‘Rosario Valastro, classe 1974, siciliano di Acireale, da cinque mesi è il nuovo presidente della Croce Rossa Italiana. In questi giorni si trova a New York per i lavori dell’Assemblea Generale dell’ONU e lo abbiamo intervistato in merito alla crisi dei migranti che tanto preoccupa il governo italiano e l’Europa e che, come ha detto l’alto commissario Europe agli affari Esteri Josep Borrell due giorni fa, “è una questione che potrebbe dissolvere l’Unione Europea”.
Nel giardino delle rose fuori il Palazzo di Vetro dell’ONU incontriamo Valastro il giorno dopo che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pronunciato il suo discorso a UNGA78, con al centro sempre la questione dei migranti e l’Africa.
Presidente Valastro, l’intervento di Meloni era come se l’aspettava? C’era qualche cosa che mancava nel discorso dell’Italia? O ci ha trovato qualche cosa di troppo?
“Io ho ascoltato con molta attenzione il Presidente del Consiglio Meloni, ero in quel momento in aula. In particolare sottolineo una parte del suo discorso che era quella della lotta ai trafficanti di essere umani. La lotta al traffico di essere umani è una necessità anche umanitaria. Perché anche il movimento di Croce Rossa e Mezza Luna Rossa ha avuto sempre attenzione a questo e ci consente di rispondere meglio alle vulnerabilità e alla lotta al traffico di essere umani. Come è anche importante sottolineare che solo grazie a dei consessi internazionali, dove ciascuno si assume le sue responsabilità, si può gestire quello che è il fenomeno migratorio. Essendo un fenomeno che vede protagoniste persone che viaggiano in due o tre continenti diversi, non si può non fare in modo di rendere responsabili le organizzazioni internazionali e i singoli stati per dare una risposta adeguata a quelli che sono le necessità anche umanitarie delle persone in fuga. Vanno compresi quelli che sono i motivi per cui le persone scappano, perché è vero che ci sono i migranti economici, è vero che ci sono coloro che scappano dalla guerre, chi è perseguitato politico, chi è vittima di cambiamenti climatici. Su questo il movimento di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa ha un progetto molto interessante che riguarda molti paesi dell’Africa sub sahariana dove all’interno di alcun punti di sicurezza chiamati safe point, alle persone che migrano vengano dati beni di prima necessità e accoglienza e vengano compresi anche ii motivi per cui scappano. Noi siamo a disposizione per verificare le motivazioni e sulla base di quello dare una adeguata risposta”.
L’intervista con Valastro è avvenuta lo scorso giovedì, ma a poche ore dalla pubblicazione lo raggiungiamo di nuovo per chiedergli dello scontro di queste ore tra Italia e Germania per la decisione del governo tedesco di garantire dei fondi alle ONG che recuperano in mare i migranti nel Mediterraneo.

Meloni ha scritto al cancelliere tedesco Olaf Scholz e addirittura il vice premier Matteo Salvini ha dichiarato che i finanziamenti delle Ong da parte della Germania sono “un atto ostile”, aggiungendo che “conto che il governo tedesco smetta di finanziare chi partecipa a a un flusso inaccettabile di immigrati irregolari nel nostro Paese”. Per la Croce Rossa chi ha ragione? Ma le ONG nel Mediterraneo servono o no a salvare vite umane, migranti o rifugiati che siano?
“Non entriamo nelle polemiche tra governi, ma c’è bisogno di un approccio comune europeo alle migrazioni e alla ricerca e soccorso in mare. Le navi ONG, come la Ocean Viking dove la Federazione Internazionale di Croce Rossa lavora con SOS Mediterranee, salvano vite e occupano uno spazio che fa la differenza tra la vita e la morte di tanti esseri umani. Le istituzioni europee dovrebbero avere un approccio comune per salvare le vite nel mediterraneo”.
Andiamo alla crisi di questi giorni a Lampedusa. Ma cosa fa esattamente il personale della Croce Rossa al momento che l’emigrante sbarca a Lampedusa? Non quando lo porta una nave ONG o un mezzo della marina militare, ma proprio quando arriva al molo di Lampedusa con uno dei barchini traballanti…
“La prima cosa che fa è dare beni di prima necessità, come l’acqua e tutto il resto. Dopodiché, se le condizioni sono numericamente possibili, trasferisce le persone migranti all’hotspot dove avviene l’identificazione e i primi check up medici. Poi c’è chi telefona a casa, per avvertire i familiari che sono arrivati, sono vivi e quindi dare una sistemazione”.

Ma ci sono delle regole di ingaggio che le autorità italiane a Lampedusa vi dicono di seguire al momento di entrare in contatto con l’immigrato, che sono in contrasto con le vostre? O tutto va bene?
“Guardi a Lampedusa noi siamo in servizio da mesi e grazie al lavoro spalla a spalla che si è fatto in queste settimane, non abbiamo problemi sulle regole d’ingaggio. Cè un accordo tra quelle che sono l’adeguata risposta alle prime necessità delle persone e poi il necessario rispetto di quelle che sono le regole di sicurezza e di ordine pubblico. Si danno immediatamente i primi beni per garantire la possibilità di usare i servizi e nel frattempo si fa l’identificazione ma tutto in maniera abbastanza tranquilla. Senza umiliare e senza mortificare. Se avessimo di questi problemi, in quel caso lo avremmo già denunciato. Cioè se nelle regole d’ingaggio la capacità di tutela dell’umanità della persona fosse stata messa in secondo o terzo piano noi l’avremmo detto. Comunque la gestione del centro risponde a questi criteri”.
Nessuna differenza tra quello che accadeva coi governi italiani in passato rispetto a quello di Meloni? I rapporti tra le forze di pubblica sicurezza e i volontari della Croce Rossa a Lampedusa restano come altrove?
“Noi abbiamo un’ottima collaborazione con le forze dell’ordine. Come movimento volontario della Croce Rossa, noi siamo orgogliosamente ausiliari dei pubblici poteri e i rapporti che abbiamo avuto con le forze di polizie e le forze dell’ordine sono rapporti assolutamente ottimi e anche loro lo hanno espresso più volte”.

ANSA/VINCENZO LIVIERI
Vi chiedono i militari e le forze di sicurezza consigli su come comportarsi con gli immigrati?
“La gestione dell’hotspot è nostra e le forze dell’ordine intervengono per quello che è il loro ruolo. I momenti più complessi sono stati quando il numero delle persone presenti era di gran lunga superiore ala possibilità di accogliere in maniera adeguata. Sono stai i giorni in cui i numeri sono stati enormi, dovuto all’arrivo di una serie di arrivi costanti. In quel caso si cerca comunque di fare squadra lavorando tutti insieme. Ognuno secondo le sue specificità e tutti nel rispetto e la dignità dell’uomo. Perché non è che la Croce Rossa rispetta la dignità dell’uomo e le forze di polizia no. Tutti la devono rispettare. Questo dice la legge. Prima ancora dei principi e prima ancora delle convenzioni. E questo si cerca di fare, giorno per giorno con un adeguato gioco di squadra anche tra chi sono i vertici interessati. Quindi il responsabile dell’hot spot, il nostro capo dell’operazioni, il questore, la prefettura in maniera tale da garantire quella che è una accoglienza degna dell’essere umano. Che poi era la vera sfida che avevamo quando a maggio avevamo iniziato a parlare di una nuova gestione dell’hotspot di Lampedusa e dissi, anche con rischio, che vogliamo farlo diventare il baluardo dell’umanità”.

Baluardo dell’umanità… Ma quello che è successo nelle ultime settimane, non si poteva prevedere?
“Che arrivino seimila persone in un giorno non si può prevedere. Ovvio che si può prevedere che possano avvenire cose impreviste, anche perché l’arrivo delle persone sui barchini come tale non è soggetto ad una programmazione. Mentre quando sono le ONG che soccorrono le persone in mare piuttosto come nove anni fa o dieci anni fa, con Mare Nostrum le navi della marina che prendevano le persone a mare, quando tu organizzi lo sbarco hai una pianificazione, del luogo, del tempo, dei numeri delle persone che arrivano. Quando le persone arrivano con dei barchini in maniera autonoma, non lo sai fin quando sono arrivati nelle acque territoriali, quindi questi arrivi a migliaia onestamente non erano così preventivabili. In quei casi forse l’unica soluzione era quella di completare lo svuotamento del centro ancor prima delle 24 ore. Perché il centro non si può triplicare nelle sue dimensioni. Questi sono accordi chiari anche con il comune di Lampedusa”.

Lampedusa ha reagito, anche durante la recente visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Diciamo che dopo tanti anni di accoglimento, l’isola appare esausta, come se non ce la facesse più.
“La popolazione di Lampedusa ha un senso dell’accoglienza sacro. Forse non si è notato, ma quando sono arrivati migliaia di migranti i cittadini lampedusani sono andati a portare acqua, latte, coperte… Da un lato hanno un grandissimo senso di accoglienza e rispetto per l’umanità, dall’altro, dopo oltre i dieci anni, vedono che comunque, alla fin fine, le persone continuano ad arrivare ed è difficile organizzare i soccorsi. Del resto la posizione dell’isola la fa veramente porta dell’Europa, una meta per chi parte dall’Africa perché è il primo approdo di salvezza. L’unica cosa che si può fare è far sì che ad un presenza così importante corrisponda una possibilità di trasporto immediato o anche di soccorso in mare. Poi noi come movimento di volontari, a quella che è la strategia di accoglienza o meno di gestione del fenomeno migratorio siamo interessati in maniera relativa. Noi ne facciamo un punto di rispetto dell’umanità delle persone, della possibilità di curarle, in maniera adeguata. Siamo riusciti per esempio a servire 6500 pasti, ma naturalmente il centro è andato fortemente sotto stress con una grande difficoltà anche a garantire le regole di pulizia. Il centro può accogliere 600 persone, con 6000 ovviamente non è più gestibile”.