Come se non ci fossero già abbastanza tensioni a far tremare il mondo, ecco che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU martedì sera ha riproposto gli “spettri” di guerra che trent’anni fa dilaniarono i Balcani con sottinteso l’avvertimento che potrebbero di colpo tornare. In una riunione d’emergenza richiesta dalla Federazione Russa proprio nell’ultimo giorno di presidenza di Malta, il Consiglio di Sicurezza ha così misurato il livello di tensione raggiunta tra le due entità che compongono la Bosnia-Erzegovina. Ma, la richiesta della riunione, era anche un modo per attaccare la proposta di risoluzione sul ricordo del genocidio di Srebrenica che tra pochi giorni verrà presentata in Assemblea Generale Onu e che, secondo i suoi supporter come i suoi detrattori, potrebbe avere un impatto sulla riconciliazione e sulla stabilità di tutti i Balcani.
La regione continua ad essere alle prese con problemi derivanti dalla brutale guerra che uccise 100.000 persone in tutta l’ex Jugoslavia all’inizio degli anni ’90, compreso il genocidio di Srebrenica in cui morirono 8.000 uomini e ragazzi. La guerra si concluse con l’accordo di pace di Dayton nel 1995 e con l’istituzione della Bosnia-Erzegovina, Croazia e Serbia come Stati membri separati delle Nazioni Unite.
Il progetto di risoluzione in questione, preparato e diffuso alle Nazioni Unite da Germania e Ruanda, designerebbe l’11 luglio come “Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica del 1995”. Il governo della Bosnia mira a raggiungere l’approvazione in Assemblea Generale, mentre quello della Serbia (che appoggia la minoranza serba in Bosnia) ha ribadito che una risoluzione del genere avrebbe ripercussioni deleterie sulla stabilità nella regione.
Miroslav Jenča, Segretario generale aggiunto dell’ONU per l’Europa, l’Asia centrale e le Americhe, nel suo intervento davanti ai Quindici ha indicato sviluppi sia positivi che preoccupanti degli ultimi mesi. Giudicando la decisione del Consiglio europeo del marzo 2024 di avviare i negoziati di adesione alla UE con la Bosnia-Erzegovina come “un’opportunità unica per il continente di colmare le divisioni”, tuttavia Jenča ha avvertito che “negli ultimi mesi abbiamo assistito ad azioni e dichiarazioni contraddittorie rispetto agli sviluppi positivi”.
“Solo promuovendo la comprensione del passato e affrontando le cause profonde e l’impatto continuo di tale violenza sulla società, si potrà raggiungere una pace sostenibile”, ha affermato Jenča, facendo riferimento alle sentenze del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e della Corte internazionale Corte di giustizia che atti di genocidio contro i musulmani della Bosnia-Erzegovina furono commessi a Srebrenica e nei dintorni nel luglio 1995.
Quando Željka Cvijanović, rappresentante eletta serba nella presidenza tripartita della Bosnia ed Erzegovina, è stata invitata a parlare al Consiglio via video e a titolo privato, la tensione è cominciata a salire nella sala: Cvijanović ha criticato i tentativi di centralizzazione del potere da parte dei bosniaci e dei loro rappresentanti eletti. Ha inoltre indicato l’Alto Rappresentante Christian Schmidt, come un “governatore coloniale” e un “classico despota”, che avrebbe interferito nei processi democratici e decisionali interni, minando così il consenso politico che ha alimentato il progresso del paese verso l’adesione all’Unione Europea.

Allo stesso modo, sempre secondo Cvijanović, la risoluzione dell’Assemblea Generale sulla Giornata della Memoria di Srebrenica è “un esempio lampante” di ingerenza straniera e mancanza di rispetto per la costituzione della Bosnia, minando la pace e la stabilità. Mentre la Republika Srpska – una delle due entità del paese – sostiene la pace e la stabilità, secondo Cvijanović alcuni ambasciatori occidentali a Sarajevo “cercano di instillare la paura nei serbi” e danno credito alle speranze delle forze radicali bosniache che cercano l’eliminazione dei serbi.
Quando è stato il turno di Christian Schmidt, politico tedesco e Alto rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina (HOR), nel controbattere alla Cvijanović ha definito il suo intervento “un insulto di dichiarazioni false”. Schmidt ha sottolineato che secondo l’Accordo di Dayton, è lui il garante dell’esistenza delle entità. Mettendo in guardia contro la continua retorica incendiaria della Republika Srpska, Schmidt ha ricordato che il presidente di quella entità ha recentemente dichiarato pubblicamente che i bosniaci possono avere il 25 % del territorio, ma il resto non appartiene a loro – una dichiarazione che lui vede come “un appello alla lotta etnica purificatrice”.
Schmidt, ha inoltre messo in guardia contro le sfide all’integrità territoriale e alla sovranità della Bosnia-Erzegovina, citando gli appelli provocatori della Cvijanović a protestare e a bloccare la linea di confine amministrativa tra le entità. Sebbene la situazione della sicurezza si sia costantemente stabilizzata in termini militari, Schmidt ha però avvertito che “la Bosnia-Erzegovina può scivolare in una grave instabilità politica”, a causa di chi continua a negare il genocidio, continua ad esaltare dei criminali di guerra e quindi crea le condizioni per la dissoluzione dello Stato creando un ambiente divisivo. Tuttavia, secondo Schmidt, tutto ciò può essere evitato tornando a soddisfare i requisiti dell’accordo di pace di Dayton.
Nel dibattito che ne è seguito, il rappresentante della Federazione Russa, ambasciatore Vassily Nebenzia, ha espresso grave preoccupazione per il fatto che la sovranità del Paese sia stata minata da “un cittadino tedesco, che si presenta come Alto Rappresentante” e agisce come un “monarca assoluto” per conto degli Stati Uniti e il Regno Unito. Passando alla proposta di risoluzione dell’Assemblea Generale su Srebrenica, il diplomatico russo ha avvertito che, se messa ai voti, genererebbe una reazione a catena in tutto il mondo, aggiungendo: “Il popolo della Bosnia-Erzegovina deve prima raggiungere un consenso quando si tratta della valutazione della loro storia”.

Il rappresentante degli Stati Uniti ha messo in guardia da chi nega il genocidio, come il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik. “Srebrenica non è stato semplicemente un errore come lui [Mr. Dodik] ha affermato: è un fatto indiscutibile che sia stato commesso un genocidio”. Secondo gli USA l’incontro del Consiglio di Sicurezza voluto dalla Federazione Russa “è un tentativo di utilizzare questo Consiglio per amplificare la retorica e le minacce etno-nazionaliste di un partito”.
La Francia nel suo intervento ha respinto la descrizione russa della situazione in Bosnia-Erzegovina come “sull’orlo del collasso” e ha sottolineato che il progetto di risoluzione dell’Assemblea non è un’accusa contro nessun popolo in particolare, “semmai è un dovere ricordare”.
Alcuni ambasciatori hanno sollevato dubbi sulla necessità di tenere la riunione d’emergenza martedì sera quando un regolare briefing del Consiglio sulla Bosnia è già previsto tra due settimane.

L’ambasciatore della Bosnia-Erzegovina alle Nazioni Unite, Zlatko Lagumdžija, nel suo intervento ha dichiarato che il vero motivo dell’incontro era quello di fare pressione sui co-sponsor della risoluzione sul genocidio presentata all’Assemblea affinché ritirassero il testo. Denunciando la narrazione secondo cui questa risoluzione è una questione controversa, ha sottolineato: “permettere il fallimento di questa risoluzione, causerà, di fatto, un danno irreparabile alla credibilità delle Nazioni Unite come bastione di un ordine internazionale basato su regole”.
In risposta, Marko Đurić, inviato speciale del presidente della Serbia, nel suo intervento ha sottolineato che tutte le vittime della sanguinosa guerra civile in Bosnia ed Erzegovina meritano pari giustizia e ricordo, “indipendentemente dalla loro nazionalità, razza o religione”. Quindi Đurić ha chiesto “a tutti coloro che hanno proposto il progetto di risoluzione inopportuno e non coordinato” di riflettere profondamente sulla loro iniziativa “divisiva”. Secondo la Serbia, le tensioni etniche già innescate dal testo proposto “stanno seminando il caos nel Paese”. “La guarigione è impossibile se si riaprono continuamente vecchie ferite”, ha dichiarato il rappresentante della Serbia, ribadendo l’appello a mettere da parte la risoluzione che serve “solo a dividere”.
Ma quando dovrebbe avvenire il voto della risoluzione “sul genocidio” in Assemblea Generale? Sarà a maggio, ma per la data esatta si aspetta l’annuncio del presidente di UNGA78 Dennis Francis.
Intanto mercoledì al briefing giornaliero con Stephane Dujarric, portavoce del Segretario Generale dell’ONU, abbiamo chiesto se Antonio Guterres ritenesse che mettere ai voti la risoluzione sul genocidio di Srebrenica in Assemblea Generale nonostante i contrasti interni alla Bosnia Herzegovina e anche con la Serbia, fosse una buona idea dopo trent’anni da quel massacro o invece una iniziativa divisiva e pericolosa, soprattutto in questo momento. “Gli Stati membri con la loro saggezza presenteranno risoluzioni su diversi argomenti e le voteranno come ritengono opportuno” ha risposto Dujarric, che poi ha aggiunto: “Su questo particolare tema, il fatto che in Bosnia ci sia stato un genocidio è stato riconosciuto da un tribunale. E qui vi diciamo sempre, quando state chiedendo del genocidio in luoghi diversi, che se è stato riconosciuto da un tribunale, per quanto ci riguarda, lo è stato. Quindi questi fatti non sono cambiati per noi”.
Quindi per Guterres è una buona idea presentare la risoluzione in Assemblea Generale?
Dujarric ha subito replicato: “Non è affatto quello che ho detto. Non ho detto che fosse una buona idea e non ho detto che fosse una cattiva idea. Ho detto che gli Stati membri faranno tutto ciò che faranno nella loro saggezza. Ho dichiarato la nostra posizione; tocca voi giornalisti essere in grado di fare il confronto, il contrasto e l’analisi”.