Gli Emirati Arabi Uniti (EAU), a poche ore dal termine del loro mandato come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza, hanno richiesto una riunione d’emergenza dei Quindici sulla situazione in Palestina. Molti ambasciatori erano già partiti per le feste, venerdì il Palazzo di Vetro era affollato più da turisti che diplomatici, ma gli UAE fino all’ultimo giorno del loro mandato hanno sentito la responsabilità del seggio “arabo” al Consiglio di Sicurezza, soprattutto dopo la guerra lanciata da Israele a Gaza a sua volta provocata dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre.
Il tema in discussione questa volta non solo la situazione a Gaza, ma anche nel West Bank (Cisgiordania), dove negli ultimi giorni sono aumentati i morti palestinesi causati dagli scontri con i coloni israeliani, e anche la tensione crescente al confine tra Israele e Libano (dove tra i soldati della missione UNIFIL, ci sono oltre mille caschi blu italiani).

L’incontro faceva seguito a quello della scorsa settimana in cui era stata adottata la risoluzione dal Consiglio di Sicurezza che chiede un aumento delle consegne di aiuti ai civili nella Striscia di Gaza. La risoluzione, presentata proprio dagli UAE, era stata approvata con 13 voti favorevoli e l’astensione di Stati Uniti e Russia.
Ancora una volta è toccato a José Javier De La Gasca, Ambasciatore Rappresentante Permanente dell’Ecuador e presidente di turno per il mese di dicembre, a dar inizio alla riunione, invitando anche Israele, così come lo Stato osservatore della Palestina.
A testimoniare sulla situazione c’erano Khaled Khiari, Segretario generale aggiunto per il Medio Oriente, l’Asia e il Pacifico, Dipartimento per gli affari politici e la costruzione della pace; Marwan Muasher, vicepresidente per gli studi presso il Carnegie Endowment for International Peace ed ex vice primo ministro della Giordania; e Itay Epshtain, consigliere speciale del Consiglio norvegese per i rifugiati e consulente senior in diritto e politiche umanitarie. Khiari ha confermato ai membri del Consiglio che la situazione in Medio Oriente è sempre più allarmante e continua a peggiorare, compresi “diversi teatri di conflitto interconnessi”.
Khiari ha descritto le “intense” operazioni di terra israeliane e i combattimenti tra le forze israeliane e Hamas e altri gruppi nella maggior parte delle aree di Gaza, mentre Hamas e altre fazioni palestinesi continuano a lanciare razzi da Gaza verso Israele. “I civili di entrambe le parti, in particolare nella Striscia di Gaza attualmente, continuano a sopportare il peso di questo conflitto”, ha affermato il funzionario dell’ONU.
Ribadendo l’appello del Segretario Generale Guterres per un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza, Khiari ha avvertito che il rischio di una ricaduta regionale di questo conflitto con potenziali conseguenze devastanti per l’intera regione “rimane elevato”, data anche la moltitudine di attori coinvolti.
Khiari ha informato anche i membri del Consiglio dei “continui scambi quotidiani” di fuoco attraverso la linea blu tra Libano e Israele, ponendo un “grave rischio” per la stabilità regionale. “Ci sono stati sempre più spesso attacchi contro aree civili, con vittime civili, su entrambi i lati della Linea Blu, oltre a un numero crescente di vittime tra i combattenti”, ha aggiunto. Khiari ha anche ricordato gli attacchi alle basi statunitensi in Iraq e Siria, con gli Stati Uniti che hanno condotto alcuni attacchi aerei contro gruppi sospettati di queste azioni in Iraq e Siria. Ha anche citato rapporti di attacchi aerei israeliani all’interno della Siria, nonché tensioni nel Mar Rosso.
Itay Epshtain, consulente senior presso il Consiglio norvegese per i rifugiati (NRC), ha informato i membri del Consiglio delle osservazioni legali che sono alla base della risposta dell’NRC alla crisi umanitaria. “Alcuni riguardano gravi violazioni che sono state perpetrate e continuano a verificarsi, altri si riferiscono ad atrocità premeditate che dovrebbero essere prevenute da questo Consiglio”, ha affermato, sottolineando che tutte le parti – gruppi armati palestinesi e Israele – hanno mostrato un disprezzo sconsiderato per le norme del diritto internazionale, comprese le regole fondamentali del diritto internazionale umanitario, “le stesse regole che devono rispettare in ogni circostanza, violate”. Egli ha sottolineato che la NRC ha condannato l’atroce violenza lanciata da Hamas contro i civili israeliani e continua a chiedere l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi. Richiede inoltre un trattamento umano dei detenuti palestinesi, in linea con il diritto internazionale. “La stessa certezza giuridica deve anche significare la fine dell’offensiva israeliana dalla quale i cittadini di Gaza non hanno rifugio, prima che essa mieta la vita a un numero ancora maggiore di civili, molti dei quali donne e bambini”, ha affermato.
Majed Bamya, vice osservatore permanente dello Stato osservatore della Palestina alle Nazioni Unite, ha detto che “questo attacco israeliano si basa, intenzionalmente, sull’uccisione di massa e indiscriminata di civili. La catastrofe umanitaria non è la conseguenza della guerra, è uno strumento utilizzato da Israele per fare pressione sulle persone e costringerle ad andarsene”, ha affermato. Bamya ha detto che gli israeliani “riescono a farla franca con omicidi di questa portata senza precedenti… perché non sono mai stati ritenuti responsabili”. “Ecco perché confessano i loro crimini, ecco perché rubano le nostre vite, la nostra terra, le nostre risorse, i nostri soldi, il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro in pieno giorno”, ha detto i diplomatico palestinese.

Gilad Erdan, ambasciatore e rappresentante permanente di Israele presso le Nazioni Unite, si è chiesto perché non venga convocato un “briefing urgente” del Consiglio di sicurezza ogni volta che vengono attaccati civili e siti civili israeliani.
“Questi attacchi sembrano una semplice conseguenza, questa violenza si verifica magicamente da sola. Non è chiaro che i terroristi genocidi cercano di uccidere i cittadini israeliani ogni giorno”, ha detto.
“Questo Consiglio è pronto a mostrare solidarietà ai civili in tutto il Medio Oriente purché non siano israeliani”, ha aggiunto Erdan, chiedendo perché il Consiglio di Sicurezza tace quando vengono presi di mira civili israeliani innocenti.
“Perché non avete condannato il lancio di razzi dal Libano, dalla Siria e dallo Yemen”, ha detto, avvertendo che la situazione nel nord di Israele “sta raggiungendo il punto di non ritorno”.
“Ogni giorno, israeliani innocenti sono sotto attacco. Se questi attacchi persistono, Israele garantirà che questi atti di terrorismo finiscano”, ha minacciato l’ambasciatore Erdan, ribadendo che se gli attacchi continueranno, “la situazione aumenterà e potrebbe portare a una guerra su vasta scala”.

Lana Zaki Nusseibeh, ambasciatrice e rappresentante permanente degli Emirati Arabi Uniti (EAU), ha spiegato che i briefing di oggi “sottolineano” l’urgenza della soluzione a due Stati e sulla stabilità nella regione del Medio Oriente . “In quest’ultima guerra di questo conflitto decennale, è chiaro che siamo a un bivio”, ha affermato, sottolineando che i membri del Consiglio di Sicurezza, compresi gli Emirati Arabi Uniti, “devono prendere decisioni coraggiose e forse scomode”. L’alternativa, ha avvertito la diplomatica degli UAE, è che il “panorama infernale” di Gaza si espanda in Cisgiordania, Israele, Libano e altre parti del Medio Oriente. “Gaza nel 2023 ha dimostrato l’immensa capacità degli esseri umani di infliggere orrori indicibili ad altri esseri umani”, ha aggiunto, sottolineando che la guerra è una “guerra di estremisti”.
Nusseibeh ha continuato sottolineando la situazione disperata dei civili nell’enclave in mezzo ai continui bombardamenti da parte delle forze israeliane, che mettono a rischio non solo la vita dei palestinesi ma anche quella degli ostaggi israeliani rimasti nella Striscia. “Di fronte a questa carneficina, abbiamo tutti riscoperto l’urgenza di raggiungere la soluzione dei due Stati come via d’uscita”, ha affermato, sollecitando “un’azione decisiva” per mantenerla sulla buona strada.

Per gli USA non c’era nè l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield né il suo vice, l’ambasciatore Robert Wood, al loro posto John Kelley, ministro consigliere e coordinatore politico presso la missione permanente degli Stati Uniti. Kelley ha affermato che il suo paese condivide la preoccupazione per il “forte aumento” della violenza da parte dei coloni estremisti in Cisgiordania e per la situazione “senza precedenti” per numero di vittime palestinesi sia lì che a Gaza. “Sappiamo che il 2023 è stato l’anno più sanguinoso per i palestinesi in Cisgiordania”, ha affermato, sottolineando “la morte di qualsiasi civile, sia che si tratti di uno degli individui uccisi dai terroristi di Hamas il 7 ottobre, o di uno dei palestinesi uccisi in Cisgiordania o a Gaza è una tragedia”. “Gli Stati Uniti continuano a sottolineare al governo israeliano l’importanza di prevenire la violenza estremista dei coloni, nonché di indagare e ritenere responsabili coloro che commettono atti di violenza”, ha aggiunto. Kelley ha inoltre osservato che gli Stati Uniti continueranno ad attuare le restrizioni sui visti contro i coloni, annunciate il 5 dicembre, prendendo di mira le persone che si ritiene siano state “coinvolte o abbiano contribuito in modo significativo” a minare la pace, la sicurezza e la stabilità in Cisgiordania. “Queste restrizioni rafforzano la convinzione di lunga data degli Stati Uniti che l’avanzamento degli insediamenti in Cisgiordania mina le prospettive di un futuro Stato palestinese e di una soluzione a due Stati, così come qualsiasi azione che mini la stabilità in Cisgiordania, compresi gli attacchi dei coloni israeliani contro i palestinesi e attacchi palestinesi contro israeliani”.“Cerchiamo di essere chiari: una soluzione a due Stati in cui israeliani e palestinesi vivano fianco a fianco in pace è la via verso la pace”, ha aggiunto il diplomatico americano.
#UN report: Türk warns of rapidly deteriorating human rights situation in the West Bank, calls for end to violence.
Read the report here 👉 https://t.co/BGZChZobZg#OPT #WestBank #Jerusalem #ENDViolencehttps://t.co/Zk5NQ5zdEO
— UN Human Rights Palestine (@OHCHR_Palestine) December 28, 2023
Vassily Nebenzia, ambasciatore e rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, ha replicato dicendo che “stiamo assistendo a continue operazioni da parte delle forze di sicurezza israeliane e dei coloni violenti, che non solo minacciano un disastro umanitario su larga scala ma anche di diffondere la crisi al resto della regione”. Il diplomatico russo ha anche notato l’aumento delle tensioni in Libano, Siria, Iraq e Yemen, mentre l’Egitto e la Giordania si trovano ad affrontare rischi senza precedenti di un massiccio esodo di palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania. Nebenzia ha anche fornito dati agghiaccianti: 302 palestinesi, tra cui 79 bambini, sono stati uccisi dall’esercito e dai coloni israeliani in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, dal 7 ottobre. “Complessivamente il loro numero ha raggiunto le 504 persone. Il 2023 è stato l’anno più sanguinoso per gli abitanti della Cisgiordania”, ha affermato, aggiungendo che “le molteplici operazioni di sicurezza di Israele in questa parte del territorio occupato sono iniziate molto prima dell’attacco terroristico del 7 ottobre”. Condannando categoricamente gli attacchi terroristici del 7 ottobre, Nebenzia ha affermato che i raid sono iniziati “senza alcun collegamento” con la minaccia terroristica che gli israeliani hanno utilizzato come giustificazione per condurre un’operazione senza precedenti per ripulire Gaza, causando la morte di oltre 21.000 persone, tra cui 144 membri del personale delle Nazioni Unite”.

Nicolas de Rivière, ambasciatore e rappresentante permanente francese, ha detto che “la priorità deve essere l’immediata attuazione di un cessate il fuoco duraturo, con l’aiuto di tutti i partner regionali e internazionali”, aggiungendo che gli aiuti umanitari devono essere consegnati con urgenza ai civili nell’enclave insieme alle garanzie di accesso “senza restrizioni”. Ha inoltre sottolineato la necessità di attuare le due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza adottate di recente. “A questo proposito, la Francia ricorda che il diritto internazionale umanitario deve essere attuato in tutte le circostanze e da tutti”, ha affermato l’ambasciatore, sottolineando che la Francia rimarrà pienamente coinvolto negli sforzi umanitari a favore della popolazione civile nella Striscia di Gaza. Ha anche affermato che il Consiglio di Sicurezza non può limitarsi esclusivamente ad affrontare i “sintomi” della crisi, chiedendo il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. Ha inoltre esortato l’organismo formato da 15 membri a condannare gli attacchi terroristici commessi da Hamas e altri gruppi il 7 ottobre, compresa la violenza sessuale. “È incomprensibile che questo Consiglio non sia ancora riuscito a farlo”, ha affermato De Riviere, sottolineando anche l’importanza della soluzione dei due Stati.

Geng Shuang, ambasciatore e vice rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni Unite, ha affermato che “non esiste un posto sicuro a Gaza”, avvertendo che la situazione sul campo non consente agli operatori umanitari di svolgere il loro lavoro e di raggiungere le persone bisognose con gli aiuti. Le attività di insediamento di Israele in Cisgiordania e la sua continua escalation di raid hanno eroso le basi di una soluzione a due Stati, ha aggiunto il diplomatico cinese, sottolineando che Israele deve cessare tutte le attività di insediamento e ritenere responsabili i responsabili: “Sosteniamo la piena adesione della Palestina alle Nazioni Unite e la rapida ripresa dei negoziati diretti tra Palestina e Israele”, ha aggiunto l’ambasciatore Geng.
Barbara Woodward, ambasciatrice del Regno Unito (UK) presso le Nazioni Unite, pur sottolineato l’impegno del suo Paese nei confronti della sicurezza di Israele, ha anche aggiunto che “troppi civili sono stati uccisi”, affermando che Israele deve rispettare il diritto umanitario internazionale e distinguere chiaramente tra terroristi e civili. Inoltre, Israele deve fermare immediatamente la violenza dei coloni, ha aggiunto Woodward. La diplomatica Ha anche messo in guardia dalle inglese ha anche avvertito sulle potenziali ricadute del conflitto e ha sottolineato che un conflitto in piena regola tra Israele e Hezbollah sarebbe “catastrofico” per il Libano e la regione più ampia.

Intanto, mentre il Consiglio di Sicurezza teneva l’ultima riunione del 2023 sulla situazione in Medio Oriente, Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, ha rilasciato una dichiarazione che convergeva su tutti i temi toccati dai Quindici: “Con l’intensificarsi delle ostilità tra Israele, Hamas e altri gruppi a Gaza, il Segretario generale rimane seriamente preoccupato per l’ulteriore estensione di questo conflitto, che potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intera regione”, si legge nella dichiarazione. C’è il rischio continuo di una più ampia conflagrazione regionale, quanto più a lungo continua il conflitto a Gaza, dato il rischio di escalation ed errori di calcolo da parte di più attori, si legge. La dichiarazione rileva inoltre che l’escalation di violenza nella Cisgiordania occupata, comprese le intensificate operazioni delle forze di sicurezza israeliane, l’elevato numero di vittime, la violenza dei coloni e gli attacchi contro gli israeliani da parte dei palestinesi, è “estremamente allarmante”. “Gli scontri a fuoco quotidiani lungo la Linea Blu rischiano di innescare un’escalation più ampia tra Israele e Libano e di compromettere la stabilità regionale”, si legge, rilevando anche la crescente preoccupazione del capo delle Nazioni Unite per gli effetti di ricaduta dei continui attacchi da parte di gruppi armati in Iraq e Siria. e gli attacchi del gruppo Houthi nello Yemen contro le navi nel Mar Rosso, che si sono intensificati negli ultimi giorni. “Il Segretario generale esorta tutte le parti a esercitare la massima moderazione e ad adottare misure urgenti per allentare le tensioni nella regione”, aggiunge la dichiarazione, sottolineando il suo appello “a tutti i membri della comunità internazionale affinché facciano tutto ciò che è in loro potere per utilizzare le proprie risorse per influenzare le parti interessate e prevenire un’escalation della situazione nella regione”. “Il Segretario generale ribadisce la sua richiesta per un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi”, conclude la dichiarazione.
Il 2023 si chiude senza che il Consiglio di Sicurezza sia riuscito a fermare la strage di civili a Gaza, come del resto anche la guerra della Russia in Ucraina. Nel 2024 l’organo dell’ONU riuscirà a cancellare questo marchio fallimentare sulla sua missione? Intanto gli Emirati Arabi non ci saranno più a scuotere il Consiglio per il rispetto dei diritti umani dei palestinesi. Vedremo se tra i Quindici, ci sarà un diplomatico capace di prendere il testimone lasciato dalla brava e tenace ambasciatrice Lana Zaki Nusseibeh.