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Morte Navalny: Guterres chiede “indagini credibili” alla Russia, cioè a Putin

La reazione del Segretario Generale dell'ONU alla scomparsa del dissidente russo in un carcere in Siberia e le domande scomode dei giornalisti

Stefano VaccarabyStefano Vaccara

epa11158672 Flowers lay near a portrait of Russian late opposition leader Alexei Navalny in front of the Russian embassy, in Tbilisi, Georgia, 16 February 2024. Russian opposition leader and outspoken Kremlin critic Alexey Navalny has died aged 47 in a penal colony, the Federal Penitentiary Service of the Yamalo-Nenets Autonomous District announced on 16 February 2024. A prison service statement said that Navalny 'felt unwell' after a walk on 16 February, and it was investigating the causes of his death. Late last year, he was transferred to an Arctic penal colony considered one of the harshest prisons. EPA/DAVID MDZINARISHVILI

Time: 4 mins read

Quanto è responsabile uno Stato della morte improvvisa di un suo cittadino che prima ha incarcerato per reati d’opinione contro il governo e perché voleva candidarsi alle elezioni e poi, una volta dietro le sbarre, lo priva delle cure mediche tenendolo per lunghi periodi in isolamento per poi trasferirlo – senza avvisare prima i suoi familiari o avvocati che lo danno per disperso per giorni – in una lontanissima colonia penale vicino al Circolo polare artico?

Sulla morte di Alexei Navalny in un carcere russo in Siberia, a reagire per prima è stata la sede dei diritti umani dell’ONU a Ginevra affermando: “Se qualcuno muore mentre si trova sotto custodia dello stato, si presume che lo stato sia responsabile, una responsabilità che può essere confutata solo attraverso un’inchiesta imparziale e trasparente condotta da un organismo indipendente”. Così ha dichiarato la portavoce dell’ufficio per i diritti umani dell’Onu Liz Throssell, aggiungendo: “Esortiamo con forza le autorità russe a garantire che una simile inchiesta venga portata avanti”.

We are appalled at the news that Russian opposition figure Alexei Navalny has died in prison.

The Russian authorities must ensure a credible investigation into Navalny’s death & end the persecution of politicians, human rights defenders & journalists, among others.

— UN Human Rights (@UNHumanRights) February 16, 2024

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che si trovava a Monaco per la conferenza sulla sicurezza, tramite il suo portavoce, ha subito chiesto “un’indagine esauriente, credibile e trasparente sulle circostanze della morte di Navalny sotto custodia”. Stephane Dujarric, esprimendo anche le condoglianze del segretario generale dell’Onu alla famiglia del dissidente russo, ha aggiunto come Guterres sia rimasto “scioccato” dalla morte di Navalny.

Russian President Vladimir Putin (L) and UN Secretary General Antonio Guterres (R) the official lunch following the international ceremony for the Centenary of the WWI Armistice of 11 November 1918, at the Elysee Palace, in Paris, France, 11 November 2018.  EPA/MIKHAIL METZEL / SPUTNIK / KREMLIN POOL MANDATORY CREDIT

Durante il briefing al Palazzo di Vetro, abbiamo chiesto al portavoce del Segretario Generale, dopo le accuse di molti leader di paesi membri dell’ONU contro il presidente Putin di essere il responsabile della morte di Navalny, cosa intendesse Guterres con quella sua richiesta di indagini “credibili” e cosa si aspettasse che la Russia facesse concretamente. Duajarric ha risposto: “Credibile significa qualcosa a cui si può credere”.

Ma come può l’indagine essere credibile? Il portavoce ha risposto ripetendo: “Credibile significa qualcosa a cui si può credere. Vorrei anche fare riferimento alla dichiarazione piuttosto lunga dell’Alto Commissario per i diritti umani, in cui si sottolinea che qualsiasi Stato ha il dovere fondamentale di proteggere la vita degli individui privati ​​della libertà, ovvero degli individui che sono incarcerati”.

Se questa indagine russa finisse per non essere credibile, ci potrà essere una richiesta per un’indagine internazionale? Dujarric ha risposto così: “Beh, voglio dire, sapete qual è la mia risposta per quanto riguarda le indagini internazionali. Ci vuole un mandato”.

Quando una collega della Reuters ha insistito sulla morte di Navalny chiedendo come farà il Segretario generale a ritenere credibile un’indagine condotta dalle autorità russe, Dujarric ha risposto: “Penso che le persone hanno spesso sollevato problemi con le nostre indagini e controlli prima che si verificassero. E io dico che le persone dovrebbero riservarsi di giudicare. Quindi questa sarebbe anche la mia risposta”.

Alexei Navalny appears in court in Moscow on 20 February 2021. (Photo UN News- Evgeny Feldman )

Mariana Katzarova, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Russia, aveva emesso un avviso a dicembre esprimendo preoccupazione per la scomparsa forzata di Navalny, di cui non si sapeva dove si trovasse per più di 10 giorni. Mentre la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Alice Edwards, ha affermato che diversi esperti indipendenti delle Nazioni Unite, inclusa lei stessa, avevano nelle scorse settimane esortato privatamente e pubblicamente il governo russo a porre fine alle condizioni punitive in cui era detenuto il signor Navalny. Edwards aveva chiesto un’indagine sulle accuse credibili di tortura contro  Navalny e di aveva informato le autorità della necessità essenziale che lui avesse potuto ricevere cure mediche. “Che i nostri appelli al Cremlino siano stati ignorati in modo così palese e con tale disprezzo per la vita umana è una tragedia per Navalny, la sua famiglia e i suoi sostenitori”, ha detto Edwards. “È anche un giorno triste per lo stato di diritto, la libertà di espressione e i diritti umani”.

Intanto a spronare l’ONU a farsi sentire più forte con la Russia, c’è l’autorevole ONG Amnesty International che con la sua segretaria Agnès Callamard ha dichiarato : “Dopo essere stato avvelenato, ingiustamente imprigionato e torturato, Aleksei Navalny è deceduto, dopo 37 mesi di sofferenza dietro le sbarre, a seguito di un trasferimento in una delle carceri più remote e dure della Russia. Aleksei era un prigioniero di coscienza, detenuto solo per aver denunciato un governo repressivo”. Callamard ha aggiunto: “Navalny chiedeva libertà politica per sé e i suoi sostenitori; denunciava la corruzione e sfidava Putin. La sua morte è una testimonianza devastante e grave delle condizioni di vita sotto il regime oppressivo e repressivo del Cremlino. Ha pagato il prezzo più alto per aver espresso la propria opinione critica e per aver difeso la libertà d’espressione. Amnesty International è al fianco di tutti coloro che lottano per i diritti umani dentro e fuori i confini della Russia”. Quindi Callamard  ha concluso: “È quindi fondamentale che la comunità internazionale intraprenda azioni concrete affinché tutti coloro che sono responsabili della morte di Navalny rendano conto delle proprie azioni. Dobbiamo urgentemente chiedere alle Nazioni Unite di utilizzare le loro procedure e i loro meccanismi speciali per occuparsi della morte di Navalny”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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