La situazione in Sudan peggiora e sul Consiglio di Sicurezza Onu è scesa la cappa d’ansia di chi è in attesa della catastrofe. Dopo aver rilasciato un comunicato sabato, la presidenza maltese del Consiglio ha riunito lunedì mattina i Quindici a porte chiuse per discutere come evitare quello che potrebbe diventare tra poche ore un bagno di sangue di civili nella città di El Fasher. Alla fine della riunione, l’ambasciatrice degli Stati Uniti Linda Thomas-Greenfield, è uscita per fare un appello ai giornalisti e rispondere a qualche domanda.
“Oggi il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito per discutere della crisi di El Fasher, che è sull’orlo di un massacro su larga scala” ha detto subito la diplomatica americana, che ha avvertito: “Questa non è una congettura. Questa è la triste realtà che milioni di persone devono affrontare a El Fasher, nel Nord Darfur”.
El Fasher – a city in North Darfur – is on the precipice of a large-scale massacre.
The RSF must end its siege and swear off any attack on the city. All parties must pull back military forces.
The entire international community must bring pressure to bear at this moment of…
— Ambassador Linda Thomas-Greenfield (@USAmbUN) April 29, 2024
Linda Thomas-Greenfield ha rivelato che “esistono già rapporti credibili secondo cui RSF e le milizie alleate hanno raso al suolo diversi villaggi a ovest di El Fasher. E mentre stiamo parlando, la RSF sta pianificando un imminente attacco a El Fasher”.
Per Thomas-Greenfield – ricordiamo che prima di essere scelta come ambasciatrice dell’amministrazione Biden al Palazzo di Vetro, era stata responsabile del Dipartimento di Stato per gli affari africani – si tratta della “storia che si sta ripetendo nel Darfur nel peggiore dei modi. Un attacco a El Fasher sarebbe un disastro oltre al disastro”.

Infatti gli sfollati interni nella città sarebbero cinquecentomila, persone che hanno viaggiato da tutto il Darfur per cercare rifugio a El Fasher. “A questi si aggiungono i due milioni di sudanesi che chiamano casa El Fasher” ha ricordato Thomas-Greenfield.
Quindi secondo l’ambasciatrice degli USA, “si sta preparando una crisi di proporzioni epiche” e per evitare ulteriori morti, distruzioni e sofferenze è necessario che accadano immediatamente cinque cose. Qui sotto l’elenco delle condizioni del Consiglio di Sicurezza per evitare il disastro come è stato riferito da Linda Thomas-Greenfield:
“In primo luogo, la RSF deve porre fine all’assedio e al rafforzamento delle forze militari a El Fasher, e rinunciare a qualsiasi attacco alla città. Tutti i partiti al conflitto devono adottare misure urgenti per allentare l’escalation. Lo ha già chiesto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma non basta. Ogni singolo Stato membro deve parlare apertamente. L’intera comunità internazionale deve parlare apertamente.
In secondo luogo, gli attori armati in Sudan devono rispettare il diritto internazionale e proteggere i civili, e richiamare la giurisdizione della Corte penale internazionale per indagare crimini di guerra.
In terzo luogo, tutte le potenze regionali devono smettere di fornire armi ad entrambe le parti in conformità con l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite.
In quarto luogo, le parti in conflitto devono impegnarsi in negoziati diretti a Jeddah. Poiché questo conflitto non sarà risolto sul campo di battaglia, sarà risolto al tavolo delle trattative.
Quinto e ultimo: tutte le parti devono consentire un accesso umanitario completo, rapido, sicuro e senza ostacoli, anche a livello transfrontaliero”.
La capo missione degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, ha detto che in questo momento “5 milioni di persone in Sudan sono sull’orlo della carestia e decine di milioni di persone hanno un disperato bisogno di aiuti. Eppure, le parti in conflitto continuano a ostacolare l’accesso e gli aiuti umanitari”.
Quindi Thomas-Greenfield si è appellata ai giornalisti: “per favore aiutaci a mettere in guardia il mondo sui gravi pericoli che affliggono le persone di El Fasher che sono intrappolate sotto la minaccia della violenza, del massacro. Il popolo del Sudan conta su tutti noi in questo momento di pericolo”.

Quando le è stato chiesto quanto sia importante l’influenza esterna sui contendenti armati e se gli Stati Uniti stessero parlando con gli altri paesi su questo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti, Thomas Greenfield ha risposto: “Ciò è particolarmente importante, perché sappiamo che entrambe le parti stanno ricevendo sostegno, sia con armi che con altri aiuti, per continuare a distruggere il Sudan. E sì, ci siamo impegnati con diversi paesi a questo proposito, compresi i nostri colleghi dagli Emirati Arabi Uniti”.
Alla domanda se ci sia qualcos’altro che il Consiglio di Sicurezza può fare, in particolare per esercitare pressione sui paesi che stanno alimentando questo conflitto con le armi affinché smettano di farlo, l’ambasciatrice americana ha risposto: “Abbiamo sollevato la questione di cosa può fare il Consiglio di sicurezza – e direi anche cosa possiamo fare noi come singoli paesi – con preoccupazione. La questione è stata sollevata oggi nelle nostre consultazioni a porte chiuse. La questione è stata sollevata già in consultazioni aperte. E noi abbiamo rivolto un forte appello a tutti i paesi che forniscono sostegno alle parti in guerra affinché lo interrompano e continueremo a fare pressione su tali paesi affinché lo facciano”.
Anche il vice rappresentante del Regno Unito, l’ambasciatore James Kariuki, è apparso davanti ai giornalisti fuori dal Consiglio di Sicurezza (vedi video sopra). Dopo aver più o meno ripetuto quello che aveva appena riferito la collega americana, alla domanda su cosa potesse fare il Consiglio oltre ad emettere i soliti comunicati, Kariuki ha replicato che “mostrare l’unità del Consiglio sulla crisi in Sudan” è in questo momento importante. Quando gli abbiamo fatto notare che la situazione in Sudan oggi sembra quella della Liberia venti anni fa, ma che quando Monrovia fu in una situazione molto simile a quella in cui si trova oggi la città di El Fasher, centinaia di migliaia di civili non furono salvati dal massacro dal Consiglio di Sicurezza Onu ma dall’intervento degli Stati Uniti (allora G W. Bush inviò gli elicotteri con i Marines quando le forze ribelli erano ormai a pochi chilometri dalla capitale, ndr). Il diplomatico del Regno Unito ci ha risposto così: “Credo che abbiamo bisogno di un messaggio di unità internazionale, non di uno o due paesi, ma si tratta di inviare un messaggio di unità. Ogni paese che utilizza la leva finanziaria con le parti che si combattono, dovrebbe incoraggiarli, pressarli, per esortarli a diminuire la tensione”.