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COP28: a Dubai ancora un “calcio al barattolo” per il pareggio che non serve

L'accordo nel documento finale ritenuto “storico” perché usa il linguaggio sulla volontà di abbandono dei combustibili fossili: cioè parole senza obblighi

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

La partita della COP28 giocata “fuori casa” a Dubai, non si risolve neanche ai tempi supplementari nonostante lo “spinning” della notizia, che i media di tutto il mondo riprendono, secondo cui l’accordo è “storico” perché per la prima volta si indica la volontà di abbandonare i combustibili fossili. Non basterà.

A Dubai, nessuno ha vinto. L’ONU e i paesi che spingevano per una tabella precisa che vietasse investimenti sui fossili, non sono riusciti a piegare le resistenze dei “padroni di casa”, i paesi produttori di petrolio. A loro volta questi, che pretendevano che non se ne parlasse neanche con vaghe frasi di “auspicio”, hanno dovuto cedere. Ma sono solo parole, non seguite dall’obbligo di passare ai fatti.

Tutti i partecipanti possono così firmare il documento finale che altrimenti non verrebbe approvato (questi vertici hanno bisogno del consenso totale per poter essere presentati come un “successo”). Non c’è la mortificazione della sconfitta, ma come si può festeggiare per un misero pareggio?

L’accordo della COP28 non è giuridicamente vincolante, esattamente come non lo è la risoluzione sul cessate il fuoco appena votata dall’Assemblea Generale dell’ONU, tant’è che a Gaza oggi i bambini continuano a morire. Come dire: “moralmente” è giusto seguire la risoluzione, ma se proprio non puoi, non ci sono conseguenze…

Non c’é niente nel documento di Dubai per scoraggiare i paesi produttori di combustibili fossili (come l’UAE che ospitava il vertice, e soprattutto l’Arabia Saudita che lo “indirizzava”) dal  continuare l’esplorazione petrolifera, o lasciare più spazio a “carburanti di transizione” come il gas naturale.

“La conferenza sul clima COP28 di Dubai ha trasmesso un messaggio storico e inconfondibile secondo cui il sistema energetico globale deve abbandonare l’uso di carbone, petrolio e gas”, scrive il Financial Times nel suo editoriale, importante perché stampato nel più importante quotidiano internazionale che segue gli interessi del business globale. Cioè per FT, è “un passo avanti, piuttosto che la ritirata che molti avevano temuto”.

Ma se il linguaggio della “transizione dai combustibili fossili” è inedito e invia  al mercato mondiale un segnale che non può essere ignorato, non c’è nulla di quello che gli esperti dell’ONU avevano ripetuto – prima e durante i lavori della COP28 – essere non più rimandabile:  le emissioni globali devono essere ridotte immediatamente. Dal documento finale, non esiste un testo decisionale che indichi quale è il picco delle emissioni globali che non si può più superare.

Ha scritto Kelly Sims Gallagher della Tufts University: “Dal mio punto di vista, l’unico risultato principale della COP28 è l’istituzione del Fondo per le perdite e i danni, con nuovi impegni per 792 milioni di dollari”. Cioè la notizia uscita il primo giorno della conferenza. Magro bottino.

To those who opposed a clear reference to phase out of fossil fuels during the #COP28 Climate Conference, I want to say:

Whether you like it or not, fossil fuel phase out is inevitable. Let’s hope it doesn’t come too late. pic.twitter.com/q2LqMw75K1

— António Guterres (@antonioguterres) December 13, 2023

Leggendo la dichiarazione finale rilasciata dal Segretario Generale Antonio Guterres stanotte, si capisce che anche per colui che aveva cercato da questo vertice  “il massimo dell’ambizione”, il pareggio non serve a nessuno e si è ancora una volta dato “un calcio al barattolo”. 

“A coloro che si sono opposti a un chiaro riferimento all’eliminazione graduale dei combustibili fossili nel testo della COP28, voglio dire che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili è inevitabile, che gli piaccia o no. Speriamo che non arrivi troppo tardi”. Già, Guterres sa bene che nel documento non c’è nulla per evitare questi ritardi con il raggiungimento dello zero netto globale entro il 2050 e con il mantenimento dell’obiettivo degli 1,5 gradi.

Climate Action Network International march at the UN Climate Change Conference, COP28, at Expo City in Dubai, United Arab Emirates.
(COP28/Christopher Pike)

Il documento di Dubai non lo garantisce e viene facile “misurare” quanto il documento finale della COP28 sia più o meno in grado di arrestare il consumo di combustibili fossili nei prossimo anni, basta osservare  come gli investitori hanno reagito alle prime ore di mercoledì: l’industria dei combustibili fossili non ha subito perdite, anzi: le azioni di Chevron ed Exxon Mobil erano leggermente in rialzo nelle negoziazioni pre-mercato di mercoledì.

Alla COP28 è finita con quel pareggio che, per chi ha fiducia negli scienziati che firmano i rapporti dell’ONU, non farà evitare la retrocessione del Pianeta nell’inferno ambientale insostenibile. La palla passa alla COP29, in attesa dei drastici provvedimenti prima del 2030, cioè prima che sia troppo tardi.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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