Nessuno vuole allargare il conflitto, dichiarano a parole i contendenti e i loro alleati, ma poi tutti fanno di tutto per agevolare lo scoppio della guerra anche tra Israele e Libano.
Pochi giorni dopo aver ucciso a Beirut il numero due di Hamas Saleh Arouri, lunedì Israele colpisce un altro “pezzo da novanta” nel sud del Libano, eliminando, ancora una volta con un drone armato, il comandante militare Wissam Hassan Tawil degli Hezbollah. L’azione israeliana avviene all’indomani di un attacco di Hezbollah contro un centro di difesa aerea d’Israele sul monte Meron, in Galilea.
Il confronto militare arriva a maturazione dopo che 80 mila cittadini israeliani, nei giorni seguenti alla strage di Hamas del 7 ottobre, hanno dovuto lasciare le loro case al Nord d’Israele, al confine con il Libano, perché la zona era diventata troppo pericolosa. Infatti i miliziani di Hezbollah (libanesi sciiti, di solito distanti dai palestinesi sunniti di Hamas, ma si sa, il nemico del mio nemico…) hanno ormai la capacità di sparare una valanga non solo di razzi, ma anche di missili. Così da quando Israele bombarda Gaza per eliminare Hamas, a sua volta gli Hezbollah minacciano Israele nel suo confine del Nord.

Eppure, almeno secondo la risoluzione che fu approvata ad un’unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 2006 per fermare allora la guerra scoppiata tra i due nemici, nessun militante di Hezbollah potrebbe stazionare vicino alla cosiddetta “linea blu”, cioè quella zona cuscinetto tra Israele e Libano dove dovrebbero operare solo i soldati ONU dell’UNIFIL (tra cui oltre mille italiani) al limite coadiuvati dai soldati dell’esercito regolare libanese. Invece da anni la risoluzione 1701 non viene rispettata, perché gli Hezbollah non solo “dominano” in tutto il Sud del Libano, ma ora hanno un potenziale di “fuoco” (missili procurati dall’Iran e anche di fabbricazione nordcoreana) tale da poter colpire non solo le abitazioni appena lasciate dagli israeliani nel Nord, ma anche Tel Aviv e le altre maggiori città israeliane della costa.
Il ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, in un’intervista al Wall Street Journal, ha in pratica ripetuto l’avvertimento gia fatto dal “rivale” premier Bibi Netanyhau, minacciando così le autorità libanesi: senza un accordo che consenta agli abitanti della Galilea di tornare alle proprie case, “abbiamo la capacità di fare un copia-incolla di Gaza con Beirut”. Cioè ridurre la capitale libanese in macerie…
Ma come potrebbe Israele aprire un altro fronte mentre il suo esercito di riservisti combatte a Gaza? Forse per questo l’IDF ha dichiarato che sta ritirando forze di terra e diminuirà i raid aerei sulla Striscia per portare avanti altre “operazioni speciali”, come appunto quella che ha colpito in Libano.

In tutto questo, la missione dell’ONU nel Sud del Libano (UNIFIL), si ritrova nelle condizioni di non poter più svolgere la sua funzione “potenziata” richiesta dalla risoluzione del 2006. La cosiddetta United Nations Interim Force in Lebanon, infatti, esiste nel paese arabo dal 1978, ma dopo la seconda invasione israeliana del 2006, venne allargata. Certamente con quel nome “Interim” (di transizione) fa sorridere per una missione che dura da 35 anni! Eppure UNIFIL era riuscita finora ad evitare un nuovo scontro aperto tra Hezbollah e Israele – anche se non era riuscita a far rispettare pienamente la risoluzione 1701, che infatti escludeva la presenza militare di Hezbollah al confine e avrebbe dovuto vigilare sul traffico di armamenti da terra e dal mare.
Il comando dell’UNIFIL, in questi anni quasi sempre italiano, adesso è affidato al generale spagnolo, Aroldo Lázaro Sáenz, perchè la Spagna, come l’Italia, ha uno dei contingenti di caschi blu più numeroso nella forza di pace. Proprio sabato, in Libano c’era il “ministro degli Esteri” dell’Europa, lo spagnolo Josep Borrell, che incontrando il primo ministro libanese Najib Mikati ha detto che ”la priorità è evitare una escalation nella regione”. “Sono stato informato dal tenente generale Arnoldo Lazaro capo missione dell’UNIFIL sugli attuali rischi di una escalation lungo la Linea Blu”, ha scritto Borrell in un tweet. ”Ho riaffermato il forte sostegno dell’Ue alla missione delle Nazioni Unite, che svolge un ruolo cruciale nel prevenire e mitigare l’escalation”.
Il governo libanese aveva la scorsa settimana denunciato al Consiglio di Sicurezza, la violazione della sovranità nazionale da parte d’Israele per l’assassinio del vice di Hamas Arouri, ma i Quindici a New York non solo non si sono ancora riuniti su questo tema, ma non sembra che la presidenza francese del Consiglio mostri di aver fretta, dato che anche martedì non sono previste riunioni.
In allarme per una possibile invasione, al governo libanese non resta che “alzare la posta” per evitare il conflitto: il suo ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib ha annunciato che il Libano è pronto a far attuare pienamente la risoluzione 1701 Onu secondo la quale le forze di Hezbollah non possono rimanere a sud del fiume Litani, e sarà l’esercito libanese a controllare il confine con Israele. Allo stesso tempo, Beirut vuole che Israele faccio lo stesso con l’attuare la risoluzione, ritirandosi quindi “completamente da tutti i territori libanesi e fermando le violazioni terrestri, marittime e aeree”. Ma il governo libanese, che in oltre 15 anni non è mai riuscito a “disarmare” Hezbollah, come troverebbe di colpo la forza? Già, quale diventerebbe il ruolo dei caschi blu di UNIFIL durante questa escalation?

L’Italia detiene da pochi giorni la presidenza del G7 e il ministro degli Esteri Antonio Tajani spinge con gli alleati per far terminare il conflitto a Gaza ed evitare che gli scontri già in atto tra Israele e Hezbollah si trasformino in guerra totale, con conseguenze per le forze dell’UNIFIL e per tutta la regione incalcolabili. Intanto quando il mese scorso è venuto al Palazzo di Vetro il ministro della Difesa Guido Crosetto, negli incontri con il capo delle missioni di pace Jean Pierre Lacroix e col Segretario Generale Antonio Guterres, si è parlato soprattutto di UNIFIL e nonostante Crosetto con i gornalisti abbia cercato di sdrammatizzare, si intuiva che l’Italia stava studiando con l’ONU gli scenari in arrivo nell’incandescente confine tra Libano e Israele.
L’ONU si sa, non ha mai avuto “leverage” sul governo israeliano, l’unica che può farsi ancora ascoltare resta la Casa Bianca. Il segretario di Stato Antony Blinken, impegnato nella sua “shuttle diplomacy” in Medio Oriente, dopo la tappa negli Emirati ed in Arabia Saudita, è ora a Tel Aviv: riuscirà Biden a frenare il governo Netanyhau dalla tentazione di trasformare il Libano nella “copia” di Gaza?