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Al Consiglio di Sicurezza, il Kosovo attacca Caroline Ziadeh, capo dell’UNMIK

La ministra degli Esteri kosovara Gervalla accusa l'ONU di celare la presenza della Wagner tra i serbi. Per il ministro degli Esteri serbo Dacic "fase decisiva"

Simone d'AltavillabySimone d'Altavilla
Al Consiglio di Sicurezza, il Kosovo attacca Caroline Ziadeh, capo dell’UNMIK

Caroline Ziadeh, Special Representative of the Secretary-General and Head of the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo, briefs the Security Council meeting on the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo. (UN Photo/Manuel Elías)

Time: 4 mins read

I leader del Kosovo a maggioranza albanese e della minoranza serba, sostenuti da Belgrado, devono intraprendere un’azione “coraggiosa” per normalizzare le relazioni, o rischiare una crescente instabilità regionale, ha detto Caroline Ziadeh, capo della missione delle Nazioni Unite (UNMIK) al Consiglio di sicurezza giovedì.

Ma intanto, nella stessa riunione, la ministra degli Esteri del Kosovo Donika Gervalla, ha a sua volta criticato l’attività dell’UNMIK, affermando che il 90% del contenuto del suo ultimo rapporto periodico non risponde al vero. Ma andiamo con ordine.

La rappresentante speciale delle Nazioni Unite, ha detto agli ambasciatori che l’ultimo rapporto del Segretario generale sugli sviluppi in Kosovo, che ha dichiarato l’indipendenza nel 2008 ma non è riconosciuto dalla Serbia (e non è membro delle Nazioni Unite), “comprendeva gravi sfide nonché un importante sforzo collettivo per avvicinare le relazioni Belgrado-Pristina alla stabilità e alla normalizzazione”.

Ziadeh ha riconosciuto le recenti tensioni, “anche nei giorni più recenti”, tra la minoranza serba – dove per i quattro comuni confinanti con la Serbia la capitale è Belgrado, non Pristina – e le autorità kosovare.

A wide view of the Security Council meeting on the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo. (UN Photo / Manuel Elias)

“Senza un maggiore impegno nei confronti del meccanismo di rinnovati negoziati, i fallimenti di fiducia potrebbero peggiorare all’interno del Kosovo, con conseguenze dirette per la stabilità regionale”, ha affermato la signora Ziadeh.

Pristina e Belgrado sono coinvolte in colloqui guidati dall’Unione europea da quasi un decennio e, a febbraio, il primo ministro del Kosovo e il presidente serbo hanno tenuto colloqui a Ohrid, nella Macedonia del Nord, ma fermandosi prima di firmare un accordo storico sostenuto dall’UE.

Ciononostante, è stato raggiunto un accordo su alcuni principi, ha osservato il capo dell’UNMIK, che ora dovrebbe essere “accompagnato da una coraggiosa azione di leadership, da parte delle parti e degli amministratori e sostenitori dei negoziati”.

“Impegni specifici” sono stati presi nonostante la mancanza di un accordo finale, ha affermato, ma “il raggiungimento di progressi effettivi richiede che venga ricostruita la fiducia tra coloro che sono diventati sospettosi delle intenzioni di ciascuna parte”.

Ziadeh detto che la fiducia del pubblico è diminuita negli ultimi mesi, con i serbi etnici che hanno boicottato le elezioni locali lo scorso fine settimana, a seguito del ritiro dei serbi dalle istituzioni del Kosovo lo scorso novembre.

“La rassicurazione è necessaria per sostituire i sentimenti di sfiducia e incertezza provati dai comuni abitanti” a tutto tondo, ha aggiunto, chiedendo che la retorica sia repressa.

Ha affermato che l’UNMIK sta sostenendo il progresso verso la normalizzazione delle relazioni e dello sviluppo economico e l’implementazione di soluzioni laddove possibile.

“Il nostro obiettivo è dare potere alle comunità per prosperare in spazi in cui il pregiudizio etnicamente divisivo e la retorica politica vengono trascesi”, ha detto Ziadeh al Consiglio. Con il “potenziamento dei campioni che costruiscono la fiducia”, la missione sta cercando di segnare un “percorso genuino verso un futuro più sostenibile, pacifico e, in definitiva, prospero”.

Alcuni dei progetti in costruzione della Missione ONU includono il sostegno ai diritti linguistici e all’apprendimento, attraverso la sponsorizzazione di una piattaforma per l’apprendimento delle lingue in albanese e serbo, e il sostegno al Centro risorse per le persone scomparse.

“Stiamo promuovendo – e continueremo a promuovere – l’emancipazione dei giovani e delle donne leader fornendo piattaforme sostanziali per il loro impegno a tutti i livelli del processo decisionale”, ha affermato Ziadeh.

Ivica Dačić, First Deputy Prime Minister and Minister for Foreign Affairs of Serbia, addresses the Security Council meeting on the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo. (UN Photo/Evan Schneider)

Quando il ministro degli Esteri della Serbia Ivica Dacic è intervenuto al Consiglio, ha detto che il dialogo fra Belgrado e Pristina per la soluzione della crisi del Kosovo, è in una fase estremamente complessa e probabilmente decisiva. Dacic ha sottolineato la necessità e l’importanza di rispettare e attuare tutti gli accordi conclusi dalle parti finora. A cominciare dal più significativo, firmato dieci anni fa a Bruxelles da lui stesso in qualità di premier serbo, dall’allora capo del governo kosovaro Hashim Thaci e dall’Alto rappresentante Ue Catherine Ashton. Un accordo il cui punto centrale, insieme alla partecipazione dei serbi all’attività delle istituzioni di Pristina, è rappresentato dalla creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo. Un organismo questo tuttavia che non è mai stato formato e che Pristina continua a respingere ritenendolo incostituzionale. “Noi siamo sicuri che, alla luce di quanto avvenuto finora, il premier kosovaro Albin Kurti non accetterà mai di creare la Comunità poiché il suo obiettivo non è la pace e il successo del dialogo ma l’espulsione di tutti i serbi dal Kosovo”, ha detto Dacic, aggiungendo come la creazione di tale Comunità dei serbi sia “la prima e necessaria condizione per l’attuazione delle recenti intese di Bruxelles (27 febbraio) e Ohrid (18 marzo)”.

Nel suo intervento il ministro degli esteri serbo è tornato a denunciare la politica a suo dire discriminatoria, vessatoria e ostile di Pristina nei confronti della popolazione serba del Kosovo, alla base della decisione dei rappresentanti serbi di lasciare per protesta lo scorso novembre i loro incarichi in tutte le istituzioni del Kosovo.

Donika Gërvalla-Schwarz briefs the Security Council meeting on the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo. (UN Photo/Manuel Elías)

Nel suo intervento, la ministra degli Esteri del Kosovo Donika Gervalla, ha a sua volta accusato la Serbia di “stretta collaborazione con la Russia” e prima ha attaccato anche la missione dell’ONU: “UNMIK è diventato un fattore destabilizzante nella regione, e questo rapporto lo dimostra”, ha detto la ministra, che ha denunciato l’assenza nel documento della presunta presenza in Kosovo della formazione di mercenari russi ‘Wagner’, affermando che “l’alleanza tra Russia e Serbia destabilizza l’intera regione”.

Pristina, ha detto, “è al fianco dell’Ucraina”, mentre la Serbia “appoggia il genocidio di guerra in Ucraina”. Gervalla ha quindi accusato il ministro degli Esteri serbo Ivica Dacic, di essere “responsabile di crimini di guerra, uccisioni di massa e stupri quale mezzo di guerra, e per questo deve comparire davanti a un tribunale per crimini di guerra” – ha detto la ministra kosovara ripetendo le accuse  in tre lingue, inglese, albanese e serbo. A suo dire Dacic e il presidente serbo Aleksandar Vucic sono stati “collaboratori del macellaio dei Balcani Sobodan Milosevic”, responsabile della “guerre serbe”. Ed entrambi, ha aggiunto, auspicano una “Europa ispirata da Mosca”.

La posizione della Russia sul Kosovo è stata ribadita dall’ambasciatore Vassily Nebenzia, secondo il quale Belgrado e Pristina devono raggiungere un accordo sulla base della risoluzione 1244 dell’Onu. “L’accordo dovrà essere nell’interesse di Belgrado e dei serbi, e dovrà avere il sostegno del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”, ha detto Nebenzia mentre detiene anche la presidenza di turno del consiglio, confermando la linea serba. “Pristina con l’appoggio dei Paesi occidentali, continua a cercare di assumere il controllo su territori abitati in maggioranza da serbi”, ha detto l’ambasciatore russo. Sostenendo che le intromissioni occidentali sono dannose alla pace, Nebenzia ha detto che “l’obiettivo principale dell’Occidente è portare l’intera regione dei Balcani nella propria sfera politica e militare”.

Gli altri interventi nel dibattito hanno confermato gli schieramenti: quelli occidentali a sostegno del Kosovo, la Cina dalla parte di Belgrado, tutti però ribadendo la necessità di proseguire il dialogo e rispettare gli accordi già raggiunti.

 

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