Con molti diplomatici ancora in vacanza, l’ambasciatore francese Nicolas de Rivière ha presentato ai giornalisti quello che appariva uno “scarno” programma del Consiglio di Sicurezza. A chi gli faceva notare alcune “crisi” mancanti, lui ripeteva: “Ci concentriamo su quelle più importanti”. Quindi c’era tanto Medio Oriente, ma spiccava non vedere – almeno nel foglietto stampato col programma – una riunione fissata sull’Ucraina.
Quando a De Rivière la prima domanda è stata proprio sull’Ucraina e quali speranze ci fossero per fare passi avanti verso la pace, l’ambasciatore francese ha risposto: “Non vedo nessuna speranza di un inizio di negoziati per la pace nel breve termine in Ucraina, ma dobbiamo continuare a fare pressione per questo obiettivo e dobbiamo fare il possibile per portare la pace in questo paese”. Poi ha aggiunto: “La situazione rimane disastrosa e non migliora, al contrario sta peggiorando – ha aggiunto – Negli ultimi giorni sono aumentati i bombardamenti russi, Mosca prende di mira strutture civili con una chiara agenda disegnata per spaventare la popolazione, e tutto questo è contrario alle leggi umanitarie. Tutta la guerra è una chiara violazione della Carta Onu”. Già ma nel programma? Probabile che ci saranno diverse chiamate di riunione di emergenza e quindi le caselle lasciate in bianco servono a questo.
Dalla conferenza stampa della missione francese è in effetti uscita una notizia: già domani la prima riunione “non programmata”, ma di colpo diventata urgente: il Consiglio di Sicurezza Onu affronterà la crisi degli attentati condotti nel Mar Rosso dalle milizie yemenite Houthi. De Rivière, quando gli è stato chiesto della risposta internazionale agli attacchi degli Houthi dello Yemen contro le navi del Mar Rosso, aveva detto che la riunione “era probabile, forse anche domani”. Neanche un’ora dopo, la conferma arriva da una nota inviata ai giornalisti dalla missione degli Stati Uniti all’Onu: “I numerosi attacchi ingiustificati provenienti dai territori controllati dagli Houthi in Yemen rappresentano una grave minaccia per il commercio internazionale e la sicurezza marittima. Gli Usa e altri membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tra cui Ecuador, Francia, Guyana, Giappone, Malta, Sud Corea e Regno Unito hanno chiesto un incontro di emergenza che avrà luogo domani per affrontare le questioni marittime del Mar Rosso”.

“La situazione è brutta”, aveva detto de Riviere alla conferenza stampa, aggiungendo: “C’è una ripetizione di violazioni e azioni militari in quest’area”.
Intanto, dopo l’attacco di Israele con un drone che ha fatto esplodere un palazzo a Beirut uccidendo sei persone, compreso l’obbiettivo, il numero due di Hamas Saleh al-Arouri, arriva la notizia che il premier libanese Najib Mikati ha detto al ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib di presentare una protesta formale al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dopo “la palese aggressione israeliana contro la sovranità libanese e a tutte le violazioni israeliane”.
Durante la conferenza stampa, quando gli è stato chiesto all’ambasciatore francese cosa pensasse della “violazione della sovranità libanese”, de Riviere è stato “diplomaticamente” evasivo (anche perché ufficialmente Israele non ha ancora rivendicato l’attacco) e si è limitato a ripetere che la Francia ritiene valida la reazione di Israele nei confronti di Hamas “che a sua volta vorrebbe la distruzione di Israele”, ma che allo stesso tempo ritiene fondamentale che i civili non siano mai considerati un bersaglio.
Ma quando il giornalista libanese Nabil Abi Saab ha chiesto cosa pensasse la Francia sulla denuncia di genocidio inoltrata dal Sud Africa all’International Criminal Court, de Rivière è stato diretto e ha affermato: “La Francia è una forte sostenitrice del ICJ. Vedremo cosa decideranno in merito e ci assicureremo di sostenere l’esito della decisione”.
Sempre al Palazzo di Vetro, martedì c’è stata la cerimonia di “insediamento” delle bandiere, in cui i cinque ambasciatori dei nuovi paesi “entranti” al Consiglio di Sicurezza, presiedono alla istallazione delle loro bandiere allo stake-out e per l’occasione fanno un breve discorso. In questa occasione, c’erano gli ambasciatori di Guyana, Algeria, Sierra Leone, Sud Corea e Slovenia.

L’Algeria, si legge in un comunicato, ha sottolineato che nei prossimi due anni “porterà in alto la voce del continente africano all’interno di questo organo centrale dell’Onu”, rinnovando a New York “il suo impegno per la pace, dando priorità al dialogo, alla risoluzione pacifica delle crisi e al principio di non ingerenza negli affari interni degli Stati, con l’obiettivo di perseguire il suo approccio al mantenimento della pace internazionale e della sicurezza, di sostegno alla cooperazione internazionale e al rafforzamento del ruolo dell’Onu, portandola ad assumere le proprie responsabilità nei confronti dei due popoli, palestinese e sahrawi”.
L’articolo è stato aggiornato il 3 gennaio 2024