L’Onu ha adottato il primo trattato internazionale al mondo per proteggere l’alto mare, ossia quelle acque che si trovano oltre le 200 miglia nautiche (370 chilometri) dalle coste che non ricadono nelle giurisdizioni nazionali. Si tratta di uno storico accordo ambientale progettato per proteggere gli ecosistemi vitali per l’umanità. Il trattato stabilirà un quadro giuridico per estendere le aree di protezione ambientale alle acque internazionali, che costituiscono oltre il 60% degli oceani del mondo.
“Avete dato all’oceano una nuova possibilità di combattere”, ha sottolineato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, elogiando l’adozione dell’accordo come dimostrazione della forza del multilateralismo. “Agendo per contrastare le minacce al nostro pianeta che vanno oltre i confini nazionali, state dimostrando che le minacce globali meritano un’azione globale – ha continuato – e che i paesi possono unirsi per il bene comune”.
Partendo dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, questo accordo rafforza in modo significativo il quadro giuridico per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità marina in oltre due terzi dell’oceano. Il trattato – spiegano le Nazioni Unite – fornisce un quadro essenziale per la cooperazione intersettoriale tra gli Stati e altre parti interessate per promuovere lo sviluppo sostenibile dell’oceano e delle sue risorse, e per affrontare le molteplici pressioni che deve affrontare. La sua attuazione efficace e tempestiva contribuirà in modo cruciale al raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi relativi agli oceani dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e del quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal.
Affinché il Trattato diventi operativo, deve prima essere ratificato da almeno 60 nazioni: solo così potrà entrare in vigore e diventare uno strumento giuridicamente vincolante. “Questo trattato è una vittoria per la vita degli oceani. Ora tutti i Paesi firmatari, Italia inclusa, devono procedere con urgenza alla ratifica e iniziare a creare una rete efficace di santuari marini anche nelle loro acque territoriali e Zone Economiche Esclusive. La scienza è chiara: solo proteggendo almeno il 30% degli oceani entro il 2030 daremo ai mari del pianeta la possibilità di riprendersi e prosperare- ha dichiarato Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia- Continueremo a impegnarci per garantire una rapida ratifica del Trattato e fare in modo che una rete efficace di aree marine protette diventi presto realtà anche nel Mediterraneo”.