Al Palazzo di Vetro dell’ONU, giovedì pomeriggio gli Stati Uniti hanno convocato una riunione del Consiglio di Sicurezza con formula Arria (informale) intitolata “Condannare la presa di ostaggi in Israele il 7 ottobre come strumento psicologico del terrorismo”. L’incontro è stato co-sponsorizzato da altri membri del Consiglio di Sicurezza: Ecuador, Francia, Giappone, Malta, Repubblica di Corea (ROK) e Regno Unito, nonché da altri Stati non membri del Consiglio tra i quali oltre a Israele, anche l’Italia.
Dopo una breve introduzione dell’Ambasciatrice degli USA Linda Thomas-Greenfield che ha ringraziato tutti i presenti per essere venuti (la sala 11 dell’ONU era strapiena), l’apertura dei lavori è toccata alla Prof. Ruth Halperin-Kaddari, docente di diritto all’Università Bar-Ilan ed ex vicepresidente del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (Comitato CEDAW). Seduti accanto a Thomas-Greenfield e Halperin-Kaddari, anche ex ostaggi israeliani tenuti prigionieri a Gaza e rilasciati nel novembre 2023 e dei familiari di ostaggi mai rilasciati.
Secondo i dati forniti dalle autorità israeliane, più di 1.200 israeliani e cittadini stranieri sono stati uccisi durante gli attacchi del 7 ottobre 2023 guidati da Hamas. Secondo i dati citati dall’OCHA, al 15 maggio si stima che 132 israeliani e cittadini stranieri siano ancora prigionieri a Gaza.
I dati forniti dai funzionari palestinesi di Gaza citati dall’OCHA indicano che, al 15 maggio, almeno 35.233 palestinesi sono stati uccisi a Gaza dalla reazione israeliana.
Secondo gli Stati Uniti, uno degli obiettivi principali dell’incontro di oggi era quello di concentrarsi sulla richiesta che “Hamas e altri gruppi armati rilascino immediatamente e incondizionatamente tutti gli ostaggi detenuti a Gaza”. L’incontro mirava anche a “evidenziare l’impatto a lungo termine sulla salute e psicologico della presa di ostaggi non solo su coloro che sono trattenuti” ma anche su “coloro che sono rimasti indietro” e ad identificare le misure che il Consiglio di Sicurezza può intraprendere per “affrontare e scoraggiare la presa di ostaggi”.
Il divieto di prendere ostaggi è ben stabilito nel diritto internazionale e l’incontro intendeva motivare gli Stati partecipanti a proporre misure che le Nazioni Unite possono intraprendere per “sostenere canali di comunicazione efficaci con i familiari, incorporare sforzi collettivi per garantire il rilascio degli ostaggi e stabilire meccanismi per esercitare ulteriori pressioni affinché tutti gli ostaggi e i rapiti vengano consegnati”.

Nella riunione, la professoressa Halperin-Khaddari ha ribadito come il diritto internazionale umanitario proibisca la presa di ostaggi e nel suo briefing, ha osservato: “La prigionia crea intenzionalmente uno stato di impotenza esistenziale e insicurezza. L’ostaggio vive in un costante stato di ipervigilanza. La continua minaccia alla vita – e per le donne, l’ulteriore e perpetua minaccia della violenza sessuale – condiziona il cervello dell’ostaggio a funzionare in una modalità infinita di iperconsapevolezza. … La transizione dalla modalità sopravvivenza alla vita normale potrebbe rivelarsi impossibile”.
Il momento culminante della riunione, è stato quando l’ambasciatrice Thomas-Greenfield ha dato la parola agli ex ostaggi e ai loro familiari. Ayelet Samerano, la madre di una vittima del 7 ottobre, Jonathan Samerano di soli 21 anni, ha partecipato all’incontro. Dei video di telecamere di sicurezza hanno documentato una persona con la divisa dell’Agenzia delle Nazioni Unite che trasportava il corpo di Samerano a Gaza. Nel suo intervento, la madre di Jonathan ha più volte chiesto come fosse possibile che suo figlio sia stato rapito da chi lavorava ed era pagato dall’ONU, un chiaro riferimento alle accuse israeliane che alcuni dipendenti dell’UNRWA (l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi) avrebbero partecipato agli attacchi terroristici del 7 ottobre.
Giovedì hanno partecipato all’incontro anche Shoshan Haran, che è stata rapita insieme alla figlia e ai due nipoti, tutti rilasciati a novembre, e Gili Roman, la cui sorella è ancora prigioniera. Haran ha parlato giovedì dell’impatto che 50 giorni di prigionia hanno avuto su Yahel, sua nipote di 3 anni. “Tre settimane dopo il nostro rilascio, Yahel faceva la pipì a letto e aveva gli incubi, aveva troppa paura di poter essere catturata di nuovo”. Haran ha avvertito il Consiglio di Sicurezza che gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre hanno un significato globale. “Non possiamo permettere la normalizzazione di questa forma di terrorismo senza precedenti, la presa di ostaggi di massa di civili disarmati, donne, bambini e anziani”, ha affermato. “Quello che vedete come il nostro problema oggi potrebbe diventare un problema mondiale per ogni paese nel prossimo futuro”.
In preparazione dell’incontro, gli USA hanno messo al centro dei quesiti a cui la discussione avrebbe cercato di dare risposte: come può il Consiglio di Sicurezza scoraggiare la presa di ostaggi come mezzo di conflitto armato e ritenere gli attori non statali responsabili di tali azioni? Quali risorse sono disponibili e in che modo le Nazioni Unite, le altre organizzazioni internazionali, le organizzazioni regionali e gli Stati membri potrebbero sostenere i bisogni sanitari, emotivi, psicologici e finanziari delle vittime e dei sopravvissuti alla presa di ostaggi? Come possono le Nazioni Unite sostenere gli sforzi per ottenere prove di vita, la fornitura immediata di assistenza medica agli ostaggi o informazioni sul benessere e sul luogo in cui si trovano gli ostaggi e i rapiti per mitigare le sofferenze della famiglia e degli ostaggi?
Quando ha ripreso la parola l’ambasciatrice americana Thomas-Greenfield, prima di iniziare il suo discorso, si è rivolta agli ex ostaggi e familiari degli ostaggi ancora nella mani di Hamas, così: “Shoshan, Ayelet, Gilli: Grazie. Grazie dal profondo del mio cuore per aver parlato apertamente, per aver condiviso queste cose profondamente dolorose e storie personali con il mondo dopo tutto quello che avete sopportato e continuate a sopportare”.
“Sono davvero ammirata dal vostro coraggio” ha continuato Thomas-Greenfield “ma non dovreste essere qui. Non avreste mai dovuto vivere questi orrori. E il fatto che siate qui con noi oggi dice tanto a tutti noi della vostra forza. Avete trasformato il vostro dolore in uno scopo. E di questo vi sono profondamente grata”.
L’ambasciatrice degli Stati Uniti ha ricordato che le famiglie e le persone in Israele, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, avete una semplice richiesta di tre parole: Portateli a casa. “Riportare a casa ogni singolo ostaggio proveniente da più di 20 paesi, trattenuti contro la loro volontà a Gaza dal 7 ottobre, quando
Hamas ha ucciso oltre 1.200 persone, ne ha violentate e mutilate altre centinaia, compresi i corpi dei morti, e ha rapito oltre 240 persone, tra cui donne, bambini e anziani” ha detto Thoams-Greenfield, per poi ricordare, chiamandoli per nome, i sei cittadini statunitensi che sono ancora tenuti in ostaggio: Edan Alexander; Itai Chen; Sagui Dekel-Chen; Omer Neutra; Keith Siegal e Hersh Goldberg-Polin.
Thomas-Greenfield, che è sembrata molto toccata dalle storie degli ostaggi, ha detto che negli ultimi 200 giorni ha incontrato le famiglie degli ostaggi, “compresi i genitori di Hersh, e più di una dozzina di giovani israeliani che hanno visitato l’ONU. E le loro storie le porto con me nel cuore – e anche al polso, perché ogni tanto indosso il braccialetto che mi è stato regalato. Una delle ragazze che ho incontrato che mi ha regalato il braccialetto con sopra il nome di suo padre, un braccialetto che mi ricorda ogni giorno del suo dolore e della sua miseria. E quando lo indosso, mi ricorda la mia responsabilità – tutte le nostre responsabilità, come leader, di rispondere alle grida delle famiglie in ostaggio. Avete sentito tutti quelle grida oggi”.
Quindi l’ambasciatrice degli USA all’ONU ha assicurato che “questa è una responsabilità che il presidente Biden sente nel profondo e si impegna a portare a termine. Grazie alla sua guida, lo scorso anno siamo riusciti a ottenere il rilascio di oltre 100 ostaggi…Ma non riposeremo fino a quando ogni singolo l’ostaggio è tornato a casa”.
Ricordando come ogni singolo giorno, le famiglie pregano per avere la certezza che i loro cari siano ancora vivi, Thomas-Greenfield ha ricordato che il rapporto del marzo 2024 presentato dall’SRSG Pramila Patten “concludeva che è probabile che la violenza sessuale continui contro le persone attualmente detenute a Gaza. Ed è davvero straziante ed è al di là del male”.
Thomas-Greenfield ha ricordato come Hamas e altri gruppi armati si sono rifiutati di consentire al CICR (Croce rossa) l’accesso medico agli ostaggi, molti dei quali richiedono trattamento medico. Poi Thomas-Greenfield ha ricordato anche gli ostaggi israeliani presi ancora prima del 7 ottobre: “Onorevoli colleghi, dobbiamo continuare a esercitare pressioni su Hamas affinché restituisca Oron Shaul, Hadar Goldin, Avera Mengistu e Hisham Al-Sayed, che erano stati presi in ostaggio prima del 7 ottobre e sono detenuti da Hamas da diversi anni. Devono essere restituiti alle loro famiglie, così come i resti di Hadar Goldin, che è stato portato via nel 2014. E non molleremo neanche su questo fronte”.
Thomas-Greenfield ha ribadito che “prendere ostaggi è un gesto codardo, una tattica codarda ideata per instillare paura, manipolare i governi e portare avanti programmi nefasti. Viola i principi fondamentali dell’umanità e mina i diritti e la dignità di coloro che sono tenuti in ostaggio”. La rappresentante degli USA al Palazzo di Vetro ha ricordato come il Consiglio di Sicurezza dell’ONU “ha più volte condannato la presa di ostaggi come una chiara violazione del diritto internazionale, comprese le risoluzioni 2133 e 2474. E nelle risoluzioni 2712, 2720 e 2728, il Consiglio ha chiesto il rilascio immediato degli ostaggi. Eppure Hamas e altri gruppi terroristici non hanno ceduto”.
Quindi, chiedendo nuovamente ad Hamas di rilasciare tutti gli ostaggi rimasti, l’ambasciatrice degli Stati Uniti ha ribadito che ciò “aprirebbe anche la porta alla fine di questo conflitto. Ciò comporterebbe un cessate il fuoco immediato e prolungato, il che sarebbe possibile facilitare un’ondata di assistenza umanitaria disperatamente necessaria a Gaza e portare alla fine duratura delle ostilità. I civili a Gaza potrebbero tornare alle loro case e alle loro terre con i preparativi anticipati per garantire riparo e provviste umanitarie. Per dirla semplicemente: salverebbe vite umane su tutti i fronti”. Quindi deve essere chiaro a tutti: “L’unica – l’unica cosa che ostacola tutto questo è Hamas. Hamas potrebbe smettere di combattere già oggi liberando il primo ostaggio. Oggi”.
Thomas-Greenfield ha invitato tutti gli Stati membri dell’ONU “ad attuare pienamente le risoluzioni 2133 e 2474 per rafforzare la cooperazione e la condivisione delle informazioni per combattere presa di ostaggi e smantellare le reti che la sostengono”. Quindi senza perder tempo, “dobbiamo spingere il Consiglio di Sicurezza a parlare con una sola voce, come ha fatto su altri aspetti del conflitto di Gaza e condannare inequivocabilmente Hamas per il terrorismo e la presa di ostaggi del 7 ottobre”.
In conclusione, Thomas-Greenfield ha esortato gli altri ambasciatori ad ammettere una dato di fatto: “Siamo onesti: la difficile situazione di questi ostaggi non ha ricevuto l’attenzione che merita da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questo deve cambiare e spero che oggi sia il primo passo verso questo obiettivo. E non dobbiamo cedere fino a quando tutti gli ostaggi non saranno finalmente tornati a casa con i loro cari”.
Come si prevedeva, gli interventi dei membri del Consiglio di Sicurezza e di altri paesi partecipanti alla riunione, si sono divisi tra coloro che si sono concentrati sulla condanna di Hamas e sulle violazioni contro gli ostaggi israeliani durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre, e quei membri che pur condannando la presa degli ostaggi da parte di Hamas, hanno dedicato gran parte del loro intervento sulle violazioni contro i civili palestinesi. Anche rispetto al trattamento dei palestinesi detenuti dall’IDF.
In questi mesi è emersa la differenza tra la posizione degli Stati Uniti e quella della maggior parte degli altri membri del Consiglio su come articolare le richieste di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi. Dopo un lungo periodo durante il quale gli Stati Uniti si sono opposti a qualsiasi richiesta di cessate il fuoco, la posizione di Washington si è spostata nel legare qualsiasi richiesta di cessate il fuoco al rilascio degli ostaggi. Altri membri del Consiglio hanno invece sostenuto che il Consiglio di Sicurezza dovrebbe richiedere questi elementi di per sé ed evitare di suggerire o approvare qualsiasi sequenza o condizionalità.
Il Consiglio di Sicurezza ha adottato tre risoluzioni sulla guerra tra Israele e Hamas (risoluzioni 2712, 2720, 2728). Tutte e tre le risoluzioni hanno chiesto “il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi” e “garantire un accesso umanitario immediato” agli ostaggi. Il Consiglio deve ancora emettere una richiesta incondizionata di cessate il fuoco. La risoluzione 2712 richiedeva “pause e corridoi umanitari urgenti ed estesi in tutta la Striscia di Gaza”, la risoluzione 2720 richiedeva misure urgenti per “creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità”, la risoluzione 2728 richiedeva un “cessate il fuoco immediato per il mese di Ramadan che precede verso un cessate il fuoco duraturo e sostenibile”.

L’intervento più critico con quello della rappresentante degli Stati Uniti, è stato ancora una volta da parte del rappresentate delle Federazione Russa. “La Russia condanna fermamente la presa di ostaggi e qualsiasi altro crimine commesso nei conflitti armati e nelle situazioni postbelliche. Tali atti devono essere indagati e i responsabili assicurati alla giustizia” ha iniziato così il suo intervento il diplomatico russo Georgy Barsukov, per poi continuare: “Nel contesto della crisi di Gaza, fin dall’inizio abbiamo condannato inequivocabilmente gli atti di violenza commessi contro gli israeliani il 7 ottobre 2023 e chiesto il rilascio degli ostaggi. Eravamo pronti ad approvare il progetto di risoluzione del Consiglio di Sicurezza del Brasile contenente tale condanna, ma il 18 ottobre i nostri colleghi americani hanno posto il veto”. Quindi l’attacco che tutta la responsabilità di quello che continua ad accadere fino ad oggi è nella posizione presa dagli USA nel Consiglio di Sicurezza: “Questa è ormai una questione storica, e da allora il Consiglio di Sicurezza ha rivolto la sua attenzione a compiti più urgenti legati alle conseguenze della brutale risposta di Israele e alle violazioni del diritto internazionale umanitario commesse da Gerusalemme Ovest”. Poi il rappresentante russo ha aggiunto: “A questo proposito nutriamo dubbi sulle vere intenzioni degli organizzatori di questo incontro. Perché hanno scelto oggi di discutere dei tragici eventi del 7 ottobre, quando ci sono molti indizi che si stia commettendo un genocidio contro i palestinesi a Gaza? quando gli israeliani, contrariamente alla posizione della stragrande maggioranza della comunità internazionale, lanciano un’operazione a Rafah, dove si sono rifugiati centinaia di migliaia di pacifici palestinesi?”.

Quando è intervenuta l’Italia, con l’ambasciatore Maurizio Massari, ovviamente il tono nei confronti dell’evento voluto dagli USA è di nuovo cambiato: “L’Italia esprime il suo apprezzamento agli Stati Uniti per aver convocato questo incontro così tempestivo e ringrazia i relatori per i loro preziosi approfondimenti” ha subito detto Massari che ha poi ricordato come “dopo gli attentati del 7 ottobre, l’Italia ha costantemente condannato con la massima fermezza la presa di ostaggi da parte di Hamas come parte di una strategia di terrore brutale, atroce e del tutto inaccettabile”.
Ricordando come successivamente l’Italia si è costantemente impegnata per ottenere il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas, anche Massari ha sottolineato che l’Italia ricorda “che la presa di ostaggi costituisce un crimine di guerra ai sensi del relativo diritto internazionale umanitario. Inoltre, lo Statuto di Roma della CPI non solo definisce la presa di ostaggi un crimine di guerra, ma afferma anche che può essere considerato un crimine contro l’umanità”.
Massari ha affermato come “i danni inflitti agli ostaggi, compresi anziani e disabili, e la loro sparizione forzata e detenzione arbitraria equivalgono a tortura e trattamento crudele, in violazione delle Convenzioni di Ginevra e del Diritto Internazionale Umanitario Consuetudinario, nonché della Convenzione Contro La Tortura e altre Forme Crudeli, Disumane o Degradanti Trattamento o Punizione”.
Quindi ha concluso: “le Convenzioni di Ginevra proibiscono qualsiasi violazione della dignità personale, compresi i trattamenti umilianti e degradanti, indipendentemente dal sesso. Il diritto internazionale consuetudinario richiede il rispetto della protezione specifica, della salute e dell’assistenza di cui hanno bisogno le donne colpite dai conflitti armati e proibisce la violenza sessuale, sia nei conflitti armati internazionali che non internazionali. Lo stupro e la violenza sessuale che fanno parte di un attacco diffuso e sistematico diretto contro una popolazione civile costituiscono crimini contro l’umanità”.
Gilad Erdan, ambasciatore d’Israele alle Nazioni Unite, nel suo intervento ha ribadito: “Se il Consiglio vuole davvero che questa guerra finisca, allora riportare a casa gli ostaggi dovrebbe essere la massima priorità”, e poi si è scagliato contro il Consiglio e l’Onu in generale per quella che ha definito mancanza di impegno, preoccupazione per le condizioni degli ostaggi e per la loro liberazione. Tre risoluzioni del Consiglio di Sicurezza hanno chiesto il rilascio immediato degli ostaggi, ma tutte hanno anche chiesto un cessate il fuoco immediato, che impedirebbe a Israele di raggiungere il suo obiettivo di eliminare Hamas.
Giovedì Erdan ha affermato che è ormai scaduto il tempo per il Consiglio di Sicurezza intraprendare azioni concrete. “Ha il Consiglio forse condannato Hamas e ha chiesto che permettesse alla Croce Rossa di controllare gli ostaggi? Avete imposto sanzioni alla leadership di Hamas fino al rilascio degli ostaggi? Quali azioni sono state intraprese?” Ha chiesto Erdan ai Quindici rappresentanti del Consiglio di Sicurezza riuniti.