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January 26, 2024
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Corte dell’Aja ordina a Israele di “evitare atti di genocidio contro palestinesi a Gaza”

I giudizi internazionali non impongono però il cessate il fuoco. Netanyahu: "Continueremo per la nostra strada"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

“Fai agli altri quello che vorresti sia fatto a te”. Questa frase biblica conosciuta come la “Golden Rule”, la regola d’oro, è scolpita in un’opera d’arte regalata alle Nazioni Unite. Ben in vista dentro al Palazzo di Vetro, l’opera di Norman Rockwell donata dagli Stati Uniti è un mosaico creato con il vetro di Murano. L’artista americano mette anche il suo ritratto tra quelli rappresentanti i popoli del mondo, che nei loro abiti e copricapi mostrano la cultura, la religione e l’etnia di appartenenza.

Oggi, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja (ICJ) ha emesso il suo primo giudizio su Israele e il crimine di genocidio a Gaza, dando in parte ragione alla denuncia inoltrata dal Sudafrica. Israele aveva chiesto alla Corte di respingere le accuse del Sudafrica, ma i giudici – con a capo la presidente Joan Donoghue, una togata degli Stati Uniti – hanno deciso diversamente.

Il mosaico “The golden rule” – Un Photo

La Corte di Giustizia Internazionale ha infatti ordinato di evitare azioni che possano far violare la Convenzione sul Genocidio, approvata nel 1948 e ratificata da 153 Stati, fra cui proprio Israele. Il trattato in questione è la Convenzione per la Prevenzione e la sanzione del crimine di genocidio, in cui quest’ultimo viene definito con “gli atti perpetrati con l’intenzione di distruggere, in modo totale o parziale, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

L’ICJ non ha deciso venerdì che sia provato che Israele abbia o stia commettendo un genocidio: questo verdetto ancora non c’è. In questa prima fase, la ICJ doveva valutare se esistessero basi plausibili per le misure preliminari richieste dal Sudafrica per proteggere i diritti dei palestinesi ai sensi del diritto internazionale sul genocidio. In altre parole, se l’accusa che Israele stia commettendo un genocidio avesse elementi talmente plausibili che, come richiesto dal Sudafrica, si dovesse subito ordinare a Israele di interrompere i metodi della sua campagna militare.

La Corte, infatti, non ha ordinato il cessate il fuoco (come chiedeva il Sudafrica), ma ha imposto a Israele di fermare gli atti che fanno sospettare l’intenzione di commettere un genocidio.

Sulla base delle uccisioni di massa (già oltre 26 mila palestinesi, di cui almeno un terzo bambini e con il calcolo in difetto perché almeno 10mila scomparsi si pensa siano sotto le macerie) e delle sofferenze tra gli abitanti di Gaza, oltre che del linguaggio disumanizzante utilizzato dai funzionari israeliani contro i civili palestinesi, la Corte ha stabilito la validità della denuncia del Sudafrica per procedere con alcune misure preliminari. Per questo si afferma che “la catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza corre il serio rischio di peggiorare ulteriormente prima che la Corte emetta la sua sentenza definitiva”, che potrebbe richiedere mesi se non anni.

Per la Corte, le cui decisioni nel linguaggio legale ONU sono “binding” (vincolanti), Israele deve intraprendere una serie di azioni necessarie per impedire il genocidio, garantendo “con effetto immediato” che le sue forze non violino le disposizioni della Convenzione sul Genocidio che vietano di uccidere o infliggere gravi danni ai palestinesi come gruppo distinto. La Corte ordina a Israele di far entrare più aiuti a Gaza (ma senza il cessate il fuoco, come faranno gli operatori umanitari a raggiungere chi ha bisogno?) e di presentare entro un mese un rapporto sulle azioni intraprese in risposta alla sentenza.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito le accuse di genocidio come “oltraggiose” e ha promesso di proseguire la guerra. “Continueremo a fare ciò che è necessario per difendere il nostro Paese e il nostro popolo”, ha detto il capo del Governo. Prevedibile da parte sua, ma ora che farà il popolo israeliano?

Proprio nello stesso giorno della sentenza dell’Aja, all’Assemblea Generale dell’ONU si è svolta la cerimonia di ricordo dei crimini dell’Olocausto (che cade ogni 27 gennaio). “Oggi più di tutti i giorni – ha sottolineato Guterres – dobbiamo ricordare che la demonizzazione dell’altro e il disprezzo della diversità sono un pericolo per tutti. Nessuna società è immune dall’intolleranza, ma il fanatismo contro un gruppo è fanatismo contro tutti”.

Nella stessa cerimonia, l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan ha affermato che l’attacco contro Israele del 7 ottobre da parte di Hamas è stato “un tentativo di genocidio”. “Noi, il popolo ebraico, comprendiamo il significato del genocidio più di chiunque altro”, ha detto Erdan. “Siamo perseguitati da millenni. Hitler ha impresso il significato del genocidio nel nostro DNA”. Il 7 ottobre Hamas “ha riaperto quella ferita”, ha continuato Erdan accarezzando una stella gialla appuntata sulla giacca. “Nella Giornata internazionale della memoria dell’Olocausto… sono qui in nome dello Stato di Israele e di tutti coloro che sono stati assassinati dai nazisti e da Hamas. Giuro che non dimenticheremo”.

Al briefing, il portavoce dell’Onu ha letto la reazione di Guterres alla decisione della Corte dell’Aja, dove si dice che il Segretario Generale “ha preso nota della decisione”. Alla domanda se anche per Guterres la “regola d’oro” oggi sia il monito lanciato dalla Corte dell’Aja, il portavoce Stephane Dujarric taglia corto: “Ciò che è stato deciso oggi (a l’Aja) è stato deciso in base ai fatti presentati sia da Israele che dal Sudafrica”.

Il genocidio è il peggior crimine umano che si possa commettere, elimina fisicamente la vittima, ma distrugge moralmente senza appello chi lo commette, come fu con il nazismo. A Netanyahu ormai preme solo la sua sopravvivenza al potere? Gli israeliani e la loro democrazia rimarrebbero schiacciati per sempre dalla responsabilità del crimine del genocidio. La decisione della Corte dell’Aja deve dare lo slancio al popolo d’Israele per sbarazzarsi di chi è al potere, prima che sia troppo tardi.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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