Filippo Grandi, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), martedì ha riferito al Consiglio di Sicurezza che, nell’ultima giornata di presidenza del Brasile, aspettava il suo rapporto. Grandi ha indicato gli ultimi dati raccolti dalla sua agenzia che parlano di “114 milioni di rifugiati e sfollati nel mondo: 114 milioni!”.
Quindi il capo dell’UNHCR ha elogiato la presidenza brasiliana per aver capito l’importanza di dedicare questo tempo all’analisi della questione sfollati: “Questo è sicuramente un sintomo tangibile ma a volte trascurato dell’attuale disordine estremo del mondo, e includere questa discussione annuale nella vostra fitta agenda, soprattutto in questi giorni, è coerente con l’encomiabile attenzione del Brasile per la difficile situazione degli sradicati, per la quale vi ringrazio”.
Lo sfollamento forzato è anche una conseguenza del mancato rispetto della pace e della sicurezza, ha detto Grandi, e il conflitto continua ad essere il suo principale motore. “Le ultime tre settimane hanno fornito prove devastanti che il mancato rispetto delle regole fondamentali della guerra – il diritto internazionale umanitario – sta diventando sempre più la norma e non l’eccezione, con civili innocenti uccisi in numeri senza precedenti: negli attacchi di Hamas contro civili israeliani e nell’uccisione di Civili palestinesi e massiccia distruzione di infrastrutture causata dall’operazione militare israeliana in corso”.
Grandi ha dedicato molto del suo discorso alla situazione a Gaza, anche se ha ricordato che la sua agenzia non si occupa dei rifugiati palestinesi che sono responsabilità dell’UNRWA. “Mentre parliamo, come sapete, oltre due milioni di abitanti di Gaza, metà dei quali bambini, stanno attraversando quello che il mio collega Philippe Lazzarini ha definito ‘l’inferno in terra’”, ha detto Grandi che poi anche lui ha chiesto “un cessate il fuoco umanitario abbinato, ovviamente, a una fornitura sostanziale di aiuti umanitari all’interno di Gaza può almeno fermare questa spirale di morte e spero che supererete le vostre divisioni ed eserciterete la vostra autorità nel richiederne uno: il mondo sta aspettando che voi lo facciate”.

Grandi è stato prima dell’UNHCR, a capo dell’UNRWA, quando “ho osservato come la soluzione del conflitto israelo-palestinese sia sempre stata descritta come “sfuggente”: ma non è stata così sfuggente; è stato ripetutamente e deliberatamente trascurato, messo da parte come qualcosa di non più necessario e quasi ridicolizzato”. L’Alto Commissario dell’ONU ha detto che è stato un errore “affrontare la cronica recrudescenza della violenza, seguita da cessate il fuoco temporanei”, invece che “concentrarsi su una pace reale; uno in grado di garantire a israeliani e palestinesi i diritti, il riconoscimento, la sicurezza e lo stato che meritano”. Per Grandi, infatti, non ci sarà pace nella regione e nel mondo senza “una giusta soluzione al conflitto israeliano e palestinese, compresa la fine dell’occupazione israeliana”.
Grandi ha appoggiato l’analisi fatta dal Segretario Generale Antonio Guterres (quella che gli a procurato la “scomunica” di Israele che ne ha chiesto le dimissioni): “Spero che le osservazioni del Segretario generale qui al Consiglio la scorsa settimana aiutino tutti a riflettere sulla necessità di voltare questa pagina oscura, per quanto difficile possa essere: perché è vitale”.
Rendendo omaggio all’UNRWA, “la mia ex organizzazione, e ad altro personale umanitario per il loro lavoro eroico, ed esprimere le mie più sentite condoglianze per gli attuali 67 colleghi che hanno stati uccisi”, Grandi ha poi avvertito che quest’ultima ondata di conflitto violento “rischia di infettare l’intera regione e oltre, con conseguenze catastrofiche, anche nei luoghi in cui l’UNHCR è molto presente e lavora per proteggere e assistere gli sfollati e risolvere la loro difficile situazione”.

Grandi ha detto ai quindici che il conflitto a Gaza “è l’ultimo – e forse il più grande – tassello di un pericoloso puzzle di guerra che si sta rapidamente chiudendo attorno a noi”, ma poi ha subito avvertito: “Ma noi – voi – abbiamo la responsabilità di ricordare che non è l’unico”.
Così il capo dell’UNHR ha ricordato i combattimenti brutali in Sudan, con “il mondo scandalosamente silenzioso, anche se le violazioni del diritto umanitario internazionale persistono impunemente”. A causa di quel conflitto, quasi sei milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case; “più di un milione sono fuggiti nei paesi vicini e spesso fragili – e alcuni di loro si sono già trasferiti in Libia e Tunisia, e stanno attraversando il Mediterraneo su fragili imbarcazioni verso l’Italia e il resto d’Europa”.
Poi Grandi ha ricordato il Libano – “scosso dal collasso economico in un paese in cui una persona su quattro è un rifugiato palestinese o siriano”. Ha ricordato il Sahel Centrale, dove “in una situazione di grave instabilità politica torna a crescere la brutale violenza che da anni terrorizza i civili, spingendo sempre più persone verso gli Stati costieri africani, giustamente molto preoccupati, sullo sfondo di un’emergenza climatica che continua a seminare il caos in tutti i paesi più poveri”.
Quindi non ha dimenticato “la Repubblica Democratica del Congo, dove uno degli effetti peggiori dei conflitti moderni – l’orribile violenza contro le donne – è così diffuso come strumento di guerra da rendere il mondo quasi insensibile alle notizie ricevute ogni giorno di sempre più donne e bambini stuprati, sfruttati e uccisi: violenza che ogni giorno allontana le persone dalle loro case”. Ed ecco l’Armenia, “dove 100.000 rifugiati sono fuggiti dal Karabakh nel giro di pochi giorni; il risultato di un altro conflitto irrisolto lasciato cuocere a fuoco lento per decenni”.
Grandi quindi è passato all’America Centrale, “dove osserviamo modelli crescenti di crisi irrisolte aggravate dalla criminalità, comprese bande che causano sfollamenti – e dove flussi di popolazione sempre più complessi ora includono anche molti che arrivano dall’Africa e oltre – una testimonianza della globalità di sfollamento e disperazione”.

Ricordando la guerra in Ucraina, Grandi ha detto che “la difficile situazione di tutti i civili – tra cui più di 11 milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case in seguito all’invasione russa – continua ed è particolarmente grave ora, con l’arrivo dell’inverno, come avete appena sentito”.
A questo punto Grandi ha implorato il Consiglio di Sicurezza di far sentire “La sua voce. La vostra voce forte, unita, portatrice dell’autorità che la Carta conferisce a questo Consiglio, ma che il mondo non sente più, affogato com’è nelle rivalità e nelle divisioni. Da dove mi siedo, questo è diventato difficile da capire. Come sostenitore del multilateralismo e del ruolo delle Nazioni Unite, semplicemente non posso accettarlo”.
Grandi ha spiegato che un’agenzia umanitaria come l’UNHCR non può provvedere alle crisi appena elencate e quelle ancora in atto come in Siria, o in Burundi, quando “non ci sono i fondi per aiutare le persone a tornare a casa e ricominciare la propria vita”. Oppure alla sfida in un paese come Myanmar, o l’Afghanistan, “dove la combinazione di conflitti, violazioni dei diritti umani e sfide umanitarie fa sì che fornire aiuti – indispensabili per salvare vite umane – richiede l’interazione con le autorità de facto in contesti politici difficili e spesso pericolosi”.

Ma all’UNHCR viene chiesto “di fare di più con meno. Perdonatemi se parlo di soldi, ma devo farlo, perché il lavoro umanitario ha bisogno di risorse. La sola UNHCR ha urgente bisogno di 600 milioni di dollari entro la fine dell’anno, e le prospettive per il prossimo anno sono cupe, con i grandi donatori che taglieranno gli aiuti e altri – che potrebbero aiutare – che non si impegneranno nel sostegno multilaterale”.
Grandi non ha esitato a dire le condizioni precarie in cui si muovono finanziariamente la sua agenzia umanitaria ma anche tante altre: “Essere soli, essere esposti, essere a corto di risorse mi fa chiedere per quanto ancora potremo continuare. Gli umanitari sono duri – ma gli umanitari, signor Presidente, sono vicini al punto di rottura. E cosa ti rimarrà, quando dovranno andarsene?”.
Quindi Grandi ha avvertito sul Consiglio di Sicurezza che “le scelte che voi quindici farete – o non farete – segneranno tutti noi; e per le generazioni a venire. Continuerete a permettere che questo puzzle di guerra venga completato da atti aggressivi, dalla vostra disunità o dalla pura negligenza? Oppure farete i passi coraggiosi e necessari per uscire dal baratro?”
Il capo dell’UNHCR, alla fine della riunione, è apparso davanti ai giornalisti dove ha ribadito alcuni concetti essenziali del suo rapporto al Consiglio e si è soffermato sulla tragedia di Gaza ricordando ancora che non è la UNHCR ma la sua ex UNRWA che ha il mandato per occuparsene. Quando gli abbiamo chiesto se i palestinesi che in questo momento volessero fuggire da Gaza dal passaggio di Rafah, per la legge internazionale sui rifugiati non dovrebbero essere respinti dall’Egitto ma essere accolti, lui ha replicato: “La priorità ora è portare aiuti. I palestinesi non vogliono lasciare Gaza, vogliono essere aiutati a Gaza”.
Qui sotto il video della riunione con gli interventi anche dei Quindici.