Il 26 aprile di un anno fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottava la risoluzione 76/262, sul “Mandato permanente per un dibattito dell’Assemblea generale in caso di veto al Consiglio di sicurezza”, risoluzione ormai conosciuta come “iniziativa di veto”. L’ impegno era che ogni volta che viene posto un veto nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, l’Assemblea generale si dovrà riunire entro 10 giorni per “tenere un dibattito sulla situazione su quale il veto è stato lanciato”.
L’iniziativa nasceva dalla crescente frustrazione per quei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza che hanno utilizzato costantemente il veto anche per bloccare azioni volte a fermare crimini atroci e affrontare le loro conseguenze umanitarie.
Quando la risoluzione dell’Assemblea Generale è stata votata, i rappresentanti di paesi che hanno parlato a sostegno della risoluzione 76/262 hanno affermato di sperare che avrebbe raggiunto due obiettivi: che l’iniziativa rendesse il Consiglio di sicurezza più responsabile nei confronti dell’Assemblea generale e che inoltre l’iniziativa avrebbe spinto la stessa Assemblea generale a impegnarsi più energicamente in questioni di pace e sicurezza internazionali quando il Consiglio di sicurezza non è in grado di farlo a causa dei veti.

La scorsa settimana, proprio nel giorno dell’anniversario di questa storica risoluzione, i 193 Stati membri dell’ONU si sono incontrati per discutere come questa “veto iniziative” potrà aiutare le Nazioni Unite ad avere più impatto nel prevenire o spegnere le crisi di sicurezza nel mondo.
Il diritto di veto è sancito nella Carta delle Nazioni Unite (a goderne sono i cinque membri permanenti del UNSC: Usa, Russia, Cina, Francia e UK), che come documento fondante dell’Organizzazione, rispecchia anche il ruolo chiave nella creazione delle Nazioni Unite ai vincitori della Seconda Guerra Mondiale. Tutti e cinque membri permanenti hanno esercitato il diritto di veto dal 1945 (con Urss (ora Russia) e gli USA a far a gara negli anni come maggior usufritori del veto, con ben 44 veti solo dal 2000).
Il presidente dell’Assemblea generale Csaba Kőrösi, ha affermato mercoledì che “la questione dell’uso del veto riguarda l’intera ONU. E le decisioni prese in queste sale – o la mancanza di decisioni – si riverberano in tutto il mondo”, aggiungendo che “i veti dovrebbero sempre rimanere l’ultima risorsa”. Nell’inagurare il dibattito ad un anno dal passaggio della storica risoluzione, Korosi ha detto che serve a “capire i modi migliori per sfruttare questo nuovo strumento nella nostra grande cassetta degli attrezzi delle Nazioni Unite”. Quindi il presidente dell’Assemblea Generale ha esortato gli ambasciatori a “fare domande difficili” e “cercare soluzioni rivoluzionarie”, sottolineando che “non esiste una risposta sbagliata, solo nuove idee”.
Veto initiative, in my view, is like an oxygen mask in an airplane: good to have, but best never to be used.
The decisions taken in these halls – or the lack of decisions – reverberate world-wide.
I encourage Member States to use today’s debate creatively and constructively. pic.twitter.com/Ioec7jZNzT
— UN GA President (@UN_PGA) April 26, 2023
Kőrösi, auspicando che i cinque membri del Consiglio di Sicurezza possano in futuro andare oltre i loro interessi immediati per agire in modo responsabile per il bene della pace in tutto il mondo, ha detto che non si dovrebbe ripiegare facilmente sulla risoluzione del veto, “perché, a mio avviso, è come una maschera per l’ossigeno su un aeroplano: buona da avere, ma meglio non usarla mai”. “Questa è un’opportunità per tracciare nuove strade per il multilateralismo e la cooperazione. Un’opportunità per ricostruire la fiducia sia all’interno della nostra istituzione che in essa. Un’opportunità per fare meglio per gli otto miliardi che contano su di noi”.
E’ interessante notare che non tutti i paesi erano favorevoli a questa risoluzione che da l’opportunità all’UNGA di riprendersi un ruolo centrale “interrogando” uno dei paesi membri permanenti che deve “chiarire” il suo uso del veto.
Le ragioni sono diverse. Per l’India, la risoluzione 76/262, risultava essere più o meno un “palliativo” che non risolverà il problema di fondo da affrontare subito: la riforma del Consiglio di Sicurezza (l’India infatti non solo aspira ad un seggio permanente ma anche all’eliminazione del diritto di veto). Nel dibattito della scorsa settimana, il rappresentante del paese che proprio in questi giorni prende il posto della Cina come il più popoloso del pianeta, ha sottolineato che l’esercizio del veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è guidato da considerazioni politiche e non da obblighi morali, affermando quello che tutti pensano ma pochi dicono: il fatto che solo cinque membri permanenti hanno il privilegio di usare il veto va contro il concetto stesso di uguaglianza sovrana degli Stati. Quindi rivolgendosi all’Assemblea generale sull'”uso del veto”, Pratik Mathur, della missione permanente dell’India presso le Nazioni Unite, ha affermato che “l’esercizio del veto è guidato da considerazioni politiche, non da obblighi morali. Finché esiste, lo Stato membro o gli Stati membri, che possono esercitare il veto, lo faranno, indipendentemente dalla pressione morale, come abbiamo visto nel recente passato”.

Importante sottolineare anche chi, tra i membri permanenti, non ha “sponsorizzato”, come fecero USA e UK un anno fa, la risoluzione 76/262, ma per motivi opposti da quelli sostenuti della Russia (semplificando: l’UNGA non si impicci di quello che non le riguarda) o dalla Cina (l’UNGA non può essere il ‘giudice’ del UNSC). Ci riferiamo alla Francia, che era la fautrice di un’altra iniziativa partita già da anni contro “l’uso indiscriminato del potere di veto” e che Parigi stava portando avanti nell’Assemblea Generale. Ora i francesi vedono l’iniziativa sponsorizzata da USA e UK come una “distrazione” da quella loro ritenuta ben più efficace e che, co-sponsorizzata insieme al Messico, aveva già il sostegno di oltre 100 paesi.
Così nel suo intervento di mercoledì scorso, la Francia ha battuto ancora il “ferro caldo” sulla sua iniziativa. Diarra Dime-Labille, consulente legale della missione di Francia all’ONU, ha detto che “il veto non è un privilegio. Non può essere utilizzato per impedire al Consiglio di sicurezza di adempiere al suo mandato per la pace e la sicurezza internazionale”. Per la Francia, quindi “il veto comporta doveri e una responsabilità speciale per i membri permanenti” e con questo spirito di responsabilità, la rappresentante della Francia ha ricordato che Parigi ha usato il veto solo 18 volte dal 1945 (usandolo l’ultima volta più di 30 anni fa). Quindi riprendendo l’iniziata partita proprio dal podio dell’Assemblea Generale, ricordando la necessità di controllare l’uso del veto nei casi di atrocità di massa, ha detto: “La Francia ha proposto, già nel 2013, che i cinque membri permanenti del Consiglio sospendano volontariamente e collettivamente l’uso del veto in caso di atrocità di massa. Questo approccio volontario non richiede una revisione della Carta ma un impegno politico da parte dei membri permanenti. La Francia applica questa linea guida dal 2015. Ad oggi, 106 paesi sostengono questa iniziativa che portiamo avanti insieme al Messico. Chiediamo a tutti gli Stati membri che ancora non lo sostengono di farlo, in particolare gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza”.

Traduzione: conta poco venire a giustificare il proprio veto qui all’UNGA, bisogna prendere impegni precisi a non usarlo! La Francia per questo, ha detto nel suo intervento all’UNGA, “è pronta a riprendere un ampio confronto, sia con i membri permanenti sia con tutti gli Stati membri dell’ONU, per definire le modalità concrete che aiuterebbero a individuare situazioni di atrocità di massa e che farebbero scattare la sospensione dell’uso del veto”. Infine, la Francia ha confermato l’interesse a rafforzare il sistema di sicurezza collettiva, e quindi “riformare più ampiamente il Consiglio di sicurezza. La Francia sostiene la sua espansione in entrambe le categorie di membri e desidera che i negoziati si svolgano sulla base di un testo”.
Quando ha parlato il rappresentate degli Stati Uniti, Mark Simonoff, anche lui Legal Advisor della missione USA all’ONU, ecco ribadito il sostegno alla riforma del Consiglio di sicurezza “che deve riflettere meglio le Nazioni Unite oggi, in particolare includendo prospettive geograficamente diverse… fondamentale per la continua rilevanza e credibilità del Consiglio”. Poi però gli USA, a differenza della Francia o dell’India, hanno difeso l’efficacia della risoluzione “iniziativa di veto” affermando di credere “che il mandato permanente di convocare un dibattito dell’Assemblea generale ogni volta che viene posto un veto sia un passo significativo verso la responsabilità, la trasparenza e la responsabilità di tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza che ne esercitano il potere”.
“Sebbene siamo rimasti molto delusi per i veti espressi lo scorso anno, accogliamo con favore il fatto che il Consiglio di sicurezza abbia preparato un rapporto speciale ogni volta che è stato posto un veto e che l’Assemblea generale si sia riunita per discutere di questi veti” ha continuato il rappresentante degli USA, ricordando come l’indignazione per il veto della Russia su due risoluzioni del Consiglio di sicurezza lo scorso anno in risposta alle azioni illegali della Russia in Ucraina. Le risoluzione di condanna poi espresse dall’Assemblea Generale per l’invasione Russia, hanno un peso importante per gli USA: “Attraverso queste risoluzioni, l’Assemblea ha riaffermato la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina e ha chiesto alla Federazione Russa di ritirare immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue forze dall’Ucraina”. Il rappresentante americano quindi ha concluso: “Gli Stati Uniti prendono sul serio il loro privilegio di potere di veto; è una responsabilità sobria e solenne che deve essere rispettata da quei Membri Permanenti ai quali è stata affidata. Gli Stati Uniti ribadiscono che ci asterremo dall’uso del veto se non in situazioni rare e straordinari”.
L’Italia, sulla discussione su quale sia il modo più efficace per “contenere” gli effetti devastanti di un veto al Consiglio di SIcurezza, ha mostrato una posizione che ad una prima lettura potrebbe apparire adagiata su quella degli USA, ma che analizzandola con maggiore attenzione fa intravedere equidistanza tra le varie posizioni espresse. A parlare mercoledì per l’Italia, c’era l’ambasciatore Maurizio Massari che ha ribadito quanto “questa discussione è particolarmente opportuna visti i continui attacchi contro il sistema multilaterale delle Nazioni Unite, attraverso azioni militari, unilateralismo, manipolazione e diffusione della disinformazione, anche qui a New York in queste stesse aule”. Per l’Italia, “il potere di veto nel Consiglio di sicurezza è parte del problema, in quanto spesso viene abusato per coprire gravi violazioni della Carta delle Nazioni Unite”.
A cosponsor of Res. 76/262 bolstering the UN system by convening the GA when #veto is cast, 🇮🇹 supports effective, democratic & inclusive multilateralism. Vetos contradict the🇺🇳Charter principle of sovereign equality & prevent #UNSC from delivering on int’l peace & security. pic.twitter.com/IpRCL5vrYs
— Italy UN New York (@ItalyUN_NY) April 26, 2023
Ricordando che l’Italia è stata tra i co-sponsor della 76/262, l’ambasciatore italiano – a differenza quindi dell’India o anche della Francia – ritiene che il nuovo meccanismo istituito dalla Risoluzione “contribuisca a rafforzare il sistema delle Nazioni Unite e sia un buon esempio di multilateralismo efficace: convocando automaticamente questa Assemblea ogni volta che viene posto un veto, aumenta la trasparenza e la responsabilità”. Ma ecco che Massari si avvicina alle posizioni dell’India, quando sottolinea quanto “il potere di veto è anacronistico. Pur comprensibile nello specifico contesto storico del 1945, oggi contraddice palesemente uno dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite: il principio della sovrana uguaglianza degli Stati, che deve essere alla base di ogni futura riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”.
Per l’Italia in troppe occasioni il veto ha impedito al Consiglio di sicurezza di adempiere “alle sue responsabilità vitali rispetto a situazioni che mettevano in pericolo la pace e la sicurezza internazionale, in cui le Nazioni Unite avrebbero potuto fare davvero la differenza sul campo”. Quindi ecco che l’Italia – come l’India – si aspetta “che il P5 (5 permanenti) rinunci a questo privilegio previsto dalla Carta – e la loro posizione al riguardo è pienamente garantita dalla procedura di emendamento ai sensi dell’articolo 108, chiediamo e ci aspettiamo che agiscano in modo responsabile e forniscano una spiegazione esauriente all’intera membri rappresentati nell’Assemblea Generale quando esprimono un veto”. Cioè l’Italia, nel lungo periodo auspica il totale abbandono del potere di veto, ma in mancanza ancora di una “rinuncia” da parte dei P5 – chissà se mai avverrà… – almeno considera l’“umiliazione” dell’obbligo di “giustificarsi” davanti all’UNGA, un passo avanti per rafforzare un ruolo multilaterale più efficace delle Nazioni Unite in difesa della pace.