Lunedì il capo dei soccorsi d’emergenza delle Nazioni Unite (OCHA), Martin Griffiths, ha espresso profonda preoccupazione per l’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza e per il destino degli ostaggi israeliani, anticipando anche “buone notizie” riguardo all’accesso degli aiuti nel sud di Gaza dall’Egitto.
“La storia sta guardando”, ha detto Martin Griffiths al servizio informazioni delle Nazioni Unite da Ginevra, sottolineando la situazione disperata in cui versano circa un milione di abitanti di Gaza sradicati negli ultimi giorni, dopo che l’esercito israeliano ha avvertito di un’offensiva imminente in seguito all’attacco mortale contro Israele del 7 ottobre da parte del gruppo militante Hamas.
“L’accesso agli aiuti è la nostra priorità assoluta. E di ora in ora discutiamo approfonditamente con gli israeliani, con gli egiziani, con gli abitanti di Gaza su come farlo”, ha detto Griffiths, aggiungendo di essere ottimista nel sentire presto “qualche buona notizia” che potrebbe essere trovata una soluzione per l’impasse politica.
We’re living in the worst of times. pic.twitter.com/V1onMWCSka
— Martin Griffiths (@UNReliefChief) October 16, 2023
Sotto la trascrizione in italiano della dichiarazione di Griffiths di lunedì:
“Viviamo nel peggiore dei tempi. La prima cosa che voglio sottolineare è l’atto inaccettabile e illegale di prendere quegli ostaggi da Israele, molti dei quali, per l’amor di Dio, sono bambini, donne, anziani e malati, e tenerli nascosti a Gaza contro qualche eventualità futura. Bisogna liberarli subito.
Numero due: la risposta a quell’atto vergognoso comprende anche le regole umanitarie della guerra. Non si può chiedere alle persone di allontanarsi dal pericolo senza aiutarle a farlo, ad andare in luoghi di loro scelta dove vogliono essere al sicuro e con l’aiuto umanitario di cui hanno bisogno per compiere quel viaggio in sicurezza.
E in questo momento, il movimento che è avvenuto non ha avuto quelle disposizioni e deve averle; gli ospedali stanno finendo il carburante, stanno finendo le scorte nel nord. Le persone non possono muoversi senza aiuto.

Numero tre: abbiamo bisogno di accesso agli aiuti. Stiamo discutendo approfonditamente con gli israeliani, con gli egiziani e con altri, enormemente aiutati dal segretario Blinken nei suoi viaggi nella regione. E spero di sentire qualche buona notizia stamattina sull’arrivo degli aiuti attraverso Rafah, uno dei punti di passaggio ma importante, a Gaza per aiutare quel milione di persone che si sono trasferite a sud così come coloro che già vivono lì. Quindi regole di guerra, aiuti, accesso.
Domani mi recherò personalmente nella regione per cercare di aiutare nei negoziati, per cercare di testimoniare e di esprimere solidarietà con lo straordinario coraggio delle molte migliaia di operatori umanitari che hanno continuato a lavorare e che sono ancora lì per aiutare la gente a Gaza e in Cisgiordania.
E voglio lasciarvi con un ultimo pensiero. La storia ci dice che un atto di guerra ha conseguenze che spesso non vengono prese in considerazione, quando le persone entrano in quegli atti di guerra. Abbiamo già visto questo film troppo spesso. Dobbiamo preoccuparci di creare una situazione – per quanto assurda possa sembrare in questo momento – in cui israeliani e palestinesi possano vivere come vicini, come amici, idealmente, certamente come interlocutori, dove non abbiano bisogno di darsi lezioni a vicenda attraverso la guerra.
Grazie”.