Tutti contro Guterres? C’è una novità al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite di New York quando si discute della guerra in Ucraina; si tratta dell’insofferenza che traspare da parte degli USA e i suoi alleati ma anche dalla missione della Russia nei confronti del Segretario Generale dell’ONU accusato di “lentezze” e “favoritismi” nel districarsi tra chi gli chiede di far partire indagini contro l’opposto avversario. Ma andiamo con ordine.
Venerdì al Consiglio di Sicurezza era di scena una riunione sulla situazione in Ucraina già nel programma dalla presidenza degli Emirati Arabi Uniti (ma alla fine del mese ci sarà un’altra riunione speciale richiesta dalla Russia), e prima che iniziasse, allo stake out all’entrata del Consiglio di Sicurezza si sono presentati gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Albania e Ucraina, per denunciare davanti ai giornalisti la “crescente cooperazione militare tra Russia e Iran, che continua a consentire a Mosca di proseguire la sua brutale guerra contro l’Ucraina”. “All’inizio di questo mese gli Stati Uniti hanno rilasciato ulteriori informazioni che documentano come l’Iran abbia fornito alla Russia centinaia di veicoli aerei senza pilota ‘kamikaze’, nonché attrezzature relative alla produzione di questi dispositivi. Anche l’Ucraina e la Gran Bretagna hanno presentato all’Onu prove di droni iraniani recuperati dalle forze armate di Kiev”, ha detto l’ambasciatrice americana Linda Thomas-Greenfield insieme ai colleghi degli altri quattro paesi. “Ucraina, Usa, Francia, Regno Unito e altri paesi hanno debitamente segnalato queste violazioni alle Nazioni Unite e hanno fornito ulteriori informazioni e analisi – ha aggiunto – L’Onu deve rispondere alle crescenti richieste della comunità internazionale per indagare su queste violazioni”. Quindi, ha sottolineato che “le azioni della Russia e dell’Iran violano la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza, la quale proibisce a tutti i paesi, compresi i membri permanenti del Cds, di trasferire questi tipi di armi dall’Iran, in assenza dell’approvazione preventiva del Consiglio, che ovviamente non è stata data”.
Quando le è stato fatto notare che il Segretario Generale Antonio Guterres aveva fatto intendere di non avere il mandato per iniziare le indagini, Thomas-Greenfield ha risposto: “Senta, la Risoluzione 2231 conferisce al Segretario Generale un mandato per svolgere queste indagini, e tutti noi abbiamo incoraggiato le Nazioni Unite a procedere immediatamente allo svolgimento di queste indagini”. Appello (o meglio dire minaccia?) che poi l’ambasciatrice USA ripeterà dentro al Consiglio.
A questo punto è apparso allo stesso microfono Vassily Nebenzia, l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, che ha smentito l’affermazione della collega americana, dicendo che la risoluzione del Consiglio di Sicurezza non autorizza il Segretario Generale a iniziare una indagine sulle armi iraniane usate in Ucraina, che il diplomatico del Cremlino comunque ha ritenuto “prive di ogni fondamento”.
Quando è iniziata la riunione la parola per prima è andata al sottosegretario generale per gli affari politici e di consolidamento della pace Rosemary DiCarlo, una diplomatica statunitense che prima dell’incarico di lavorare per Guterres, era la numero due della missione degli Stati Uniti al Palazzo di Vetro.
La più alta funzionaria per gli affari politici delle Nazioni Unite, informando gli ambasciatori sulla situazione attuale, ha detto che dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, la guerra “ha indebolito il sistema di sicurezza collettiva internazionale che tutti ci siamo impegnati a sostenere”.
“La guerra in Ucraina ha creato una catastrofe umanitaria e dei diritti umani, ha traumatizzato una generazione di bambini e ha accelerato la crisi alimentare ed energetica globale”, ha affermato DiCarlo.
“Non possiamo escludere ulteriori pericolosi effetti a catena”, ha ammonito, citando preoccupazioni urgenti, dall’aumento del bilancio delle vittime alle minacce nucleari.
L’impatto dell’intensificarsi della violenza sui civili rimane “la nostra più grave preoccupazione”, ha affermato, aggiungendo che gli sbarramenti di missili russi e gli attacchi di droni in tutta l’Ucraina sono quasi triplicati a maggio.
Citando gli ultimi rapporti, ha affermato che l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR) ha registrato fino ad oggi 24.862 vittime civili, ma “le cifre effettive sono probabilmente notevolmente più alte”.
Sin dall’invasione su vasta scala del febbraio 2022, le agenzie delle Nazioni Unite hanno monitorato l’impatto della guerra, ha affermato DiCarlo.
L’OHCHR ha verificato 1.036 attacchi che hanno avuto un impatto su strutture educative e mediche; l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha confermato più di 1.000 casi di attacchi alla sanità e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) ha verificato danni a 260 siti, tra cui 112 siti religiosi, 22 musei, 94 edifici di importanza storica, 19 monumenti, 12 biblioteche e un archivio storico.
Il disastro della diga di Kakhovka all’inizio di giugno rimane una preoccupazione urgente: “Ci sono ancora persone che non siamo in grado di raggiungere, specialmente nelle comunità basse sotto il controllo russo”, ha detto DiCarlo, aggiungendo che Mosca “ha finora rifiutato la nostra richiesta di andare in queste zone”.

Le Nazioni Unite continueranno a impegnarsi per cercare l’accesso necessario, ha affermato la funzionaria ONU, esortando le autorità russe ad agire in conformità con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e garantire un accesso sicuro e senza restrizioni a tutte le aree bisognose.
“Gli aiuti non possono essere negati alle persone che ne hanno bisogno”, ha detto.
Evidenziando altre gravi preoccupazioni, la sottosegretaria generale ha indicato i danni segnalati all’oleodotto Tolyatti-Odesa, il più grande condotto di ammoniaca del mondo, nella regione ucraina di Kharkiv, e l’annunciato dispiegamento di armi nucleari tattiche russe in Bielorussia.
“Esortiamo tutti i soggetti coinvolti ad agire in modo responsabile e in conformità con gli obblighi internazionali”, ha affermato. “Qualsiasi minaccia di usare armi nucleari è inaccettabile”.

Poi DiCarlo ha anche espresso preoccupazione per i progressi bloccati nell’attuazione della Black Sea Initiative, un accordo del 2022 che ha consentito il trasporto sicuro dalla regione di oltre 32 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, di cui più della metà destinati ai paesi in via di sviluppo. Proprio su quest’ultimo punto, gli americani e i loro alleati – anche se non apertamente- attribuiscono la prudenza (e quindi lentezza) del Segretario Generale dell’ONU a indagare sui trasferimenti di droni dall’Iran, perché Guterres vorrebbe in tutti i modi salvare l’unico sui successo diplomatico finora avuto in Ucraina, l’accordo per il grano dal mar nero appunto, e per farlo rinnovare non vuole troppo irritare il Cremlino.
DiCarlo ha detto agli ambasciatori che le Nazioni Unite sono pronte a sostenere tutti gli sforzi significativi per portare una pace giusta e sostenibile in Ucraina, guidati dalla Carta delle Nazioni Unite, dal diritto internazionale e dalle pertinenti risoluzioni dell’Assemblea generale, “come ha sottolineato il Segretario generale durante la sua visita in Ucraina a marzo e come ho ribadito la scorsa settimana a Mosca”, ha affermato. “Gli attacchi contro i civili e le infrastrutture civili sono proibiti dal diritto internazionale”, ha affermato. “Tutti questi attacchi devono cessare immediatamente, siano essi in territorio ucraino o russo”.

Ma ecco che durante la riunione, a puntare il dito contro Guterres, è arrivato puntuale pure il rappresentante della Russia. Riferendosi alle dichiarazioni che accusano Mosca di negare l’accesso al suo territorio dopo il disastro della diga di Kherson, l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha affermato che il Segretariato delle Nazioni Unite “dimostra un’incredibile ignoranza”. Secondo il diplomatico russo, Mosca ha collaborato con le Nazioni Unite e le forze di emergenza russe hanno salvato più di 2.000 persone, evacuato circa altre 30.000 e continueranno a fare “tutto il possibile”, ha affermato.
Mentre Mosca ha attirato l’attenzione sulle aree crivellate di mine, le sue proposte di creare percorsi sicuri sono state respinte, ha affermato Nebenzia. Riguardo all’Iniziativa per il Mar Nero, ha affermato che “siamo pronti a continuare ad aiutare i paesi in via di sviluppo”.
Nel frattempo, le Nazioni Unite stanno tentando di nascondere questi contributi “sotto il tappeto”, ha affermato, aggiungendo che Mosca ha già informato il Segretariato delle prove che dimostrano che il danno alla diga è stato causato da Kiev, che “non ha alcun interesse” per la sua gente.
Data la “controffensiva fallita” di Kiev, l’Ucraina ha fatto ricorso ad altre tattiche, accusando la Russia di incidenti come la diga di Kherson, le minacce contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia e gli attacchi mirati contro i civili e le relative infrastrutture, ha affermato, sottolineando che le operazioni russe sono limitati a obiettivi militari.
Nebenzja, ha quindi accusato l’Onu di utilizzare gli aiuti umanitari destinati all’Ucraina come arma politica, non con l’obiettivo di assistere la popolazione colpita, ma per dimostrare che Kiev detiene il controllo sulle regioni annesse a settembre da Mosca. L’Onu secondo la Russia sta fornendo assistenza umanitaria alle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk e a Zaporizhia e Kherson esclusivamente attraverso le linee di rifornimento ed assistenza di Kiev. “Il motivo principale di atteggiamenti così duri non è in alcun modo umanitario, ma puramente politico. Non si fa per aiutare le vittime, ma per dimostrare che il regime di Kiev mantiene presumibilmente il controllo su questi territori”, ha aggiunto Nebenzja.

Quando è stata la volta dell’ambasciatore ucraino Sergiy Kyslytsya – l’Ucraina non fa parte del COnsiglio di Sicurezza ma come accade ormai dall’invasione, era invitata a parlare – ha ribaltato lo scenario descritto dal suo collega russo, affermando che è la Russia ad aver commesso “un atto di terrore” facendo saltare in aria la diga di Kherson, e avvertendo che Mosca è “pronta ad applicare una tattica della terra bruciata in risposta al deterioramento della situazione militare sul terreno nelle terre conquistate di cui dubitano possono reggere”.
La risoluzione della crisi dipende dall’adozione di misure forti volte a ridurre le capacità di Mosca di infliggere danni, la sconfitta militare della Russia in Ucraina e a garantire la responsabilità per il crimine di aggressione, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità, ha affermato Kyslytsya.
Tali opzioni di pacificazione come le concessioni territoriali serviranno “come mine ad azione ritardata”, con il detonatore nelle mani del Cremlino, ha avvertito.
Nonostante la guerra sia al suo apice, “abbiamo già iniziato a lavorare sulla ripresa postbellica”, ha affermato, osservando che l’Ucraina e gli alleati hanno espresso “nessun dubbio” in una vittoria finale che garantirà una pace giusta e duratura.
“La Russia è peggio del COVID-19″, ha detto. “Il regime di Putin è il cancro; le sue cellule continuano a diffondersi… in tutto il mondo e in questa Camera. Dovrebbe essere rimosso. La scelta è vostra. Scegliete la vita.”

Alla riunione sono intervenuti anche i paesi Baltici (Lituania, Estonia, Lettonia) che hanno messo il dito sulla piaga affermando: “La Russia deve smettere di ricattare la comunità globale e creare le condizioni per utilizzare tutte le possibilità previste dall’Iniziativa sui cereali del Mar Nero al fine di mitigare l’impatto negativo della guerra sul mercato alimentare globale”. Il Rappresentante permanente della Lituania presso l’Onu, Rytis Paulauskas, intervenendo a nome dei tre Stati baltici, ha ribadito la loro condanna dei crimini di guerra commessi dalla Russia contro l’Ucraina con gli attacchi effettuati contro i civili e ai danni umanitari, economici ed ecologici causati dalla distruzione della diga di Kakhovka. Paulauskas ha inoltre ribadito il forte sostegno degli Stati baltici all’iniziativa dell’Ucraina di istituire un tribunale speciale per il crimine di aggressione.