Mercoledì il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ha approvato, a unanimità, la risoluzione 2686, subita definita “storica” dai suoi promotori. Una risoluzione in cui si riconosce che l’incitamento all’odio, il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza, la discriminazione di genere e gli atti di estremismo “possono contribuire a provocare lo scoppio, l’escalation e il ripetersi della guerra”. La risoluzione, co-sponsorizzata dagli Emirati Arabi Uniti e dal Regno Unito, esorta tutti i paesi e le organizzazioni a condannare questi atti e ad adoperarsi per prevenirli.
Prima del voto, il Consiglio si è riunito per un dibattito sui “valori della fraternità umana nel promuovere e sostenere la pace”, riprendendo la dichiarazione del 2019 di Papa Francesco, capo della Chiesa cattolica, e del Grande Imam di Al-Azhar Al Sharif, Ahmed Al -Tayeb, Presidente del Consiglio musulmano degli anziani, considerato anche la massima autorità del pensiero islamico sunnita.
Una cornice perfetta per una risoluzione “storica”?

Come può un Consiglio di Sicurezza, attualmente più spaccato che mai dalla guerra tra Russia e Ucraina così come dalle prove di “guerra fredda” tra Cina e USA, approvare una risoluzione simile con voto unanime? O si è in presenza di un “miracolo” diplomatico al Palazzo di Vetro, o più semplicemente si è presentata una delle seguenti due circostanze: la soluzione attacca quei pochi nemici rimasti in comune a tutte le potenze permanenti – come l’ISIS, stato degli estremisti islamici ormai in rovina -, o in realtà si sta portando al voto del Consiglio un documento così “diluito” da frasi che potrebbero significare tutto e il suo contrario, che accontentando i Quindici nelle “limature” della risoluzione, li si scontenta tutti in parti uguali, compiendo così il “miracolo” dell’approvazione per voto unanime.
Landmark resolution 2686 takes a cross-cutting approach to promote the values of tolerance and peaceful co-existence in order to address the drivers of conflicts across the world — namely, hate speech, racism, and all forms of extremism.
Hear more from Ambassador Nusseibeh as… pic.twitter.com/YRVvgH2cEx
— UAE Mission to the UN (@UAEMissionToUN) June 14, 2023
Ed è quello che accade mercoledì con la risoluzione voluta dagli Emirati arabi e scritta insieme alla missione all’Onu di sua Maestà Carlo III. Infatti la risoluzione presentata da UAE e UK ha dovuto subire ben quattro revisioni in pochi giorni dei vari “draft” sottoposti alle “forbici” degli altri tredici componenti del Consiglio prima di essere messa in “blue” (cioè non più modificabile prima del voto) a solo poche ore dalla riunione di mercoledì.
Ma torniamo alla “scenografia” montata alla perfezione prima del voto della risoluzione che almeno ha assicurato discorsi di un certo spessore. Il Consiglio veniva riunito dalla presidenza di turno degli Emirati Arabi Uniti, specificamente per discutere “i valori della fraternità umana nel promuovere e sostenere la pace”, basando la discussione sulla dichiarazione comune del 2019 con cui Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Al Sharif, Ahmed Al -Tayeb, esortavano i leader religiosi e politici a porre fine a guerre, conflitti e distruzione ambientale.
Come consuetudine, il primo a parlare mercoledì ai Quindici è stato il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha detto che di fronte al crescente odio in tutto il mondo, sia online che offline, i leader religiosi diventano alleati vitali nella ricerca della pace.
Sebbene le minacce alla pace si presentino in molte forme, l’odio è “un denominatore fin troppo comune per l’inizio e l’escalation del conflitto”, ha detto Guterres. “In tutto il mondo, stiamo assistendo a un’ondata di xenofobia, razzismo e intolleranza, misoginia violenta, odio anti-musulmano, antisemitismo virulento e attacchi alle comunità cristiane minoritarie”, ha affermato Guterres, che ha puntato il dito contro il razzismo: “I movimenti neo-nazisti della supremazia bianca rappresentano oggi la principale minaccia alla sicurezza interna in diversi paesi e la crescita più rapida”.
Le frasi chiave del suo discorso Guterres le ha pronunciate in francese: ”Dobbiamo garantire che ogni comunità si senta rispettata nella propria identità unica, mentre si senta apprezzata come parte integrante della società nel suo insieme”, per poi aggiungere: “Dobbiamo riconoscere la diversità come una ricchezza di tutte le società, non una minaccia”.
Con quella “diversità come ricchezza” Guterres si riferiva anche alla comunità LGBTQI+, oggetto invece d’odio, discriminazione e violenze, in tutto il mondo? Quando abbiamo chiesto mercoledì durante il briefing giornaliero al Palazzo di Vetro al portavoce di Guterres perché nel discorso del Segretario Generale non ci fosse stato, tra le vittime dell’odio e della discriminazione, un riferimento alla comunità LGBTQI+ che subisce attacchi in tutto il mondo, Dujarric ha replicato: “Penso che il Segretario generale sia stato estremamente chiaro nel denunciare non solo la discriminazione, ma anche la violenza che tanti membri della comunità LGBTQI subiscono quotidianamente nei paesi di tutto il mondo, nord e sud, est e ovest”. Intanto una collega faceva notare al portavoce di Guterres che non aveva pronunciato in tutto il suo discorso al Consiglio di Sicurezza la parola Ucraina…
Dal canto suo l’Iman Al-Tayeb ha subito chiesto al Consiglio la fine di guerre insensate. Ha citato Iraq, Afghanistan, Siria, Libia e Yemen, e la necessità che il consiglio riconosca uno stato palestinese indipendente dopo 75 anni.
Senza nominare anche lui né la Russia né l’Ucraina, ha affermato però che la guerra che si sta svolgendo ai confini orientali dell’Europa ha instillato il terrore e “la preoccupazione che possa far regredire l’umanità a un’era primitiva”. Il grande imam ha affermato che la missione perseguita da Al-Azhar e dalla Chiesa cattolica romana nel documento del 2019 sulla fraternità umana per la pace nel mondo deve essere perseguita dai leader politici. “Il nostro incontro di oggi non è un lusso ma una necessità, dettata dalla preoccupazione per il futuro dell’umanità”, ha detto Al-Tayeb.

Il discorso di Papa Francesco, ancora in ospedale, è stato letto via video dal Vaticano da monsignor Paul R. Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Nel discorso di Francesco, apparivano barcollanti quelle Nazioni Unite che invece, sei anni prima, in occasione della sua visita al Palazzo di Vetro, aveva decantato come bastione della pace. “Con la nascita delle Nazioni Unite – ha detto mercoledì Francesco al Consiglio – sembrava che l’umanità avesse imparato, dopo due terribili conflitti mondiali, a dirigersi verso una pace più stabile, a diventare, finalmente, una famiglia di nazioni. Pare invece che si stia tornando nuovamente indietro nella storia, con l’insorgere di nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi, i quali hanno acceso conflitti non solo anacronistici e superati, ma persino più violenti”.
Per Francesco, non ci sono alternative: “Per costruire la pace dobbiamo uscire dalla logica della legittimità della guerra: se essa poteva valere nei tempi passati, nei quali i conflitti armati avevano una portata più limitata, oggi, con le armi nucleari e di distruzione di massa, il campo di battaglia è diventato praticamente illimitato e gli effetti potenzialmente catastrofici”.

Il papa, nel discorso letto dall’Arcivescovo Gallagher, ha affermato che “è venuto il tempo di dire seriamente ‘no’ alla guerra, di affermare che non le guerre sono giuste, ma che solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio pericolante della deterrenza, ma sulla fraternità che ci accomuna”.
Poi si è scagliato contro i nazionalismi: “Siamo infatti in cammino sulla stessa terra, tutti fratelli e sorelle, abitanti dell’unica casa comune, e non possiamo oscurare il cielo sotto il quale viviamo con le nubi dei nazionalismi”. Secondo Francesco l’intera umanità è nel mezzo di una “carestia di fraternità” il cui effetto peggiore “sono i conflitti armati e le guerre, che inimicano non solo le persone, ma popoli interi, e le cui conseguenze negative si ripercuotono per generazioni”. Ma, da Francesco è anche arrivata la speranza, perché “la pace è possibile, se veramente voluta! Essa dovrebbe trovare nel Consiglio di Sicurezza i suoi caratteri fondamentali, che un’errata concezione della pace facilmente fa dimenticare: la pace dev’essere razionale, non passionale, magnanima, non egoista; la pace dev’essere non inerte e passiva, ma dinamica, attiva e progressiva a seconda che giuste esigenze dei dichiarati ed equanimi diritti dell’uomo ne reclamano nuove e migliori espressioni; la pace non dev’essere debole, inetta e servile, ma forte sia per le ragioni morali che la giustificano, e sia per il compatto consenso delle Nazioni che la devono sostenere”.
Francesco infine ha affermato: “Siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia: possiamo fare in modo che la guerra appartenga al passato e non al futuro. Le discussioni in seno al Consiglio di Sicurezza a questo sono ordinate e a questo servano”. “Auspico di cuore – ha quindi concluso Francesco – che non solo il Consiglio di Sicurezza, ma tutta l’Organizzazione della Nazioni Unite, tutti i suoi Stati membri e ciascuno dei suoi funzionari, possano rendere un servizio efficace all’umanità, assumendo la responsabilità di custodire non solo il proprio avvenire, ma quello di tutti, con l’audacia di rinnovare ora, senza paura, ciò che occorre per promuovere la fraternità e la pace dell’intero pianeta. Beati gli operatori di pace”.
Nei discorsi degli ambasciatori si ripetevano le parole “fratellanza” e “tolleranza”, anche se nel ribadire il rispetto dei diritti umani, erano i rappresentanti di Francia, Svizzera, Malta, Albania, Ecuador, UK e Stati Uniti, che con insistenza facevano riferimenti all’inviolabilità della libertà di espressione. Inoltre, solo negli interventi di Francia, Albania e soprattutto degli Stati Uniti, abbiamo ascoltato espliciti appelli alla protezione dei diritti della comunità LGBTQI+.
Una risoluzione storica la UNSC-2686? Sicuramente scritta, poi corretta e riscritta quattro volte affinché tutti i paesi che l’hanno approvata, compresi Cina e Russia, possano continuare a interpretarla a loro immagine e somiglianza.