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July 15, 2023
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Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 16. Il punto con Massimo Tommasoli

La pandemia, la guerra, la crisi climatica hanno causato un rallentamento. Ma non sono gli unici fattori

Federica FarinabyFederica Farina
Democrazia, declino inevitabile? Dagli USA all’Italia, una certa IDEA di come andrà

Massimo Tommasoli al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite (VNY)

Time: 5 mins read

Nel corso della settimana, le Nazioni Unite hanno visto due appuntamenti particolarmente importanti per il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 16, che si impegna a promuovere società pacifiche e inclusive, a fornire l’accesso universale alla giustizia e a costruire istituzioni responsabili ed efficaci. Viene definito come “enebler” o “acceleratore”, perché facilita o velocizza il raggiungimento di altri Obiettivi. Massimo Tommasoli è Direttore dei programmi globali di International IDEA. Si tratta di una delle organizzazione che, in fase dei negoziati nel 2015, ha spinto per inserire all’interno dell’Agenda proprio un obiettivo sulla qualità delle istituzioni.

Nell’High Level Political Forum, ci si è confrontati sui progressi compiuti verso il raggiungimento dell’SDG16. A che punto siamo?

“Siamo più o meno a metà strada sulle tempistiche dell’Agenda 2030, ma non c’è stata alcuna accelerazione come si sperava, anzi si è riscontrata più una stagnazione e per certi aspetti un regresso”.

Il rallentamento è dovuto soprattutto ai due anni di pandemia?

“Il Covid ha certamente influito. Non solo per sé, ma anche per tutto quello che ha comportato, cioè l’impatto diretto o indiretto sull’economia, sulla qualità dei servizi e soprattutto sui livelli di salute, trattandosi di una crisi globale di carattere sanitario. Ma ci sono state colpite tante altre dimensioni. Noi abbiamo parlato di una pandemia di disinformazione: per esempio, il fatto che ci sia stata o che ci sia meno fiducia nella scienza, in relazione ai vaccini e alla loro efficacia. Il Covid ha messo in discussione la fiducia dei cittadini verso le istituzioni per il modo con cui si sono occupate della gestione delle crisi, economica, finanziaria e sociale. Per ragioni di ordine superiore di sanità pubblica, sono  state introdotte delle misure che hanno limitato la libertà e i diritti, come i periodi di lockdown totale. In alcuni Paesi più autoritari, queste manovre sono state utilizzate come pretesto per colpire ancora di più quelle organizzazioni della società civile, quegli spazi pubblici di dialogo e partecipazione. Sono conseguenze destinate a rimanere con noi dopo la fine dello stato di emergenza e che hanno un impatto diretto sulla qualità dei processi democratici. Ma il Covid non è l’unico fattore che ha influito negativamente”.

Quali sono gli altri elementi che hanno rallentato i progressi?

“Uno di questi è l’impatto del mutamento climatico, che è drammatico. È vero, c’è un obiettivo legato alla climate action. Ma abbiamo richiamato l’attenzione anche nell’incontro al Forum perché siamo indietro  se consideriamo l’accelerazione con cui sono avvenuti e avvengono certi fenomeni, se guardiamo alle situazioni che vivono alcuni Paesi più vulnerabili, come i piccoli Stati insulari del Pacifico o quelli a rischio inondazione o incendio, pensando alle aree boschive distrutte recentemente. Altri fattori che hanno rallentato i progressi per raggiungere l’SDG16 sono i conflitti e i flussi migratori che ne derivano. Ci sono stati dei Paesi che hanno sostenuto l’adozione di un obiettivo per la pace, la giustizia e la democrazia perché erano appena usciti da una guerra, come il Timor Est, la Sierra Leone, la Liberia. È evidente l’impatto dei conflitti in Libia, in Siria e non da ultimo in Ucraina, dove oltre alla drammaticità dell’aggressione, delle migrazioni, si è aggiunto anche il rischio di un disastro nucleare”. 

Si è parlato anche di opportunità e soluzioni già esistenti che potrebbero essere messe in atto immediatamente per facilitare il raggiungimento l’SDG16. Quali sono?

“Le proposte sono in parte nuove e in parte invece già note. Per esempio, in materia di giustizia, si parla spesso delle leggi che garantiscono i diritti. L’adozione di nuove normative è molto importante, ma lo è ancora di più la loro attuazione. Molti Paesi sostengono di essere stati diligenti, di avere registrato dei progressi sull’Agenda 2023, perché hanno approvato nuove leggi. Ma all’atto pratico, come queste manovre abbiano facilitato l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini è tutto un altro discorso. Quali sono i mezzi messi a disposizione dallo Stato per rendere funzionanti le istituzioni giudiziarie? I cittadini come possono accedere a un giusto processo per il riconoscimento dei propri diritti? Ci sono stati dei passi avanti. Ma non sono abbastanza. Un discorso analogo si potrebbe fare anche per altri beni pubblici che dovrebbero essere forniti dall’Agenda 2030, tipo la sanità, l’acqua, il livello di istruzione locale”.

E invece, dal punto di vista delle istituzioni quali sono le problematiche e come risolverle?

“IDEA ha un proprio sistema di monitoraggio della qualità della democrazia nel mondo e contribuisce con un’analisi su due sotto-obiettivi compresi nell’SDG16: i processi decisionali e la partecipazione degli elementi di partecipazione della popolazione. Quello che noi abbiamo visto negli ultimi sei anni, cioè nella prima fase dal 2016 in poi, è stato purtroppo un declino e un’erosione delle istituzioni democratiche nel mondo. I Paesi che stavano cercando di migliorare la qualità del proprio Parlamento, di distinguere i tre poteri dello Stato (esecutivo, giudiziario e legislativo), ma anche quelli considerati come democrazie consolidate, hanno fatto dei passi indietro in relazione alla libertà di stampa, di espressione e all’indipendenza della magistratura. Una delle principali categorie nel nostro quadro è la qualità della rappresentazione politica, considerando i processi elettorali. In molti Paesi, si riscontrano determinati risultati elettorali su base partigiana, senza un riscontro fattuale, spesso mettendo in discussione l’indipendenza delle autorità elettorali che conducono le elezioni. Queste istituzioni sono importanti perché sono indipendenti, non devono essere catturate dall’esecutivo o da un partito in particolare. Quindi nell’ultimo rapporto, che pubblicheremo a novembre, abbiamo provato a riflettere su un nuovo sistema bilanciato dove lo Stato si incontra con Commissioni per la difesa dei diritti umani, agenzie indipendenti, istituzioni che regolano la possibilità di ricorrere ad altri canali esterni alla giustizia formale”.

Nell’High Level Political Forum, i dati ufficiali e non ufficiali sono stati definiti come “motore del cambiamento”. Soprattutto avervi accesso è fondamentale per lavorare e sviluppare nuove soluzioni, tematica principale su cui si è svolto il secondo incontro a cui ha partecipato, “SDG Data Initiative: Better data for ensuring no one is left behind”. Che cosa è emerso?

“I dati ci aiutano a capire cosa sta accadendo e cosa si sta facendo per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030. Indagare certe informazioni è una scelta politica perché si tende a misurare ciò che si ritiene importante, a dare maggiore o minore visibilità a certi aspetti che vengono considerati come scontati o sono ignorati del tutto. Una parte considerevole di tempo, anche dopo l’adozione nel 2015, è stata dedicata alla scelta degli indicatori da inserire nell’Agenda 2030, che è puramente il risultato di un negoziato politico, perché i Paesi membri hanno voluto mantenere un controllo. Spesso gli indicatori sono sconvenienti perché mettono in luce delle carenze dell’azione governativa, per esempio se si tratta di esaminare la percezione e la soddisfazione da parte degli utenti di un particolare servizio. Oppure ce ne sono altri che non misurano i risultati, ma gli sforzi dell’azione degli Stati. Cioè è sufficiente che un Paese adotti una misura per raggiungere un indicatore. Attraverso l’SDG Data Initiative stiamo cercando di combinare gli dati ufficiali, adottati dagli Stati sulla base del consenso, e quelli non ufficiali, prodotti da agenzie non governative, soprattutto se riflettono il punto di vista dei cittadini. Per esempio, la percezione dei livelli di corruzione o degli ostacoli quando si tratta di accedere alla giustizia. Combinando dati ufficiali, non ufficiali, quantitativi e qualitativi, possiamo raggiungere una comprensione più adeguata di che cosa sta avvenendo e del perché sta avvenendo. IDEA lavora assieme ad altre diciassette organizzazioni internazionali, non governative, che producono o aggregano dati pubblicati sul sito web che abbiamo creato e sul rapporto annuale relativo all’andamento dei progressi verso l’Obiettivo 16”.

 

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Federica Farina

Federica Farina

Laureata alla Scuola di Giornalismo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, si occupa di attualità, arte e cronaca newyorkese Graduated from Journalism School at Catholic University in Milan, she writes about New York arts and social issues

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