Il Consiglio di Sicurezza si è riunito mercoledì per dibattere la sentenza provvisoria della Corte Internazionale dell’Aja sulla denuncia di genocidio portata dal Sudafrica contro Israele.
La storica sentenza della ICJ della scorsa settimana dovrebbe proteggere i civili di Gaza che stanno affrontando condizioni umanitarie apocalittiche. “L’ordine del tribunale è urgentemente necessario per proteggere l’esistenza stessa del popolo palestinese da azioni potenzialmente genocide che il tribunale ha ordinato a Israele di fermare e prevenire”, hanno detto gli esperti umanitari dell’ONU prima della riunione del Consiglio di Sicurezza.
Venerdì scorso, infatti, la Corte mondiale ha ritenuto plausibile che gli atti di Israele potessero equivalere a un genocidio e ha emesso sei misure provvisorie, ordinando a Israele, tra le altre cose, di prevenire e punire l’incitamento al genocidio, di garantire che aiuti e servizi raggiungano i palestinesi sotto assedio a Gaza e di preservare le prove dei crimini commessi.
L’incontro al Consiglio di Sicurezza è stato richiesto ancora una volta in pochi giorni dall’Algeria, nuovo membro non permanente.

Il coordinatore dei soccorsi d’emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, nel suo intervento ha affermato che attorno agli ospedali di Khan Younis continuano aspri combattimenti che minacciano migliaia di persone spingendole a sud, verso Rafah.
“Ogni giorno che passa ovviamente non fa altro che aggravare la miseria e la sofferenza delle persone a Gaza e in Israele”, ha detto Griffiths.
Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, il numero delle persone uccise a Gaza avrebbe superato le 26.000 unità e i feriti sarebbero più di 65.000. La stragrande maggioranza sono donne e bambini. Quindi Griffiths ha detto che più del 60% delle unità abitative sono state distrutte o danneggiate, con circa il 75% della popolazione totale di Gaza sfollata: “L’acqua pulita è quasi completamente inaccessibile”.
Griffiths ha ricordato che a tutte le persone sfollate da Gaza deve essere garantito il diritto al ritorno volontario, come richiede il diritto internazionale. Allo stesso tempo, la capacità della comunità umanitaria di raggiungere la popolazione di Gaza con aiuti rimane “gravemente inadeguata”.
Nonostante le condizioni pericolose sul posto, gli aiuti stanno tenendo aperte le panetterie rimaste, distribuendo generi alimentari, acqua, kit igienici e di pulizia, tende, teloni e coperte, consegnando medicinali e forniture mediche e aiutando a trasferire i pazienti.
Griffiths ha chiesto maggiori garanzie di sicurezza per l’accesso di aiuti umanitari, stabilendo un flusso prevedibile di rifornimenti e l’accesso ai civili bisognosi in tutta Gaza.
“Il cuore pulsante di tutto questo è l’UNRWA”, ha affermato Griffiths ma il suo personale viene ucciso, ferito e sfollato, ha aggiunto. Poi, dicendosi di essere sconcertato dal fatto che alcuni dipendenti dell’UNRWA sarebbero stati coinvolti negli attacchi in Israele del 7 ottobre, ha confermato che l’agenzia ha agito rapidamente e che è in corso un’indagine. Ma i servizi salvavita dell’UNRWA a oltre tre quarti dei residenti di Gaza non dovrebbero essere messi a repentaglio dalle presunte azioni di alcuni individui, ha affermato Griffiths.
“Per dirla senza mezzi termini e in modo semplice: la nostra risposta umanitaria per i Territori palestinesi occupati dipende completamente dal fatto che l’UNRWA sia adeguatamente finanziata e operativa”, ha affermato il capo dell’ONU per gli aiuti umanitari, sottolineando il “ruolo indispensabile” dell’agenzia in termini di distribuzione, magazzinaggio, logistica e risorse umane, con migliaia di membri del personale che rispondono all’attuale crisi.
“Le decisioni di trattenere i fondi all’UNRWA devono essere revocate”, ha affermato Griffiths.
Ribadendo il suo appello al cessate il fuoco e il rispetto del diritto internazionale umanitario, compresa la protezione dei civili e delle infrastrutture da cui dipendono, Griffiths ha anche chiesto il rilascio immediato di tutti gli ostaggi. “Esorto questo Consiglio a fare tutto ciò che è in suo potere per porre fine a questa tragedia”.

E’ toccato a chi aveva richiesto il dibattito, l’ambasciatore algerino Amar Bendjama, far tornare al centro della discussione la Corte internazionale di giustizia, dichiarando che la sua recente decisione “riafferma” che il tempo dell’impunità è giunto al termine. “Le Nazioni Unite e la comunità internazionale si sono impegnate a garantire che nessun criminale sfugga alle sanzioni e alle responsabilità”, ha affermato Bendjama, affermando che Israele non dovrebbe costituire un’eccezione a questa regola. “È della massima importanza garantire la responsabilità per proteggere le generazioni future da atrocità come quelle commesse oggi a Gaza”, ha affermato, sottolineando che le misure provvisorie imposte dalla Corte mondiale delle Nazioni Unite devono essere attuate per proteggere il popolo palestinese da genocidio.

Quando è stato il turno dell’ambasciatrice degli USA, Linda Thomas-Greenfield ha affermato che l’ordine delle misure provvisorie dell’ICJ è in linea con la sua convinzione secondo cui Israele ha il diritto di difendersi, ma come lo fa è importante e tutte le operazioni sono tenute a rispettare il diritto umanitario internazionale. “Anche se siamo tutti d’accordo sul fatto che occorre fare di più, dobbiamo essere onesti su ciò che la Corte non ha ordinato”, vale a dire il cessate il fuoco. Né la corte ha ritenuto che Israele abbia violato la Convenzione sul genocidio: “Dobbiamo invece lavorare per una soluzione” attraverso la diplomazia, ha continuato Thomas-Greenfield, aggiungendo che gli Stati Uniti stanno lavorando per il rilascio degli ostaggi a Gaza, e la proposta sul tavolo cambierebbe la situazione sul campo, avvicinandosi alla cessazione del conflitto. Secondo gli Stati Uniti, tocca ad Hamas, che ha innescato questa guerra, fare ora una scelta: accettare o respingere la proposta. Per Thomas-Greenfield, il Consiglio dovrebbe aumentare nei prossimi giorni la pressione su Hamas affinché prenda la decisione giusta.
Poi la diplomatica americana è passata alla questione dei finanziamenti dell’UNRWA, in cui ha detto che le indagini sulle azioni di alcuni dei suoi dipendenti devono essere svolte in modo completo e rapido per ripristinare la fiducia dei donatori. Per Thomas-Greenfield trattenere i fondi non è stata una misura punitiva, ma un campanello d’allarme. L’UNRWA deve garantire cambiamenti fondamentali affinché “questo non accada più”.

L’ambasciatore cinese, Zhang Jun, ha affermato che le misure provvisorie dell’ICJ sono una risposta forte alla necessità di proteggere i civili a Gaza, aggiungendo che la Cina chiede maggiori sforzi diplomatici e una conferenza internazionale sulla pace, insieme alla piena adesione della Palestina alle Nazioni Unite. Poi, prendendo atto del presunto coinvolgimento dei membri dello staff dell’UNRWA negli attacchi terroristici del 7 ottobre in Israele, Zhang ha affermato che la Cina sostiene un’indagine imparziale e obiettiva. Tuttavia, l’azione di pochi non dovrebbe distogliere l’attenzione dalla situazione umanitaria a Gaza: “Chiediamo ai principali donatori di riconsiderare la loro decisione di sospendere i finanziamenti dell’UNRWA e di continuare a sostenerla durante le indagini”, ha detto Zhang.

L’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha affermato che i tagli ai finanziamenti all’UNRWA guidati dagli Stati Uniti stanno avvenendo in un “tragico contesto umanitario” e che l’indagine sulle accuse contro il personale dell’agenzia deve prendere in considerazione le informazioni provenienti sia da fonti israeliane che palestinesi. I sospetti sollevati contro 12 membri dello staff “non dovrebbero essere usati per screditare l’intera struttura dell’agenzia” e minare le sue attività chiave nel fornire sostegno a milioni di persone nei Territori palestinesi occupati e nei paesi arabi vicini. Per il diplomatico russo particolarmente allarmante è la “retorica provocatoria” di numerosi rappresentanti della leadership israeliana, che chiedono l’eliminazione della presenza dell’UNRWA nell’enclave e lo sfollamento forzato dei palestinesi, aggiungendo che un simile scenario non dovrebbe essere attuato “sotto ogni circostanza”.

L’ambasciatore palestinese Riyad Mansour ha affermato che la sentenza provvisoria della Corte internazionale di giustizia ha “offerto un clamoroso rimprovero” a coloro che sostenevano che il caso di genocidio contro Israele fosse privo di merito e di fondamento.
“La Corte ha anche respinto la premessa secondo cui in qualche modo Israele, per sua stessa natura, sarebbe al di sopra della legge e non potrebbe essere accusato di aver commesso il crimine di genocidio”, ha aggiunto Mansour, invitando tutti a “concentrarsi” sulle misure provvisorie adottate dalla Corte,“leggendole, studiandole e rileggendole” per sapere quali sono le misure e “non quali sono le illusioni nella mente di alcuni, di quello che non c’è”. “È chiarissimo che le misure provvisorie adottate dalla Corte sono vincolanti e Israele deve rispettarle”, ha affermato il diplomatico palestinese.
Mansour ha sottolineato che 13 membri del Consiglio di Sicurezza hanno votato per un cessate il fuoco immediato e che anche 153 Stati membri hanno sostenuto l’appello all’Assemblea Generale. “Sarebbe criminale non agire per porre fine a questa guerra di atrocità”, poiché la Corte internazionale di giustizia riconosce ora il rischio di genocidio, ha affermato.

Brett Jonathan Miller, vice rappresentante permanente di Israele, ha ricordato che il 7 ottobre un’organizzazione terroristica ha messo in atto il suo programma genocida, ma nulla di tutto ciò è stato formalmente condannato dal Consiglio di Sicurezza. “Il messaggio ai cittadini israeliani e agli ostaggi… è stato che la vostra umanità non conta per noi e non meritate la nostra attenzione”.
Invece, il Paese vittima si trova nuovamente a fronteggiare false accuse. Contrariamente ad Hamas, Israele si impegna a rispettare la legge e a dimostrare umanità. Nel frattempo, il disprezzo di Hamas per la legge non rientra mai nelle discussioni. Lo stesso tentativo di sollevare l’accusa di genocidio contro Israele è una distorsione della Convenzione sul genocidio, ha continuato Miller, sottolineando che la stessa distorsione si riscontra nel tentativo di distorcere le misure provvisorie ordinate dalla ICJ.
La Corte ha affermato che la sua decisione non pregiudica la questione della sua giurisdizione per trattare il merito del caso, ha affermato. È significativo , ha continuato il diplomatico israeliani, che nessuno abbia menzionato la richiesta della corte per il rilascio degli ostaggi, e che nulla dell’uso grottesco della Corte Internazionale di Giustizia abbia a che fare con la legge.
Accogliendo con favore la decisione dei paesi di sospendere i finanziamenti dell’UNRWA sulla base del coinvolgimento di alcuni dipendenti dell’agenzia negli attacchi del 7 ottobre, anche Miller ha supportato le richieste di un’indagine completa.

Atteso l’intervento dell’ambasciatrice sudafricana Mathu Joyini. Il Sudafrica era invitato a parlare al Consiglio di Sicurezza per la sua denuncia di Israele alla ICJ. Joyini ha affermato che gli eventi degli ultimi mesi a Gaza hanno dimostrato che Israele sta agendo contrariamente ai suoi obblighi di diritto internazionale, compresi quelli in termini di Convenzione sul genocidio. Secondo la diplomatica sudafricana la recente ordinanza dell’ICJ sulla richiesta del Sudafrica di misure provvisorie nel suo caso contro Israele ha stabilito che le sue azioni sono “plausibilmente genocide”.
Ricordando che queste misure sono direttamente vincolanti per Israele, Joyni ha detto che “la decisione della Corte segna una vittoria decisiva per lo stato di diritto internazionale e una pietra miliare significativa nella ricerca di giustizia per il popolo palestinese”.
A seguito dell’ordine della Corte, gli Stati sono ora consapevoli dell’esistenza di un grave rischio di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza, imponendo l’obbligo a tutte le nazioni di cessare i finanziamenti e facilitando le azioni militari di Israele, anch’esse considerate plausibilmente genocide. “Purtroppo, nei giorni successivi alla decisione della corte, abbiamo visto il governo israeliano continuare le sue azioni illegali in violazione dell’ordine della corte”, ha detto l’ambasciatrice sudafricana, aggiungendo che il Sudafrica continuerà a fare tutto ciò che è in suo potere per preservare l’esistenza del popolo palestinese come gruppo, per porre fine a tutti gli atti di apartheid e genocidio contro di esso e per aiutare verso la realizzazione del suo diritto collettivo all’autodeterminazione.
Accogliendo con favore la rapida azione delle Nazioni Unite nell’indagare sulle accuse contro il personale dell’UNRWA, il Sudafrica è rimasto estremamente preoccupato per l’annuncio di tagli ai finanziamenti all’agenzia, ribadendo l’appello ai donatori di riconsiderare le loro decisioni.