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Gli USA vogliono che la risoluzione ONU per il Sudan “non sia ignorata”

L'Ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield e l'inviato speciale Tom Perriello incitano i media ad occuparsi anche del conflitto nel paese africano

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

Giovedì pomeriggio, allo stake-out del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è accaduto quello che non ci aspettavamo avvenisse a soli quattro giorni dal passaggio della risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. Parliamo di quella risoluzione che gli Stati Uniti, pur consentendone l’approvazione astenendosi, hanno dichiarato poi essere “non binding”, non vincolante.

Giovedì davanti ai giornalisti è apparsa l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield, rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, con accanto l’inviato speciale USA per il Sudan Tom Pierrello. Avevano bisogno dell’attenzione dei media per scuoterli un po’ dal letargo in cui sono caduti rispetto alla drammatica situazione in Sudan, ma soprattutto volevano avvertire tutto il sistema Onu che c’era qualcosa che non andava quando una risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza più di tre settimana fa sul Sudan, rimanesse ancora inascoltata. Già, non sono tutte le risoluzioni del più potente organo dell’ONU “vincolanti”?  

Thomas-Greenfield, che già recentemente con un op-ed sul New York Times aveva esternato le sue preoccupazioni sul Sudan, ha esordito dicendo: “Alcune settimane fa, il Consiglio si è riunito per adottare una risoluzione che chiedeva il cessate il fuoco per il Ramadan. Tale risoluzione è stata finora ignorata. A quasi un anno dall’inizio di questa crisi, la situazione in Sudan rimane catastrofica e non può che peggiorare”. Poi ha aggiunto: “Chiediamo ancora una volta alle SAF di riaprire immediatamente e completamente tutti i suoi valichi di frontiera con il Ciad per scopi umanitari, compreso il valico di frontiera di Adré. In caso contrario, il Consiglio di Sicurezza dovrà agire rapidamente per garantire che gli aiuti salvavita vengano consegnati e distribuiti anche, se necessario, attraverso un meccanismo transfrontaliero”.

A woman holds gun shells discharged in fighting in West Darfur.(Photo UNOCHA/Mohamed Khalil)

Quando ha passato la parola a Tom Pierrello, inviato speciale dell’amministrazione Biden per il Sudan, l’ex congressman italoamericano della Virginia ha dichiarato: “Una delle cose che ho sentito più e più volte dai civili sudanesi è che si sentono come se stessero soffrendo tremendi orrori, e coloro che sono fuggiti si sentono come se li stessero vivendo ancora una volta vedendo che il mondo è caduto silenzioso e non presta attenzione o riconoscono l’orribile situazione all’interno” del Sudan. “Ci troviamo in una crisi che è già fatale per molti dei più vulnerabili e che potrebbe peggiorare drammaticamente nelle prossime settimane” ha continuato Pierrello, “crediamo che sia importante che il Consiglio di Sicurezza, le Nazioni Unite e le persone in tutto il mondo comprendano questa urgenza e prestino attenzione: una crisi in un paese di 50 milioni di persone con più di 20 milioni già sfollati dalle proprie case. E mentre ci avviciniamo alla stagione delle piogge, dove le condizioni potrebbero peggiorare ulteriormente, non è il momento di fermarsi… È giunto il momento di riunire gli attori che possono contribuire a spianare la strada verso la pace, la protezione e l’accesso umanitario. Apprezziamo la loro leadership  e speriamo che il mondo presti maggiore attenzione a questo crisi”.

Anche Thomas-Greenfield, rispondendo a una domanda, ha insistito: “Le persone muoiono di fame ed è davvero importante non dimenticarle. Hanno bisogno della stessa attenzione che prestiamo noi alle crisi in qualsiasi altra parte del mondo”.

Perriello ha aggiunto un dato disarmante: “Anche se la guerra finisse domani, non saremmo comunque in grado di prevenire una carestia che sta arrivando. Potremmo solo mitigarne l’acutezza e la lunghezza. Questo dà l’idea di quanto sia urgente la situazione. Dobbiamo fare entrambe le cose. Dobbiamo spingere per raggiungere un accordo di pace che riporti il ​​popolo sudanese sulla strada giusta (…) aumentando allo stesso tempo in modo significativo sia il volume dell’assistenza umanitaria che la capacità di portarla nei luoghi che ne hanno più bisogno”.

#BREAKING
UN Security Council adopts resolution calling for an immediate cessation of hostilities in Sudan during the month of Ramadan, which begins soon.

IN FAVOUR: 14
AGAINST: 0
ABSTAIN: 1 (Russia) pic.twitter.com/f6IpRbZxMx

— UN News (@UN_News_Centre) March 8, 2024

Quando finalmente un giornalista, Gabriel Elizondo di Al Jazeera English, rivolgendosi all’ambasciatrice amaricana, ha chiesto: “Solo un paio di giorni fa il Consiglio ha votato a favore del cessate il fuoco a Gaza, chiedendo un cessate il fuoco immediato. Pensa che Israele abbia rispettato i termini dell’accordo?”.

La risposta di Thomas-Greenfield, riguardo all’urgenza di rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, è stata: “Lunedì il Consiglio ha parlato con una sola voce, chiedendo un cessate il fuoco, chiedendo il rilascio degli ostaggi e chiedendo un aumento dell’assistenza umanitaria da fornire al popolo palestinese. Le risoluzioni sono importanti nel senso che danno il senso del Consiglio alle parti che si impegnano, e la nostra speranza è che i partiti che si impegnano siano all’altezza delle esigenze del Consiglio”. Quindi ha aggiunto: “Ma lasciatemi solo dire, e l’ho detto molte volte, che un cessate il fuoco avverrà sulla base del lavoro delle persone sul campo che negoziano con le parti in guerra. Questo è ciò che sta accadendo nel caso del Sudan, portando le due parti a raggiungere un accordo. E su cui lavoriamo ogni singolo giorno per garantire che ci sia pace, che ci sia una pace duratura e che vengano portati degli ostaggi a casa dalle loro famiglie, dalle persone sofferenti – la loro sofferenza è alleviata. E continueremo a spingere in tal senso sia in seno al Consiglio, ma anche nel nostro lavoro sul campo”.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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