C’è stata una novità rilevante nella riunione di giovedì del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per discutere dell’ultimo lancio da parte della Corea del Nord di un missile balistico intercontinentale (ICBM): la partecipazione dell’ambasciatore nord coreano Kim Song. Il rappresentante del regime di Pyongyang all’ONU è intervenuto per sostenere davanti ai Quindici che quel lancio è stato un esercizio del diritto della Nord Corea all’autodifesa “per scoraggiare pericolose mosse militari di forze ostili e salvaguardare la sicurezza del nostro stato”.
Era stata la stessa Corea del Nord a dichiarare di aver testato mercoledì il suo ultimo missile balistico intercontinentale Hwasong-18, aggiungendo che l’arma è il fulcro della sua forza d’attacco nucleare.
La Corea del Nord aveva parlato l’ultima volta in una riunione del consiglio sui suoi programmi nucleari e sui missili balistici nel dicembre 2017. Ora il suo ambasciatore al Palazzo di Vetro ha chiesto nuovamente di intervenire davanti ai Quindici per ribadire che “rifiutiamo e condanniamo categoricamente la convocazione del briefing del Consiglio di sicurezza da parte degli Stati Uniti e dei suoi seguaci”.

La Repubblica popolare democratica di Corea (DPRK, RPDC in italiano), comunemente chiamata Corea del Nord, è soggetta a sanzioni delle Nazioni Unite dal 2006 per i suoi programmi missilistici e nucleari. Ciò include il divieto di sviluppo di missili balistici. Ma negli ultimi anni il consiglio è rimasto bloccato su come rispondere ai lanci nord coreani per le sue divisioni su come trattare con Pyongyang. Russia e Cina, hanno affermato ormai da tempo che incrementate le sanzioni non aiuterà a trovare una soluzione diplomatiche e vogliono che tali misure siano allentate.
Cina e Russia, inoltre, accusano le esercitazioni militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud di aver provocato Pyongyang. Dal canto suo, gli Stati Uniti con gli altri due membri permanenti del Consiglio, Francia e UK, accusano i governi di Pechino e Mosca di incoraggiare i test della Corea del Nord proteggendola da ulteriori sanzioni.
Il lancio di mercoledì è avvenuto dopo che la Corea del Nord aveva minacciato ritorsioni contro quelle che ha dichiarato essere incursioni nel suo territorio sovrano da parte di un aereo spia statunitense. Washington ha subito respinto le accuse, descrivendo le sue pattuglie militari come pienamente in linea con il diritto internazionale.
Alla riunione del Consiglio, è intervenuto l’assistente del segretario generale delle Nazioni Unite per gli affari politici e di costruzione della pace per la penisola coreana Khaled Khiari, che ha ripetuto l’ovvio anche giovedì: l’unità nel Consiglio di sicurezza di fronte ai lanci di missili da parte della Repubblica popolare democratica di Corea (RPDC) è essenziale per allentare le tensioni in tutta la regione.
Il secondo lancio del missile balistico intercontinentale (ICBM) Hwasong-18, dimostrerebbe, secondo l’esperto dell’Onu, che il sistema missilistico nord coreano può ora “raggiungere la maggior parte dei punti sulla Terra”.
Il lancio ha rappresentato “potenzialmente” il più lungo volo missilistico balistico di Pyongyang, della durata di circa 74 minuti e di un viaggio di oltre 1.000 chilometri prima di schiantarsi in mare all’interno della Zona economica esclusiva della Russia, ma vicino alle acque giapponesi, ha detto Khiari agli ambasciatori.
NOW: #UNSC briefing on Non-proliferation/Democratic People’s Republic of Korea #DPRK by @UNDPPA ASG for Middle East, Asia & the Pacific @khiari_khaled
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— UN Media Liaison (MALU) (@UNMediaLiaison) July 13, 2023
Il missile aveva la portata necessaria per colpire potenzialmente gli Stati Uniti, aumentando il rischio che potesse essere utilizzato da Pyongyang per lanciare un attacco nucleare a lungo raggio.
Khiari ha concluso il suo intervento sottolineando “l’importanza di ristabilire i canali di comunicazione, in particolare quelli tra entità militari e di esercitare la massima moderazione. È fondamentale evitare un’escalation involontaria”.
“La diplomazia, non l’isolamento, è l’unica via da seguire”, ha sottolineato l’esperto dell’Onu, concludendo che l’unità dei Quindici “è essenziale per allentare le tensioni e superare l’impasse diplomatico. La responsabilità primaria per la pace e la sicurezza internazionale spetta a questo Consiglio”.
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres mercoledì notte ha rilasciato una dichiarazione condannando fermamente il lancio di “l’ennesimo” missile balistico a lungo raggio da parte della Corea del Nord.
Nella dichiarazione rilasciata dal suo portavoce, Guterres ha ribadito i suoi appelli alla Corea del Nord di “rispettare pienamente” i suoi obblighi internazionali ai sensi di tutte le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza, che vietano al paese di effettuare qualsiasi lancio utilizzando la tecnologia dei missili balistici.
Ha anche fatto appello alla Corea del Nord affinché riprenda il dialogo “senza precondizioni” che porti a una pace sostenibile e alla completa e verificabile denuclearizzazione della penisola coreana.

Ma l’agognata unità del Consiglio di Sicurezza indispensabile per risolvere la crisi nella penisola coreana continua a rimanere una chimera.
Così ecco arrivare la solita dichiarazione congiunta rilasciata dall’Ambasciatore degli USA Jeffrey DeLaurentis, Vice Rappresentante ad interim presso le Nazioni Unite, a nome di Albania, Ecuador, Francia, Giappone, Malta, Repubblica di Corea, Svizzera, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, e Stati Uniti. Del Consiglio, mancavano quindi, oltre alla Russia e la Cina, tutti e tre i paesi africani: Ghana, Mozambico e Gabon.
Nella dichiarazione congiunta si legge che questi paesi “condannano con la massima fermezza il lancio da parte della Corea del Nord il 12 luglio (ora locale) del suo secondo solido-combustibile missile balistico intercontinentale (ICBM) quest’anno. La RPDC ha ora lanciato 20 missili balistici nel 2023, inclusi quattro missili balistici intercontinentali, tutte palesi violazioni di molteplici risoluzioni del Consiglio di sicurezza”.
Poi la dichiarazione è continuata con parole già risentite tante volte: “Il Consiglio non può continuare a tacere di fronte a queste provocazioni e dobbiamo inviare un segnale chiaro e collettivo alla RPDC – e a tutti i proliferatori – che questo comportamento è illegale, destabilizzante e non sarà normalizzato”.
Alla fine della dichiarazione congiunta, si tendeva di nuovo la mano al regime di Kim Jong-un: “Rimaniamo impegnati nella diplomazia, poiché questa è l’unica via verso una pace sostenibile nella penisola coreana. Siamo pronti a impegnarci nella diplomazia senza precondizioni ed esortiamo la Corea del Nord a tornare al dialogo”. E quindi l’ultimo appello agli membri che non hanno formato la dichiarazione: “È tempo di unirsi e ripristinare la voce del Consiglio su questa minaccia e di agire per affrontare la minaccia della RPDC”.
Prima, durante la discussione, il rappresentante degli Usa DeLaurentis aveva ribadito che ”la Russia e la Cina hanno impedito a questo Consiglio di parlare con una sola voce. E con questi ripetuti lanci, Pyongyang sta dimostrando di sentirsi incoraggiata a continuare”.
Ma l’ambasciatore cinese alle Nazioni Unite Zhang Jun ha replicato che al consiglio Pechino è impegnata nella denuclearizzazione della penisola coreana e nella risoluzione della questione attraverso il dialogo. Il diplomatico cinese ha avvertito che la situazione stava diventando “sempre più conflittuale” e poi ha puntato il dito contro gli USA e i suoi alleati: “La guerra fredda è finita da tempo, ma lo spettro della mentalità della guerra fredda aleggia. Non solo ha reso intrattabile la questione della penisola, ma ha anche intensificato l’antagonismo e il conflitto in tutto il mondo”, ha affermato Zhang.

Il diplomatico cinese ha continuato criticando un comunicato dei leader della NATO al recente vertice in Lituania, dicendo al Consiglio che era “prolisso perché suonava le stesse vecchie melodie piene di mentalità da guerra fredda e pregiudizi ideologici” e che la NATO “dovrebbe fare un po’ di “ricerca interiore”. I leader della NATO nel loro comunicato avevano affermato che la Cina sta sfidando gli interessi, la sicurezza e i valori della NATO con le sue “ambizioni e politiche coercitive”.
Quindi l’ambasciatore Zhang ha replicato: “La Cina non causa problemi, né teme problemi. Siamo pronti a rispondere con fermezza e forza a qualsiasi atto che violi la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, minando lo sviluppo e gli interessi di sicurezza della Cina e violando la pace e la stabilità nel vicinato cinese”.