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Al Consiglio di Sicurezza vincono “fraternità e tolleranza” con l’aiuto di Francesco

Dopo i discorsi contro la guerra del papa e dell'Imam Al-Tayeb, approvata a unanimità la risoluzione 2686 che accontenta tutti e non farà del bene a nessuno

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Al Consiglio di Sicurezza vincono “fraternità e tolleranza” con l’aiuto di Francesco

The Security Council unanimously adopts resolution 2686 (2023) on Tolerance and International Peace and Security during the meeting on maintenance of international peace and security, with a focus on the values of human fraternity in promoting and sustaining peace. The resolution recognizes that hate speech, racism, racial discrimination, xenophobia, related forms of intolerance, gender discrimination, and acts of extremism can contribute to driving the outbreak, escalation and recurrence of conflict, and undermine initiatives to address root causes of conflict and prevent and resolve conflict, as well as reconciliation, reconstruction and peacebuilding efforts. (UN Photo/Loey Felipe)

Time: 6 mins read

Mercoledì il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ha approvato, a unanimità, la risoluzione 2686, subita definita “storica” dai suoi promotori. Una risoluzione in cui si riconosce che l’incitamento all’odio, il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza, la discriminazione di genere e gli atti di estremismo “possono contribuire a provocare lo scoppio, l’escalation e il ripetersi della guerra”. La risoluzione, co-sponsorizzata dagli Emirati Arabi Uniti e dal Regno Unito, esorta tutti i paesi e le organizzazioni a condannare questi atti e ad adoperarsi per prevenirli.

Prima del voto, il Consiglio si è riunito per un dibattito sui “valori della fraternità umana nel promuovere e sostenere la pace”, riprendendo la dichiarazione del 2019 di Papa Francesco, capo della Chiesa cattolica, e del Grande Imam di Al-Azhar Al Sharif, Ahmed Al -Tayeb, Presidente del Consiglio musulmano degli anziani, considerato anche la massima autorità del pensiero islamico sunnita.

Una cornice perfetta per una risoluzione “storica”?

Noura bint Mohammed Al Kaabi (centre), Minister of State of the United Arab Emirates and President of the Security Council for the month of June, chairs the Security Council meeting on maintenance of international peace and security, with a focus on the values of human fraternity in promoting and sustaining peace. At left is Secretary-General António Guterres, behind UAE Ambassador at the UN Lana Nusseibeh. (UN Photo/Loey Felipe)

Come può un Consiglio di Sicurezza, attualmente più spaccato che mai dalla guerra tra Russia e Ucraina così come dalle prove di “guerra fredda” tra Cina e USA,  approvare una risoluzione simile con voto unanime? O si è in presenza di un “miracolo” diplomatico al Palazzo di Vetro, o più semplicemente si è presentata una delle seguenti due circostanze: la soluzione attacca quei pochi nemici rimasti in comune a tutte le potenze permanenti – come l’ISIS, stato degli estremisti islamici ormai in rovina -, o in realtà si sta portando al voto del Consiglio un documento così “diluito” da frasi che potrebbero significare tutto e il suo contrario, che accontentando i Quindici nelle “limature” della risoluzione, li si scontenta tutti in parti uguali, compiendo così il “miracolo” dell’approvazione per voto unanime.

Landmark resolution 2686 takes a cross-cutting approach to promote the values of tolerance and peaceful co-existence in order to address the drivers of conflicts across the world — namely, hate speech, racism, and all forms of extremism.

Hear more from Ambassador Nusseibeh as… pic.twitter.com/YRVvgH2cEx

— UAE Mission to the UN (@UAEMissionToUN) June 14, 2023

Ed è quello che accade mercoledì con la risoluzione voluta dagli Emirati arabi e scritta insieme alla missione all’Onu di sua Maestà Carlo III. Infatti la risoluzione presentata da UAE e UK ha dovuto subire ben quattro revisioni in pochi giorni dei vari “draft” sottoposti alle “forbici” degli altri tredici componenti del Consiglio prima di essere messa in “blue” (cioè non più modificabile prima del voto) a solo poche ore dalla riunione di mercoledì.

Ma torniamo alla “scenografia” montata alla perfezione prima del voto della risoluzione che almeno ha assicurato discorsi di un certo spessore.  Il Consiglio veniva riunito dalla presidenza di turno degli Emirati Arabi Uniti, specificamente per discutere “i valori della fraternità umana nel promuovere e sostenere la pace”, basando la discussione sulla dichiarazione comune del 2019 con cui Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Al Sharif, Ahmed Al -Tayeb, esortavano i leader religiosi e politici a porre fine a guerre, conflitti e distruzione ambientale.

Come consuetudine,  il primo a parlare mercoledì ai Quindici è stato il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha detto che di fronte al crescente odio in tutto il mondo, sia online che offline, i leader religiosi  diventano alleati vitali nella ricerca della pace.

Sebbene le minacce alla pace si presentino in molte forme, l’odio è “un denominatore fin troppo comune per l’inizio e l’escalation del conflitto”, ha detto Guterres. “In tutto il mondo, stiamo assistendo a un’ondata di xenofobia, razzismo e intolleranza, misoginia violenta, odio anti-musulmano, antisemitismo virulento e attacchi alle comunità cristiane minoritarie”, ha affermato Guterres, che ha puntato il dito contro il razzismo: “I movimenti neo-nazisti della supremazia bianca rappresentano oggi la principale minaccia alla sicurezza interna in diversi paesi e la crescita più rapida”.

Le frasi chiave del suo discorso Guterres le ha pronunciate in francese: ”Dobbiamo garantire che ogni comunità si senta rispettata nella propria identità unica, mentre si senta apprezzata come parte integrante della società nel suo insieme”, per poi aggiungere: “Dobbiamo riconoscere la diversità come una ricchezza di tutte le società, non una minaccia”.

Con quella “diversità come ricchezza” Guterres si riferiva anche alla comunità LGBTQI+, oggetto invece d’odio, discriminazione e violenze, in tutto il mondo? Quando abbiamo chiesto mercoledì durante il briefing giornaliero al Palazzo di Vetro al portavoce di Guterres perché nel discorso del Segretario Generale non ci fosse stato, tra le vittime dell’odio e della discriminazione, un riferimento alla comunità LGBTQI+ che subisce attacchi in tutto il mondo, Dujarric ha replicato: “Penso che il Segretario generale sia stato estremamente chiaro nel denunciare non solo la discriminazione, ma anche la violenza che tanti membri della comunità LGBTQI subiscono quotidianamente nei paesi di tutto il mondo, nord e sud, est e ovest”. Intanto una collega faceva notare al portavoce di Guterres che non aveva pronunciato in tutto il suo discorso al Consiglio di Sicurezza la parola Ucraina…

Dal canto suo l’Iman Al-Tayeb ha subito chiesto al Consiglio la fine di guerre insensate. Ha citato Iraq, Afghanistan, Siria, Libia e Yemen, e la necessità che il consiglio riconosca uno stato palestinese indipendente dopo 75 anni.

Senza nominare anche lui né la Russia né l’Ucraina, ha affermato però che la guerra che si sta svolgendo ai confini orientali dell’Europa ha instillato il terrore e “la preoccupazione che possa far regredire l’umanità a un’era primitiva”. Il grande imam ha affermato che la missione perseguita da Al-Azhar e dalla Chiesa cattolica romana nel documento del 2019 sulla fraternità umana per la pace nel mondo deve essere perseguita dai leader politici. “Il nostro incontro di oggi non è un lusso ma una necessità, dettata dalla preoccupazione per il futuro dell’umanità”, ha detto Al-Tayeb.

papa francesco onu
25 settembre 2015: Papa Francesco pronuncia un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Foto ONU/Kim Haughton)

Il discorso di Papa Francesco, ancora in ospedale, è stato letto via video dal Vaticano da monsignor Paul R. Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Nel discorso di Francesco, apparivano barcollanti quelle Nazioni Unite che invece, sei anni prima, in occasione della sua visita al Palazzo di Vetro, aveva decantato come bastione della pace.  “Con la nascita delle Nazioni Unite – ha detto mercoledì Francesco al Consiglio  – sembrava che l’umanità avesse imparato, dopo due terribili conflitti mondiali, a dirigersi verso una pace più stabile, a diventare, finalmente, una famiglia di nazioni. Pare invece che si stia tornando nuovamente indietro nella storia, con l’insorgere di nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi, i quali hanno acceso conflitti non solo anacronistici e superati, ma persino più violenti”.

Per Francesco, non ci sono alternative: “Per costruire la pace dobbiamo uscire dalla logica della legittimità della guerra: se essa poteva valere nei tempi passati, nei quali i conflitti armati avevano una portata più limitata, oggi, con le armi nucleari e di distruzione di massa, il campo di battaglia è diventato praticamente illimitato e gli effetti potenzialmente catastrofici”.

A wide view of the Security Council meeting on maintenance of international peace and security, with a focus on the values of human fraternity in promoting and sustaining peace. On the screen are, at left, Archbishop Paul Richard Gallagher, Secretary for Relations with States of the Holy See, and at right, Ahmed Al-Tayeb, the Grand Imam of Al-Azhar Al-Sharif and Chairman of the Muslim Council of Elders (UN Photo/Loey Felipe)

Il papa, nel discorso letto dall’Arcivescovo Gallagher, ha affermato che “è venuto il tempo di dire seriamente ‘no’ alla guerra, di affermare che non le guerre sono giuste, ma che solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio pericolante della deterrenza, ma sulla fraternità che ci accomuna”.

Poi si è scagliato contro i nazionalismi: “Siamo infatti in cammino sulla stessa terra, tutti fratelli e sorelle, abitanti dell’unica casa comune, e non possiamo oscurare il cielo sotto il quale viviamo con le nubi dei nazionalismi”. Secondo Francesco l’intera umanità è nel mezzo di una “carestia di fraternità” il cui effetto peggiore “sono i conflitti armati e le guerre, che inimicano non solo le persone, ma popoli interi, e le cui conseguenze negative si ripercuotono per generazioni”. Ma, da Francesco è anche arrivata la speranza, perché “la pace è possibile, se veramente voluta! Essa dovrebbe trovare nel Consiglio di Sicurezza i suoi caratteri fondamentali, che un’errata concezione della pace facilmente fa dimenticare: la pace dev’essere razionale, non passionale, magnanima, non egoista; la pace dev’essere non inerte e passiva, ma dinamica, attiva e progressiva a seconda che giuste esigenze dei dichiarati ed equanimi diritti dell’uomo ne reclamano nuove e migliori espressioni; la pace non dev’essere debole, inetta e servile, ma forte sia per le ragioni morali che la giustificano, e sia per il compatto consenso delle Nazioni che la devono sostenere”.

Francesco infine ha affermato: “Siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia: possiamo fare in modo che la guerra appartenga al passato e non al futuro. Le discussioni in seno al Consiglio di Sicurezza a questo sono ordinate e a questo servano”. “Auspico di cuore – ha quindi concluso Francesco – che non solo il Consiglio di Sicurezza, ma tutta l’Organizzazione della Nazioni Unite, tutti i suoi Stati membri e ciascuno dei suoi funzionari, possano rendere un servizio efficace all’umanità, assumendo la responsabilità di custodire non solo il proprio avvenire, ma quello di tutti, con l’audacia di rinnovare ora, senza paura, ciò che occorre per promuovere la fraternità e la pace dell’intero pianeta. Beati gli operatori di pace”.

Nei discorsi degli ambasciatori si ripetevano le parole “fratellanza” e “tolleranza”, anche se nel ribadire il rispetto dei diritti umani, erano i rappresentanti di Francia, Svizzera, Malta, Albania, Ecuador, UK e Stati Uniti, che con insistenza facevano riferimenti all’inviolabilità della libertà di espressione. Inoltre, solo negli interventi di Francia, Albania e soprattutto degli Stati Uniti, abbiamo ascoltato espliciti appelli alla protezione dei diritti della comunità LGBTQI+.

Una risoluzione storica la UNSC-2686? Sicuramente scritta, poi corretta e riscritta quattro volte affinché tutti i paesi che l’hanno approvata, compresi Cina e Russia, possano continuare a interpretarla a loro immagine e somiglianza.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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