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Guterres attacca Israele alla riunione con i ministri del Consiglio di Sicurezza Onu

Al dibattito di alto livello su Gaza, il Segretario Generale dice che il “chiaro e ripetuto rifiuto” di Israele della soluzione a due Stati “è inaccettabile”

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 9 mins read

Riunione di alto livello al Palazzo di Vetro martedì del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla crisi in Medio Oriente, presieduta dal ministro degli Esteri francese Stéphane Séjourné, dato che la Francia è presidente di turno per il mese di gennaio.

Tanti i discorsi ma, come era previsto, nessun provvedimento concreto. Il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, affermando la gravità della crisi davanti al mondo, ha chiesto ancora una volta il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi tenuti dai militanti palestinesi a Gaza, affermando che nulla potrà mai giustificare l’uccisione deliberata, il ferimento o il rapimento di civili, “l’uso della violenza sessuale contro di loro o il lancio indiscriminato di razzi” contro di loro.
Ha sottolineato che Israele sta proponendo una pausa di due mesi nelle ostilità in cambio di un “rilascio graduale” degli ostaggi rimasti nella Striscia. “Continuerò, nelle mie limitate capacità, a portare avanti tutti gli sforzi per contribuire al loro rilascio”, ha affermato.

Affermando che l’intera popolazione di Gaza sta subendo una distruzione ad una scala e ad una velocità senza eguali nella storia recente, Guterres ha sottolineato che nulla può giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese. Con le malattie e la fame che imperversano e i bisogni che salgono alle stelle,  gli operatori umanitari e i partner delle Nazioni Unite si stanno impegnando ma “nonostante tutti gli sforzi che ho descritto, nessuna operazione di aiuto umanitario efficace può funzionare nelle condizioni imposte ai palestinesi di Gaza e a coloro che fanno tutto il possibile per aiutarli”, ha affermato il capo delle Nazioni Unite.
Guterres ha ribadito la necessità di sicurezza sul terreno, oltre ad attrezzature di telecomunicazione per i convogli, veicoli blindati, pezzi di ricambio per infrastrutture vitali, più punti di passaggio, facilitazione delle verifiche e fine del rifiuto delle spedizioni di aiuti. “Rinnovo il mio appello per un cessate il fuoco umanitario immediato. Ciò garantirà che aiuti sufficienti arrivino dove sono necessari, faciliterà il rilascio degli ostaggi e aiuterà a ridurre le tensioni in Medio Oriente”, ha sottolineato.

Guterres ha anche espresso preoccupazione per la violenza oltre Gaza, notando un aumento delle vittime nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme Est; gli scontri a fuoco lungo la cosiddetta Linea Blu, che separa le forze armate israeliane e libanesi; l’escalation della situazione nel Mar Rosso; e le esplosioni in Siria e Iran.

Ma il clou del suo intervento, è stato quando il Segretario Generale ha sottolineato l’importanza vitale della soluzione dei due Stati, bollando il rifiuto “chiaro e ripetuto” della soluzione dei due Stati ai massimi livelli del governo israeliano “inaccettabile”, sottolineando che ciò è avvenuto nonostante “gli appelli più forti” anche da parte degli amici e alleati di Israele. “Questo rifiuto e la negazione del diritto allo stato per il popolo palestinese, prolungherebbe indefinitamente un conflitto che è diventato una grave minaccia alla pace e alla sicurezza globale (…) La soluzione dei due Stati è l’unico modo per rispondere alle legittime aspirazioni sia degli israeliani che dei palestinesi”. Guterres ha concluso sollecitando la comunità internazionale ad avanzare un processo di pace significativo. “Negli ultimi decenni, la soluzione dei due Stati è stata ripetutamente criticata, denigrata e lasciata morta. Tuttavia, rimane l’unico modo per raggiungere una pace giusta ed equa in Israele, in Palestina e in tutta la regione”.

Riad Al-Malki, Minister for Foreign Affairs and Expatriates of the State of Palestine, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Eskinder Debebe )

Quando è intervenuto Riyad Al Maliki, Ministro degli Affari Esteri dello Stato della Palestina (che non è membro effettivo dell’ONU con diritto di voto, ma ha il titolo di “membro osservatore” e quindi può intervenire), ha affermato che la guerra in corso è uno “sforzo premeditato per infliggere il massimo dolore alla popolazione palestinese” combinando tre fattori.

In primo luogo, la campagna di bombardamenti più selvaggia e indiscriminata del secondo dopoguerra; una massiccia distruzione e un crudele assedio che priva la popolazione dei beni essenziali per la sua sopravvivenza – portando alla diffusione di carestia, disidratazione, malattie, miseria e disperazione – e allo sfollamento forzato su una scala e a una velocità mai osservata nella storia moderna praticamente dell’intera popolazione palestinese. “Nessuna casa, ospedale, scuola, moschea, chiesa o rifugio dell’UNRWA è al sicuro dai bombardamenti israeliani; Bombe da 2.000 tonnellate sganciate senza alcuna preoccupazione per le vite dei civili, più di 25.000 delle quali sono state uccise, tra cui oltre 11.000 bambini; più di 63.000 feriti, migliaia di mutilati e disabili permanenti e più di 7.000 sepolti sotto le macerie”, ha detto Al-Maliki.

Il mondo chiede un cessate il fuoco, ha detto il ministro palestinese, “è tempo di responsabilità e di convocazione di una conferenza internazionale di pace con un obiettivo chiaro: sostenere il diritto internazionale e attuare le risoluzioni delle Nazioni Unite attraverso un’azione risoluta da parte di tutti gli Stati, le organizzazioni e le Nazioni Unite”.

È anche giunto il momento del riconoscimento e dell’ammissione dello Stato di Palestina all’ONU: “75 anni fa non ci è stato concesso il diritto di veto sull’ammissione di Israele alle Nazioni Unite; Israele non ha diritto di veto sull’ammissione dello Stato di Palestina 75 anni dopo”, ha affermato Maliki, aggiungendo che il consenso internazionale su due Stati in questo paese deve essere mantenuto nelle parole e nei fatti, non ci possono più essere pretesti per infiniti ritardi e ostruzioni.

“Ci sono due scelte: un fuoco che si estende o un cessate il fuoco. L’alternativa alla libertà, alla giustizia e alla pace è ciò che sta accadendo ora”. Poi Maliki ha concluso: “Dobbiamo assicurarci che tutto ciò finisca, adesso, e dobbiamo assicurarci che non accada mai più. Mai più”.

Gilad Erdan, Permanent Representative of Israel to the United Nations, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Evan Schneider)

L’ambasciatore israeliano Gilad Erdan, ricordando che Israele si ritirò da Gaza 18 anni fa, ha detto che da quando Hamas è stato eletto, ha trasformato l’enclave in una “macchina da guerra”. Per Erdan, sostenere un cessate il fuoco permanente vedrebbe Hamas restare al potere e metterebbe Israele a rischio esistenziale perché Hamas cerca di annientare Israele. Tuttavia, “se Hamas dovesse denunciare i responsabili dell’attacco del 7 ottobre contro Israele e restituire gli ostaggi, la guerra finirebbe immediatamente”, ha affermato il diplomatico israeliano, aggiungendo che “difenderemo il nostro futuro”.

“L’espansione del conflitto era pianificata”, ha continuato Erdan, mostrando una foto delle armi sequestrate e sottolineando che senza l’Iran, gli Houthi non avrebbero armi per colpire le navi nel Mar Rosso. Per Israele ogni paese della regione è stato colpito dall’Iran, che non si fermerà davanti a nulla pur di estendere la sua egemonia e Erdan ha ricordato che anche l’Albania è stata colpita da un attacco informatico iraniano.

Stéphane Séjourné, Minister for Europe and Foreign Affairs of the Republic of France and President of the Security Council for the month of January, chairs the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Quando Stéphane Séjourné, ministro dell’Europa e degli Affari esteri della Francia, è intervenuto in veste nazionale, ha elencato che tre principi che guideranno l’azione della sua delegazione all’ONU nelle settimane a venire. In primo luogo, il principio di umanità: “Tutti gli ostaggi devono essere rilasciati immediatamente e incondizionatamente, e dobbiamo agire a favore della popolazione civile di Gaza e lavorare per un cessate il fuoco”, ha affermato Séjourné, aggiungendo che il secondo principio è quello della giustizia.“Bisogna rilanciare il processo di pace in maniera decisa e credibile. Conosciamo i parametri della soluzione: due Stati che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza, all’interno di confini sicuri e riconosciuti basati sulle linee del 1967, ed entrambi con Gerusalemme come capitale”. Il terzo principio sarà quello della responsabilità di fronte ai rischi di escalation, ha affermato il ministro francese, sottolineando che “dobbiamo fare di tutto per evitare una conflagrazione nella regione e un’estensione del conflitto”.

Foreign Minister Ahmed Attaf of Algeria addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo )

Il ministro degli Esteri algerino, Ahmed Attaf, ha affermato che l’obiettivo della sua delegazione è “porre fine allo spargimento di sangue a Gaza” e per questo l’umanità deve affrontare tre sfide. Innanzitutto bisogna rispettare le leggi. La seconda sfida è garantire che nessuno Stato membro ritenga di avere diritto a un trattamento speciale e all’immunità. La terza sfida è costringere Israele a rispettare il diritto internazionale e porre fine all’attuale crisi a Gaza. “Dobbiamo riunire gli organi giudiziari internazionali per consegnare Israele alla giustizia”, ha affermato il ministro algerino, accogliendo con favore il caso del Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia (ICJ) e le iniziative di paesi come il Cile, che ha presentato una petizione alla Corte penale internazionale (ICC).“Chiediamo a questi organismi di attuare il loro mandato”. Nel frattempo, anche tutti i membri del Consiglio di Sicurezza dovrebbero assumersi le proprie responsabilità, poiché non vi è dubbio che la priorità immediata è garantire un cessate il fuoco e agire rapidamente per raggiungere la soluzione a due Stati. “Per mantenere le fondamenta stesse della soluzione dei due Stati, chiediamo che la Palestina diventi uno Stato membro a pieno titolo delle Nazioni Unite”, ha concluso Attaf.

Sergey Lavrov, Minister for Foreign Affairs of the Russian Federation, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Eskinder Debebe)

La presenza al Consiglio di Sicurezza del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov (in assenza del Segretario di Stato USA Blinken) era quella che destava più attese. Parlando in russo, Lavrov ha affermato che il Consiglio deve ancora fornire una risposta adeguata per porre fine al conflitto e adottare misure per prevenire un’ulteriore destabilizzazione del Medio Oriente a causa della posizione degli Stati Uniti, che pone il veto alle risoluzioni di cessate il fuoco, favorendo così la punizione collettiva dei palestinesi.

Sollevando preoccupazione per il massiccio sfollamento di palestinesi, l’impatto ambientale su Gaza dei bombardamenti israeliani e la grave mancanza di accesso umanitario in mezzo agli alti rischi di epidemie, Lavrov ha affermato che la Russia ha inviato centinaia di tonnellate di aiuti alla Striscia e sostiene gli sforzi delle agenzie delle Nazioni Unite su il terreno.

L’incapacità di agire del Consiglio ha fatto sì che il conflitto si allargasse nella regione, rappresentando nuovi rischi per la sicurezza internazionale, compresi gli attacchi di Stati Uniti e Regno Unito allo Yemen e gli attacchi di Israele alla Siria. Allo stesso tempo, gli appelli delle delegazioni occidentali si concentrano sul “giorno dopo” invece che sul cessate il fuoco. In quest’ottica, il Consiglio deve continuare a chiedere un cessate il fuoco. Fino a quando ciò non accadrà, le discussioni sul “giorno dopo” per il ministro russo saranno inutili. I palestinesi dovrebbero decidere da soli il proprio futuro, ha detto Lavrov, aggiungendo che “penso che sia ciò che i nostri colleghi occidentali chiamano democrazia”. Ogni volta che gli Stati Uniti intraprendono un’azione unilaterale in Medio Oriente, con i loro negoziati “navetta”, si conclude con “un’escalation ancora più sanguinosa”, ha affermato Lavrov attaccando l’amministrazione Biden.

Quindi ha aggiunto che la Russia sosterrà una conferenza internazionale che potrebbe trovare soluzioni, comprese misure per garantire la sicurezza di Israele, e un sistema di sicurezza collettiva nel Golfo Persico e nel Medio Oriente nel suo insieme.

Uzra Zeya, Under Secretary of State for Civilian Security, Democracy, and Human Rights of the United States, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo )

Non c’era Blinken (è in missione in Africa) così a rappresentare gli USA alla riunione dei ministri, c’era Uzra Zeya, sottosegretario di Stato americano per la sicurezza civile, la democrazia e i diritti umani. Zeya ha affermato che gli sforzi di allentamento della tensione da parte di Washington continuano e che gli USA sostengono le Nazioni Unite e il suo lavoro.

“Non può esserci alcun trasferimento forzato di civili a Gaza” ha detto Zeya a ministri e ambasciatori, dichiarando che gli Stati Uniti continuano a chiedere ai leader israeliani di fare di più per proteggere i civili e aderire al diritto internazionale, aggiungendo che anche le Nazioni Unite e altro personale umanitario richiedono maggiore protezione.

La rappresentante del governo USA ha sollevato preoccupazioni per la mancanza di sicurezza nelle strutture sanitarie e in altre infrastrutture civili.

“I brutali attacchi di Hamas hanno scatenato questo conflitto”, ha detto, sottolineando che la crisi degli ostaggi deve essere risolta e che il Consiglio deve finalmente condannare le azioni di Hamas e chiedere il rilascio di tutti gli ostaggi a Gaza. Poi a nome degli Stati Uniti ha avvertito l’Iran di non impegnarsi in attacchi che potrebbero portare alla diffusione del conflitto e continueranno ad agire per proteggere il proprio personale nella regione.

“L’obiettivo è un futuro in cui Gaza non venga mai utilizzata come piattaforma per il terrorismo”, ha affermato Zeya, aggiungendo che due Stati, con la sicurezza garantita di Israele, sono l’unico garante per porre fine a questa violenza “una volta per tutte”. Poi, quando Zeya è uscita dal Consiglio di Sicurezza, ha risposto ad alcune domande dei giornalisti (vedi video sotto).

L’ambasciatore cinese all’ONU Zhang Jun ha affermato che l’incontro deve inviare un messaggio di unità e chiarezza. Nonostante il consenso internazionale su un cessate il fuoco immediato, l’uso del veto da parte dei membri permanenti durante i dibattiti sulle passate risoluzioni di Gaza ha ostacolato tutti gli sforzi. Secondo il diplomatico cinese, ciò che manca è la volontà politica e la determinazione, e ha invitato il Consiglio a prendere l’iniziativa con urgenza, per ripristinare la pace. Zhang ha ribadito che la priorità deve essere considerata un cessate il fuoco immediato. Tutti i membri della comunità internazionale non dovrebbero risparmiare alcuno sforzo diplomatico per promuovere il silenzio delle armi e impedire un’ulteriore propagazione del conflitto in tutto il Medio Oriente. Per la Cina la soluzione dei due Stati deve essere rivitalizzata per raggiungere una Palestina e un Israele che possano convivere pacificamente. “È inaccettabile che la leadership israeliana respinga questa soluzione”, ha aggiunto Zhang. Quindi per aumentare la pressione e renderla una realtà, è necessario garantire alla Palestina la piena adesione alle Nazioni Unite.

La riunione ad alto livello, che è durata fino a sera, ha visto anche l’intervento di molti ministri di paesi che non sono attualmente membri del Consiglio di Sicurezza, come Hakan Fidan, ministro degli Esteri della Turchia, che ha affermato: “Israele deve cercare una soluzione diplomatica e, come comunità internazionale, abbiamo la responsabilità storica di fermare questa guerra”, aggiungendo che un cessate il fuoco immediato, il rilascio dei prigionieri e il continuo accesso umanitario sono cruciali sulla strada verso una soluzione duratura perché “le misure temporanee non funzioneranno”. Poiché il futuro di Gaza dipende solo dai palestinesi e dai palestinesi, il ministro del governo di Erdogan ha detto che l’attenzione dovrebbe essere rivolta alla creazione di uno Stato palestinese indipendente e all’istituzione di un meccanismo che monitori i progressi della pace tra Israele e Palestina.

Hossein Amir-Abdollahian, Minister for Foreign Affairs of the Islamic Republic of Iran, addresses the Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian question. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Quando ha parlato davanti a Quindici il ministro degli Esteri dell’Iran Hossein Amir-Abdollahiyan,  ha affermato che “la guerra non è la soluzione. La sicurezza non può essere raggiunta ricorrendo all’uso della forza e commettendo il crimine di genocidio a Gaza”. La guerra, ha ripetuto Abdollahiyan “non può continuare fino alla distruzione di Hamas perchè questo non avverrà mai”, sottolineando che “la gente palestinese deve avere il diritto di scegliere il proprio destino”. Quindi il capo della diplomazia iraniana ha attaccato gli Usa per aver impedito al Consiglio di Sicurezza di trovare una soluzione alla crisi e per gli attacchi contro gli Houthi in Yemen.

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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