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Consiglio di Sicurezza: Bathily attacca i leader libici che vogliono lo status quo

L'inviato speciale dell'ONU in Libia accusa coloro che impediscono le elezioni per interessi personali

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Consiglio di Sicurezza: Bathily attacca i leader libici che vogliono lo status quo

Abdoulaye Bathily (on screen), Special Representative and Head of the UN Support Mission in Libya (UNSMIL), briefs the Security Council meeting on the situation in the country. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Time: 5 mins read

Mentre le preoccupazioni del mondo restano concentrate su Gaza e Ucraina, in Libia il tempo sembra essersi fermato. Il paese nordafricano rimane impantanato in una profonda crisi che dopo il rinvio delle elezioni nazionali, originariamente previste per dicembre 2021, non accenna a trovare una via di uscita.

La realtà di due amministrazioni rivali, con il Governo di Unità Nazionale (GNU) riconosciuto a livello internazionale con sede a Tripoli, e il Governo di Stabilità Nazionale (GNS) a est, è il maggiore degli ostacoli per trovare la soluzione.

Nel novembre 2023, nel tentativo di rompere la situazione di stallo, il rappresentante speciale dell’ONU in Libia, Abdoulaye Bathily, ha invitato a colloqui i leader delle cinque principali istituzioni esistenti: il governo di unità nazionale, la Camera dei rappresentanti (HoR), l’Alto Consiglio di Stato (HSC), l’Esercito Nazionale Libico (LNA) e il Consiglio di Presidenza. Ma la stabilità che si ottiene dopo aver tenuto elezioni credibili in Libia rimane irraggiungibile senza un accordo tra i principali attori politici, ha detto giovedì il principale inviato delle Nazioni Unite nel paese nordafricano.

I protagonisti libici devono mettere da parte gli interessi personali, negoziare in buona fede e raggiungere un accordo su un governo unificato, garantendo al tempo stesso che le elezioni nazionali vadano avanti per evitare che il paese “scivoli nella disintegrazione”, ha detto Bathily agli ambasciatori del Consiglio di Sicurezza.

“Chiedo al loro senso del dovere morale di negoziare e raggiungere un compromesso per ripristinare la dignità della loro madrepatria”, ha affermato l’inviato speciale in Libia del Segretario Generale dell’ONU Guterres. “La riluttanza a farlo mette in discussione non solo il loro impegno nei confronti delle elezioni, ma anche l’unità e il futuro del loro Paese di cui dovrebbero essere ritenuti responsabili”. “Ho continuato il mio impegno con questi attori importanti, facendo appello alla loro saggezza”, ha detto sconsolato l’esperto diplomatico senegalese al servizio dell’ONU, aggiungendo tuttavia che nessuno si è mosso dalle loro posizioni iniziali.

“Ciascuno continua ad articolare le precondizioni per la propria partecipazione al dialogo come un modo per mantenere lo status quo, che – devo ammettere – sembra essere adatto a loro”, ha detto Bathily.

Poi l’inviato dell’ONU ha messo in mostra le posizioni mantenute da chi non vuole smuoversi per trovare un accordo.

Come il presidente della Camera dei Rappresentanti, Agila Saleh, che sostiene che la questione principale resta la formazione di un governo unificato e che la sua partecipazione sarebbe subordinata al coinvolgimento o all’esclusione completa di entrambi i governi. O il presidente dell’HSC, Mohamed Takala, che conferma il suo rifiuto delle leggi elettorali pubblicate dalla HoR e chiede che la discussione si concentri sul ripristino della versione “iniziale” del testo. O come il primo ministro della GNU, Abdul Hamid Dbeibeh, che insiste che si dimetterà solo dopo lo svolgimento delle elezioni, il che significa che la GNU supervisionerà il prossimo processo elettorale. E il generale Khalifa Haftar, comandante dell’LNA, che insiste affinché sia ​​GNU che GNS partecipino ai colloqui, oppure siano esclusi entrambi.

Infine, ha detto agli ambasciatori il rappresentante speciale Bathily, ecco che almeno il presidente del Consiglio presidenziale (PC), Mohamed al-Menfi, “non vuole essere visto come un partito, ma è pronto a fungere da facilitatore per sostenere la mia iniziativa”.

(Photo UNICEF/Abdulsalam Alturki)

Bathily ha ribadito la disponibilità delle Nazioni Unite a prendere in considerazione proposte che potrebbero portare a una soluzione basata su una soluzione pacifica e inclusiva. Ha sottolineato che il Consiglio di Sicurezza e la comunità internazionale hanno un “ruolo fondamentale” da svolgere nel fare pressione sui leader libici affinché si impegnino in modo costruttivo.“L’allineamento e il sostegno dei partner regionali sono particolarmente importanti”, ha affermato. “Le iniziative parallele possono essere utili solo se sostengono gli sforzi delle Nazioni Unite, per evitare che vengano utilizzate dagli attori libici come mezzo per perpetuare lo status quo”.

Il rappresentante speciale e capo dell’UNSMIL ha informato gli ambasciatori anche sulla situazione umanitaria e dei diritti umani in Libia, rilevando la continua situazione difficile dei migranti e dei richiedenti asilo e l’aumento dei rifugiati dal Sudan. Proprio mentre Bathily parlava al Consiglio di Sicurezza, la premier italiana Giorgia Meloni affermava, durante un Consiglio dei Ministri, che “se 5 mesi fa la nostra prima preoccupazione erano gli arrivi dalla Tunisia, oggi lo è divenuta la costa della Tripolitania, che sta facendo registrare un incremento di partenze”, appunto dall’ondata di profughi in fuga dal Sudan.

Migrants, who were rescued at sea by the Libyan Coast Guard after their boat sank in the Mediterranean, arrive in Garaboli, east of Tripoli, Libya, 25 April 2023.  EPA/STRINGER

Sul fronte della sicurezza, centinaia di mercenari e combattenti stranieri ciadiani sarebbero tornati dalla Libia in Ciad, tuttavia, la sicurezza nel sud della Libia rimane allarmante a causa della crisi in Sudan e nella vasta regione del Sahel.

Anche la “fragile sicurezza” nella capitale Tripoli rimane minacciata dagli attori della sicurezza che cercano di ottenere il “controllo territoriale” sulle aree strategiche, dove si trovano basi militari e istituzioni statali, ha affermato Bathily.

Un accordo promosso dal rappresentante speciale dell’ONU in Libia resta bloccato dagli egoismi e interessi personali dei contendenti e la sua audizione al Consiglio di Sicurezza ha messo ancora una volta in mostra la debolezza del mediatore. Non sarà colpa di Bathily, ma chi potrebbe aiutarlo per uscire dalle sabbie mobili e raggiungere l’obiettivo delle elezioni? Quando lo abbiamo chiesto al briefing giornaliero al portavoce del Segretario Generale, Stephane Dujarric ha risposto: “Penso che la valutazione di Bathily sia stata chiara e onesta come quella di un inviato delle Nazioni Unite nel denunciare l’intransigenza dei leader politici. E Bathily parlava a nome del Segretario generale. Lo rappresentava. Quindi, il punto di vista del Segretario Generale in questa situazione è lo stesso che ha fornito in altre situazioni in cui ha invitato i leader politici di paesi che sono in conflitto interno a mettere da parte i propri vantaggi personali, le proprie questioni personali e a lavorare per il bene della loro gente. Il popolo libico soffre da molto, molto tempo. Spetta inoltre a tutti gli Stati membri che esercitano un’influenza sull’una o sull’altra delle parti esercitare tale influenza in modo costruttivo. E questo è il messaggio che il Segretario Generale ha trasmesso sia pubblicamente che in privato”.

Intanto il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan era stato poche ore prima al Cairo, per fare “la pace” con il rivale Abdel-Fattah al-Sisi. Si spera che riavvicinamento tra Egitto e Turchia, da anni accesi rivali anche in Libia dove favoriscono opposte fazioni, possa dare nuove energie a Bathily, che mentre parlava via video con i Quindici ambasciatori, appariva più sfiduciato che mai.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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