Ormai a Gaza “la fame ha raggiunto livelli catastrofici”. A confermarlo mercoledì ai giornalisti è stato Jamie McGoldrick, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, descrivendo la sua visita appena terminata nella Gaza devastata dalla guerra.
“I bambini stanno morendo di fame”, ha detto l’inviato Onu in collegamento video, già 20 bambini sono morti di fame nell’enclave assediata e bombardata da Israele, compreso l’ultimo neonato di appena 14 giorni.
McGoldrick ha affermato che i bisogni immediati includerebbero l’utilizzo di una strada di accesso militare al nord di Gaza per un minimo di 300 camion di aiuti ogni giorno.
Durante le visite al campo Misq e Layan ad Al Mawasi, nel sud di Gaza, McGoldrick ha affermato che le donne sfollate trasmettono l’impatto della guerra e dell’enorme portata dei loro bisogni, che includono privacy, sicurezza, igiene e l’incapacità di prepararsi per il Ramadan. Le donne hanno affermato che la vita quotidiana in un campo gestito dalla comunità implica affrontare molestie sessuali nel percorso verso servizi igienici non segregati, mancanza di acqua pulita e violenza di genere.

Una donna ha detto che dopo aver partorito, di essere stata costretta a trasferirsi al campo due giorni dopo con i suoi altri bambini, uno dei quali vive con disabilità, aggiungendo che le donne nel campo non sono in grado di allattare i loro neonati a causa della mancanza di cibo. Di notte, camminando per i campi, sotto le tende “si sentono le donne piangere”, ha detto McGoldrick.
Alcune delle persone che ha incontrato hanno affermato di essere state sfollate più volte e che, se dovesse verificarsi la prevista invasione di terra di Rafah da parte di Israele, non esiste nessun sistema in atto per evacuare in sicurezza coloro che già cercano rifugio nel sud. “Bisogna ottenere una sorta di pausa che ci permetta di stabilizzare la salute delle persone e la sicurezza alimentare. È qualcosa che speriamo nelle prossime settimane” ha detto McGoldrick.
Date le condizioni in cui versano le persone nel nord di Gaza, con la mancanza di assistenza sanitaria, cibo e altri beni di prima necessità, il coordinatore umanitario ha affermato che ci saranno “molte morti evitabili” legate alle attuali squallide condizioni di vita. Nelle prossime settimane è previsto un rapporto più dettagliato sulla carestia, ma McGoldrick ha affermato che i risultati probabilmente confermeranno ciò che è già noto: la fame sta aumentando vertiginosamente.
Sebbene i lanci aerei e le consegne di aiuti navali siano utili, il trasporto su strada rimane il modo più efficace per portare il volume di aiuti urgentemente necessari a coloro che ne hanno bisogno, ha affermato McGoldrick rispondendo alle domande dei giornalisti. Al momento, i lanci aerei contengono integratori per bambini e pasti precotti pronti, mentre i camion consegnano farina e pacchi alimentari dall’UNRWA e dal WFP.
Un camion potrebbe trasportare tra le 20 e le 30 tonnellate, circa 10 volte la quantità di un aereo che effettua un lancio di aiuti. L’Egitto è il principale punto di ingresso via terra per gli aiuti, attraverso il valico di Rafah nel sud di Gaza. In questo momento, Sigrid Kaag, coordinatrice senior per gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza incaricata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sta lavorando con i funzionari egiziani per migliorare l’efficacia delle consegne di aiuti, ha affermato McGoldrick.
Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha detto che Kaag informerà il Consiglio giovedì.
Quando abbiamo chiesto a McGoldrick cosa non dovrebbe assolutamente mancare nella risoluzione sul cessate il fuoco che questa volta gli Stati Uniti hanno preparato e già distribuito per farla votare al più presto al Consiglio di Sicurezza, l’inviato dell’ONU ha risposto: “Ciò che serve ora è una fornitura prevedibile di beni essenziali a Gaza”, che include rotte più aperte, sicurezza per gli operatori umanitari e accesso a chi ne ha bisogno, facilitato dal controllo militare delle aree colpite.
Israele ha capito la settimana scorsa quanto sia difficile consegnare gli aiuti, ha detto McGoldrick riferendosi alla morte di oltre 100 persone che cercavano disperatamente cibo nel nord di Gaza. Quelli al di fuori del campo umanitario pensano che si tratti soltanto di inviare dei camion, “ma non ci si rende conto di quanto sia disperata la gente”, ha detto McGoldrick.
Sempre mercoledì anche il capo dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ripetuto quanto è necessario concedere molti più aiuti umanitari salvavita a Gaza, dove un bambino su sei è pericolosamente malnutrito nel nord dell’enclave. Si tratta di “bambini sopravvissuti ai bombardamenti, ma che potrebbero non sopravvivere a una carestia”, ha detto il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) scrivendo su X.
Children who survived bombardment but may not survive a famine.
Allow more aid for #Gaza.
Ceasefire. pic.twitter.com/O2EfbDit8p
— Tedros Adhanom Ghebreyesus (@DrTedros) March 6, 2024
In una testimonianza video dell’unità pediatrica dell’ospedale Kamal Adwan, viene evidenziato l’enorme portata dei bisogni che gli operatori umanitari e i partner delle Nazioni Unite non sono stati in grado di soddisfare, citando gli ostacoli agli aiuti da parte delle autorità israeliane oltre ai combattimenti in corso. Il personale dell’ospedale nell’estremo nord di Gaza non è stato in grado di salvare almeno 10 bambini dalla morte per grave malnutrizione acuta e disidratazione negli ultimi giorni, alimentando diffusi timori di carestia a Gaza dopo quasi cinque mesi di guerra tra Israele e i combattenti di Hamas.
Oggi al Palazzo di Vetro, la missione dell’Autorità palestinese guidata dall’ambasciatore Riyad Mansour, ha portato una delegazione di abitanti di Gaza e palestinesi-americani che hanno parenti nell’enclave, per fargli testimoniare le loro sofferenze e i racconti delle vittime in un incontro con gli ambasciatori del Consiglio di Sicurezza. Mansour e i civili che lo accompagnavano hanno detto che molti ambasciaotori, compresa l’americana Linda Thomas-Greenfield, sono rimasti scossi dalle testimonianze e qualcuno “ha anche pianto con loro”.
Il dottor Imad Al-Tamimi, che ha trascorso 13 giorni lavorando all’Ospedale Europeo di Gaza, ha detto durante uno stake out con i giornalisti dopo la visita agli ambasciatori: “È tragico. Ho partecipato a diverse missioni, ma questa è stata la più terribile e orribile che abbia mai visto in vita mia”. Poi ha continuato: “Chiedo che l’umanità di ognuno di noi faccia qualcosa per fermare tutto questo. L’avevo sentito in TV come tutti del resto, ma onestamente, dopo aver vissuto ogni singolo giorno per 13 giorni a Gaza, non è più la stessa cosa”. “Ho visto la disperazione e il dolore negli occhi e mentre curavo pazienti ho pianto ogni singolo giorno. E grazie a Dio sono tornato qui almeno per essere la loro voce, non la mia voce, la loro voce”, ha detto il dottor Al-Tamimi.
I was deeply moved by the horrifying testimonies I heard of family members of victims of the war in Gaza today. Some lost over a hundred relatives.
This horror must stop now.
A humanitarian ceasefire cannot wait. pic.twitter.com/oE3skMVg17
— António Guterres (@antonioguterres) March 6, 2024
Anche Rula El-Farra, americana del Texas di origine palestinese, parlando con i giornalisti ha detto di aver perso circa 150 membri della famiglia allargata che aveva a Gaza. “Ogni singolo minuto conta, ogni singolo minuto significa la morte, la distruzione e l’agonia del nostro popolo” ha detto e poi rivolgendosi ai giornalisti: “Abbiamo chiesto agli ambasciatori un cessate il fuoco permanente e una soluzione definitiva per il popolo palestinese”. El-Farra ha anche ripetuto: “Oggi nessuno di noi è qui per le condoglianze. Non siamo qui per chiedere scusa, siamo qui per agire immediatamente. Abbiamo dimostrato che ogni minuto significa la perdita di una vita, la morte per fame di un bambino. E quindi, abbiamo bisogno di un cessate il fuoco immediato e permanente, non temporaneo ma permanente”.
Altre testimonianze molto difficili da raccontare, una almeno a lieto fine: una giovane che dopo aver perso quasi tutta la sua famiglia, ha raccontato parlando in arabo, di essere riuscita a salvare la sorella rimasta ustionata dopo un bombardamento e che dopo mesi di sofferenze, ora viene curata in un ospedale del New Jersey.
Intanto al Palazzo di Vetro di New York gli Stati Uniti hanno completato la revisione di una bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che chiedeva “un cessate il fuoco immediato di circa sei settimane a Gaza insieme al rilascio di tutti gli ostaggi”. La risoluzione, già distribuita dagli USA agli altri 14 ambasciatori, ha detto l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfiled, verrà messa ai voti al più presto possibile “ma non possiamo farci prendere dalla fretta”, perché innanzitutto bisogna assicurarsi che sia pronta per essere approvata da tutti. (Vedi video sopra).