterres al Palazzo di Vetro, la coordinatrice speciale delle Nazioni Unite per il Libano, Jeanine Hennis-Plasschaert, da Beirut è scesa al sud del paese, visitando il quartier generale dell’UNIFIL a Naqoura per incontrare il comandante della forza, il tenente generale spagnolo Aroldo Lázaro, e le forze di pace delle Nazioni Unite dispiegate al confine con Israele.

Visitando la Linea Blu, Hennis-Plasschaert ha affermato che è fondamentale che tutte le parti smettano di sparare e che le parti si impegnino per soluzioni sostenibili in linea con la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. “Non c’è inevitabilità del conflitto”, ha affermato Hennis-Plasschaert durante la visita, secondo quanto riferito dallo stesso portavoce Haq ai giornalisti a New York giovedì.
Il Coordinatore speciale e il Comandante della forza UNIFIL, sempre secondo quanto riferito da Haq, hanno entrambi riaffermato che le parti possono scegliere i negoziati e la pace e che le Nazioni Unite restano pronte a impegnarsi con tutte le parti e i partner internazionali per ripristinare la pace, la sicurezza e la stabilità in Libano, Israele e nella regione più ampia in questo momento cruciale.
Solo due giorni fa vi riferivamo che il ministro degli Esteri Italiano Antonio Tajani, durante un’audizione con le commissioni congiunte del Parlamento, nel sottolineare le preoccupazioni dell’Italia per quanto riguarda i suoi “caschi blu” al confine tra Israele e Libano, aveva riferito che il governo italiano aveva chiesto “garanzie” all’ONU che si presume sarebbero state date. Ma cosa si intende con, “garanzie”, ci eravamo chiesti, che significherà chiederle all’ONU in questo contesto? Quando abbiamo cercato di capirlo durante il briefing anche dal portavoce Haq, la sua risposta martedì non aveva dissolto i dubbi, anzi.

Però mercoledì, passeggiando nei corridoi dell’ONU, abbiamo avuto la fortuna di incrociare il responsabile di tutte le forze di pace dell’ONU, Jean-Pierre Lacroix. L’alto funzionario francese che da anni detiene uno degli incarichi più prestigiosi, delicati e influenti dell’intero sistema delle Nazioni Unite, stava andando di fretta verso un appuntamento col Consiglio di Sicurezza. Siamo riusciti a fermarlo e gli abbiamo chiesto cosa secondo lui intendesse il ministro e vicepremier italiano Antonio Tajani con quella richiesta di “garanzie” che il governo italiano – sempre secondo quanto riferito da Tajani – avrebbe richiesto all’ONU “anche recentemente” con il ministro della Difesa Guido Crosetto. L’alto e influente sottosegretario responsabile per le operazioni di pace dell’ONU, ci ha sorriso e poi di nuovo serio ha risposto: “Noi siamo pronti agli scenari che potrebbero accadere. C’è quello meno grave e c’è quello più grave (Invasione e guerra totale tra Israele e Hezbollah, ndr). In entrambi i casi, abbiamo i piani di quello che dovremo fare”. Ma le garanzie richieste dall’Italia, ci può far capire meglio quali sarebbero? Questa volta, anche se con quel gentile sorriso, Lacroix ci ha fatto segno che doveva andarsene, era in ritardo all’appuntamento con i Quindici ambasciatori, ma per quell’ultima domanda, “valeva quello che ho già detto”.
